L’incisione di Music/Sangam risale al giugno del 1978, ma la sua disponibilità sul mercato è stata sempre affare per pochi eletti. Per la prima volta in digitale grazie ai nastri originali forniti dall’allora produttore Martin Messonnier questo piccolo/grande capolavoro etno jazz vede finalmente la luce per la label francese Heavenly Sweetness. Dopo aver partecipato ad alcune delle più intense session in ambito di jazz libero – su tutte la partecipazione al quartetto storico di Ornette Coleman (con la sezione ritmica di Charlie Haden ed Ed Blackwell) ed i lavori con Albert Ayler (memorabile Spirtis, senza nulla voler togliere ad altri rinomati album) – ed aver licenziato per Blue note dischi fondamentali come Symphnoy For The Improvisers, Complete Commuinon o Where’s Brooklyn, Don Cherry scopre progressivamente le sue origini. In questo si avvicina alle musiche ed agli strumenti esotici della tradizione indiana, brasiliana, africana, indonesiana e cinese. Siamo agli albori di quella che sarebbe poi divenuta l’obsoleta pratica della world music, in una miriade di fraintendimenti e falsi storici.
Ustad Ahmed Latif Kahn un membro del Delhi garana (una dinastia di musicisti indiana) ed abile percussionista, incontra Cherry durante un tour europeo appositamente schedulato da Martin Messonnier, nonostante i due non abbiano mai provato assieme. Nulla di artificioso dunque, i due musicisti s’incontrano sullo stesso terreno, condividendo le rispettive esperienze ed addirittura un buon senso dell’umorismo. Il termine Sangam vuole dire luogo d’incontro in sanscrito.
Don Cherry unitamente alla celebre pocket trumpet suona il gran piano, un organo Hammond b3 e dei timpani cromatici. Latif adeguandosi in parte agli stilemi occidentali, velocizza il suo approccio ed arriva anche a sovraincidere alcune parti di tabla al fine di rendere ancora più ricche ed articolate le intelaiature ritmiche.
E’ un disco fantastico quello che tornerete ad ascoltare. Ricco di sfumature, ritmi dispari e l’idea di mettere faccia a faccia culture diverse. Un disco trascendentale a distanza di 30 anni e più!
Ustad Ahmed Latif Kahn un membro del Delhi garana (una dinastia di musicisti indiana) ed abile percussionista, incontra Cherry durante un tour europeo appositamente schedulato da Martin Messonnier, nonostante i due non abbiano mai provato assieme. Nulla di artificioso dunque, i due musicisti s’incontrano sullo stesso terreno, condividendo le rispettive esperienze ed addirittura un buon senso dell’umorismo. Il termine Sangam vuole dire luogo d’incontro in sanscrito.
Don Cherry unitamente alla celebre pocket trumpet suona il gran piano, un organo Hammond b3 e dei timpani cromatici. Latif adeguandosi in parte agli stilemi occidentali, velocizza il suo approccio ed arriva anche a sovraincidere alcune parti di tabla al fine di rendere ancora più ricche ed articolate le intelaiature ritmiche.
E’ un disco fantastico quello che tornerete ad ascoltare. Ricco di sfumature, ritmi dispari e l’idea di mettere faccia a faccia culture diverse. Un disco trascendentale a distanza di 30 anni e più!
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