26/02/10

Electric President - Violent Blue (Fake Four Inc.)

Dopo i due album - rispettivamente del 2006 e del 2008 - pubblicai per la berlinese Morr Music, una nuova casa discografica è pronta ad investire sul talento cristallino di Ben Cooper ed Alex Kane, sopraffine penne pop che nell'arco di pochi minuti riescono a liofilizzare 20 anni di cultura indie, attraverso una scrittura ed un'interpretazione sempre gentile.

Si parte dal sixties sound dei Beach Boys, per poi costruire un edifico di preziose camere 'agrodolci'. I due - cresciuti a Jacksonville, Florida - hanno ora una nuova etichetta discografica: la Fake Four Inc. di New Haven, Connecticut. The Violent Blue è già uno dei più stuzzicanti lavori di questo 2010, nelle sue partiture sofisticate e nelle sue armonie ariose, aldilà del gusto analogo a gruppi coevi come Postal Service o Death Cab For Cutie, gli Electric President conservano un posto del tutto particolare nel proprio cuore anche per i baronetti di Liverpool come per un grande autore come Andy Partridge degli XTC.

L'insieme è comunque correlato da un'attitudine progressiva e da sospirati lamenti che lasciano intravedere anche l'egemonia stilistica del dopo shoegaze. Canzoni elaborate nella loro semplicità, capaci di toccare le giuste corde, immediatamente.

Jóhann Jóhannsson “And in the endless pause there came the sound of bees” (Type)

Che la cosa non vi sorprenda più di tanto, l’intento originale di Type era proprio quello di realizzare musica che a livello di contenuti potesse sposare le immagini. Musica da film per semplificare. Nel tornare su questo fondante principio, Type inaugura sotto il migliore degli auspici un sodalizio con Johann Johannsson, un musicista che spesso ha legato il suo nome al mondo delle installazioni per non dire a quello più propriamente visivo. Pubblicando nel 2002 per l’inglese Touch un disco ad oggi considerato influente come Englaborn, il nostro ha conosciuto un progressivo sviluppo in termini artistici quanto popolari. Una fama - la sua – che si è arricchita di disco in disco toccando vertici importanti con le due uscite per 4AD. Era solo una questione di tempo prima che Johannsson componesse la sua prima colonna sonora,. And In The Endless Pause ne è il risultato. Nato come accompagnamento al film animato del regista Marc Craste – Varmints – il disco porta in dote le capacità di arrangiatore dell’autore islandese, abile nel sovrapporre lavori orchestrali – dal forte respiro neo-classico – con immaginifiche iniezioni elettroniche. Aldilà del supporto alle immagini, va sottolineato come il disco goda di una vita propria, proponendosi come collezione strumentale dal fascino austero e delicato.
Come in ogni colonna sonora che si rispetti ci sono dei temi ricorrenti, che Johannsson esegue con cura, muovendo tra subdoli arrangiamenti ed i gorgoglii delle sue elettroniche, trasmettendo nell’immediato la forza immaginifica di un suono. Portando a nuovi livelli l’essenza della musica ambient, spesso giostrando i numerosi input che giungono dall’universo classico-contemporaneo, il nostro primeggia nella stessa area circoscritta da grandi innovatori come Erik Satie, Gavin Bryars, Harodl Budd e Brian Eno.

24/02/10

Disco solista per David Bazan


Figlio di un predicatore – circostanza che segnerà in maniera pressochè definitiva la sua crescita non solo artistica - David Bazan verrà introdotto ai piaceri del rock’n’roll non propriamente in giovane età. Nato nel 1976, ha poco meno di 20 anni quando mette in piedi il suo primo – indispensabile – progetto, quei Pedro The Lion che a loro modo avranno il pregio di plasmare gusti e tendenze di numerosi indie-rockers americani e non. Con base a Seattle il gruppo registrerà alcuni capolavori minori, tra i quali vale la pena citare "It's Hard to Find a Friend" del 1998 e "Achilles Heel", canto del cigno del 2004. Portando con sé talune asperità del post-punk - smorzate però da una decisa vena cantautorale - David si proporrà ben presto sulla scia di artisti come J Mascisc e Doug Martsch (Built To Spill), con un intimo suono chitarristico, in cui le liriche cristiane sono centrali. Nel 2006 abbandona definitivamente il monicker per rimettersi in gioco con gli Headphones, gruppo che vira con un certa prepotenza verso l’elettronica, offrendo così spunto a David di presentarsi in altra veste. Con lui ci sono Nick Peterson e Frank Lenz degli Starflyer 59. Ma è anche l’occasione di uscire a viso scoperto, con il proprio nome, per lavorare ad inedito materiale solista. Dopo essersi esibito in Europa con la prestigiosa Undertow Orchestra, un ensemble che comprendeva niente popò di meno che il compianto Vic Chesnutt, Will Johnson e Mark Eitzel, il nostro acquisisce gli strumenti necessari per lanciare una nuova sfida al mondo del rock indipendente. Un altro tour americano – stavolta al fianco di Micah P. Hinson - in supporto all’Ep di debutto Fewer Moving Parts consolida le sue pretese. Pubblicato in America da Barsuk – la stessa label che ha lanciato i Death Cab For Cutie – sul finire del 2009 "Curse Your Branches" è il suo debutto esteso, licenziato ad inizio 2010 anche in Europa da One Four Seven. Un disco costruito su interessanti trame elettro-acustiche e sul timbro deciso di Bazan, che abbandona per una volta i testi a sfondo semi-religioso per affrontare una sorta di crisi interiore e tematiche fondamentalmente più fataliste.

22/02/10

Gasparazzo, un nuovo disco ad Aprile


Sporcando volutamente il loro rock con trovate sempre brillanti e guardando volentieri ad un meticciato sonoro che li porta fuori dalle coordinate pop nazionali, i Gasparazzo compiono un ulteriore salto con "Fonostorie", un disco che impone nuove coordinate stilistiche rappresentando una drastica dipartita dal precedente "Tiro Di Classe". Il penultimo album pubblicato nel 2007 accennava infatti ad inedite combinazioni folk/elettroniche, prontamente abbandonate in quest’occasione a favore di arrangiamenti più essenziali ma non meno speziati. Utilizzando i classici basso, chitarra e batteria i Gasparazzo rivestono la canzone italiana di umori mediterranei, spesso giocando con tempi in levare e traendo ispirazione dal folklore di paesi limitrofi. Migranti per definizione - due abruzzesi e due emiliani – i nostri impongono una visione a tutto tondo mettendo al centro della loro musica l’idea di viaggio spazio-temporale. Canzoni che sono verosimilmente storie, condite da arrangiamenti rigorosamente analogici e supportate dalla grande maestria dei quattro, che non a caso hanno già esportato il loro verbo fuori dai patri confini, esibendosi in Albania, Belgio, Austria, Germania, Svizzera, Costa D'Avorio e addirittura nel Sahara Algerino. Le musiche sono state composte da Generoso Pierascenzi ed i testi da Alessandro Caporossi, mentre arrangiamenti e produzione sono stati curati dal gruppo stesso. Se "Al Vecchio Bar" fonde gli umori dello ska con quelli di un incendiario rock'n roll, "L'Albero Che Non C'è" assume i toni di un politicizzato trattato reggae, in cui è l’Amazzonia al centro di una problematica globale come quella della deforestazione. E’ così un continuo rincorrersi tra energici passi di danza e liriche di denuncia, per un gruppo che dalla strada viene ed alla strada guarda per costruire definitivamente un solenne trampolino di lancio.



"Clinging to a scheme", l'atteso ritorno di The Radio Dept



Questa volta i Radio Dept l'hanno fatta franca, sembra che grazie ad un'intermediazione di carattere diplomatico i loro passaporti siano stati scambiati con quelli di una formazione residente in Inghilterra. Ora non si conoscono nei dettagli i particolari dell'operazione, è certo che chiunque si sia mosso in questo senso lo abbia fatto nel bene e nell'interesse comune. Con un preambolo solo apparentemente fantasioso potremmo introdurre il nuovo episodio della saga di questi nordici dal cuore tenero, che con la sigla The Radio Dept hanno provocato più di uno svenimento ai "maturi teenagers" di mezzo mondo. Aspettavamo un segnale, e questo è puntulamente arrivato. Un album che potesse fregiarsi del termine definitivo, in quella che già appare una discografia cospicua. Fedelemnte legati al marchio della conterranea Labrador - nonsotante la breve parentesi sulla prestigiosa XL - i Radio Dept concepiscono il delitto perfetto: il loro dream pop supera oggi ogni steccato, sembrando sì un prodotto della terra d'Albione, ma mantenendo una freschezza ed una personalità tali da far gridare al miracolo. Persistenza è la chiave di questo complice gioco, almeno tale appariva sul finire di quei confusionari anni 90, quando Elin Almered e Johan Duncanson diedero i natali al gruppo sugli stessi banchi di scuola. Solo un accenno a quella che poi sarebbe divenuta una solida unità intorno al 1998 con il nuovo entrato Martin Larsson e lo stesso Duncanson nelle posizioni privilegiate di fondatori. Quella a cui abbiamo assitito nel corso degli anni è stata per i Radio Dept una costante, ovvero la crescita esponenziale di un suono che si arricchisce anno dopo anno di delicate sfumature. Dalle registrazioni poco più che casalinghe degli esordi ad una perfezione esecutiva e concettuale che in "Clinging To A Scheme" conosce il suo caparbio apice. La genesi di questo nuovo capitolo è stata peraltro complessa, tanto che già nel 2007 si era iniziato ad affrontare l'argomento con discreta insistenza. Poi, spesso, le voci di corridoio crescono a dismisura, tanto da tirare in ballo un parto gemellare, con la benedizione - incoscia? - degli stessi Radio Dept. A questo punto una sorta di blackout, forse le verità nascoste del gruppo hanno preso il sopravvento e per porre una pietra miliare nell'antologia del migliore dream pop occorreva ancora del tempo. Solo nella primavera del 2008 si riaffacciano i 'nuovi' Radio Dept col singolo - supposto - apripista "Freddie and the Trojan Horse" . Nelle sfumature il rinnovamento del gruppo, che da una fase concettualmente lo-fi passa al sincero trattamento di suoni vintage, che riusltino collegati all'estetica di certo minimalismo post-punk come alla ripetitività del krautrock. Un gusto per la registrazione ambientale collima con il senso d'appartenenza sviluppato da questi artisti divisi tra Malmö e Stockholm. Per saggiare le compiute fattezze del nuovo disco bisognerà comunque pazientare oltre un anno e mezzo. Proprio con "Clinging to a scheme" si inaugura il loro 2010, sotto la stella dell'infallibilità. Un lavoro eccezionale che fa tesoro di molteplici insegnamenti, sovrapponendo dimensioni stilistiche ed umorali, prestando fede ad inedite tecniche di registrazione, aumentando il raggio d'azione del gruppo stesso. E a giudicare dai docili arrangiamenti di una proverbiale hit radifonica come Heaven's On Fire (qui il download gratuito) - che sposta in avanti di qualche anno l'orologio biologico del new acoustic movement - capiamo che lo stardom è potenzialmente dietro l'angolo. Ma se di dream pop dobbiamo parlare dobbiamo farlo nella sua più vasta accezione, perchè oltre agli arrangiamenti di fiati che giocano spesso un ruolo determinante, ci sono anche gli svolazzi elettronici che donano una suggestiva patina psichedelica al lavoro. E poi vere e proprie riscritture del verbo shoegaze - o se volete del dark pop di Jesus & Mary Chain - come "Four Months In The Shade" aprono nuovi spunti per la conversazione. La giostra infinita del pop ha dei nuovi protagonisti nei Radio Dept, difficile resistergli.

19/02/10

Noisia - Machine Gun (Vision/Division)



Sarà l’anno dei Noisia, più di una circostanza lascia ben sperare per l’avvento su scala planetaria di questi produttori olandesi. Il nucleo costituito da Nik Roos, Thijs de Vlieger e Martijn van Sonderen è già un’isituzione nei circuiti dance più off, proprio per l’immensa capacità di ridurre in politiglia il ritmo. La loro arte è proprio quella di rimestare nei singoli approcci, fossero drum’n’bass, breakcore ed hip hop. Con alle spalle pubblicazioni quali ‘The Tide’, ‘Exodus’ (con la presenza dell’impareggiabile leader dei Boogie Down Productions KRS-One) e ‘Stigma’ – rigorosi extended play che ben si sposano alle dinamiche della dj culture – i Noisia si sono già conquistati un seguito di fedelissimi. Tanto da programmare con il debutto sulla lunga distanza - Split The Atom – un’invasione su più vasta scala all’insegna di un crossover stilistico che non trascura mai il risultato sul dancefloor.
Hanno prodotto un manifesto dance rock come For The Masses di Hadouken, hanno lavorato in team con Foreign Beggars per il brano Contact finito per essere colonna sonora di videogiochi gettonati quali DJ Hero e Gran Turismo.
Già con il singolo apripista Machine Gun è chiaro che il sound di Noisia rappresenta un avanzamento non solo per la cultura del drum’n’bass, ma un adeguamento totale ai nuovi parametri ritmici contemporanei. Lo stesso Amon Tobin ha remixato il pezzo in una versione al cardiopalma. Per non parlare poi del video che lo accompagna, una vera e propria chicca per ogni architetto di cyber grafica. Enjoy!


“Best producers dance music has on offer… Marvel in it.” Zane Lowe

“If Van Gogh had heard this, he'd have cut off his other ear out of fear.” Pendulum

“Noisia come with the precision tuned aural assault, one of the greatest production outfits of our time.” Andy C

“Dutch masters Noisia show their production expertise with a hard hitting smash. Watch out for Noisia in 2010.” Chase&Status

Jaguar Love - Hologram Jams (Fat Possum)


Gabriel Garcia Marquez with a synthesizer. Sulla pagina del loro My Space è questo l’urlo di battaglia – o lo spunto promozionale se preferite – di Jaguar Love, che dopo aver scosso le coscienze di migliaia di kids americani con il debutto per Matador, bissano per Fat Possum col nuovo disco Hologram Jams. Chi è familiare con i suoni della band non rimarrà certo deluso di fronte a questo ennesimo – strategico – attacco synth wave.
Salutato il talentuoso J Clark, Cody Votolato (sì, proprio lui, l’ex-Blood Brothers) e Johnny Whitney decidono che è meglio proseguire nelle vesti di duo. Anche se – chiariamolo subito – dal vivo saranno accompagnati da un batterista in carne ed ossa.
Dietro a questo drastico passo il desiderio di ampliare gli orizzonti della band, pur definendo una regola: l’integrazione tra gli elementi della dj culture come della stessa dance music con il rock indipendente. Proprio in questo momento si materializza l’offerta da parte del management per aprire due date dei Nine Inch Nails. Lo stress è enorme, ma è anche l’occasione di rodare il nuovo assetto, scelta che si rivelerà assai felice, considerando che la nuova unità produce qualcosa come 9 pezzi in una manciata di settimane.
Aldilà delle storie orribili che si sentono sul conto di Trent Reznor e compagnia le due apparizioni si risolvono per il meglio, con un insperato successo di pubblico. Ma è tempo di muoversi, la nuova vena creativa non può essere arginata e ci vuole nuovo supporto da qualcuno che creda incondizionatamente nel progetto. Matador si chiama fuori, pensando ad un ridimensionamento della band. I Jaguar Love vengono così approcciati da Fat Possum all’indomani di una folle esibizione alla celebre kermesse dell’Arizona SXSW. Come dire, la madre di tutte le festività indie…
I nuovi brani sono esplosivi, ve ne renderete conto immediatamente. Si spinge sull’acceleratore e la vena synth punk del gruppo spicca imperiosa. A briglia sciolta verso il futuro dunque. Ed oltre alle nuove scoppiettanti proposte anche una rilettura coi fiocchi di quella Take Another Piece of My Heart già portata al successo da Janis Joplin. Un amalgama - suscettibile a variazioni - di Daft Punk, New Order e Black Flag.. Così parlano del nuovo album i diretti interessati. Se avete ancora qualche dubbio sulla bontà del progetto non dovrete far altro che immergervi in questa scanzonata epopea della più rovinosa wave!

Okapi and Aldo kapi's Orchestra - Love Him (Illegal Art)


Filippo Paolini in arte Okapi è uno dei più grandi prestigiatori nell’arte sublime del cut up sonoro. Conosce a menadito decine e decine di tecniche per il mixaggio ed oltre ad avere un naturale portamento per la produzione sopra le righe, si distingue come tra i più atipici - e funambolici - dj in circolazione. Ispirandosi all’opera del fantomatico compositore Aldo Kapi, il nostro mette insieme un tributo che più delle rime fa tesoro delle innumerevoli fonti sonore cui attinge, in un continuo gioco di specchi e rifrazioni. Attraversando le stanze della musica contemporanea come i paradisiaci scenari dell’easy listening, Love Him viene fuori come un sussidiario di scelte surreali ed avanguardiste, in cui piccole orchestrine in riva al mare vengono spazzate via dal vento di qualche brutista del white noise. L’avremmo chiamato break beat fosse stata una musica rigorosamente attenta al ritmo ed alle etichette di comodo, l’avremmo battezzata plunderphonia se gli unici depositari del sapere fossero stati Negativeland e Bob Ostertag, l’avremmo chiamato hip-hop fossimo rimasti ad ammirare le superbe doti dell’ennesimo turntablist.
In realtà ci sono diversi elementi complenatari in questo disco: una costruzione che più che ragionata sembra il frutto di un’alchimista, non solo un mago della consolle, ma anche uno di quei crate digger dalla discografia invidiabile…
C’è un grande senso dell’azione nella musica di Okapi, con vere e proprie porzioni cinematiche. Un senso della misura nell’eccesso, questo il paradosso da cui scaturiscono le magie di Love Him, un lavoro che finisce con lo stupire, grazie alla sua puntualità nel rincorrere mille e più oggetti del desiderio (musicale). Una forma che tradotta diventa poi composita, stupendo per il lavoro di edting finale. Dopo numerose apparizioni al fianco di nomi tutelari della scena avant mondiale - Mike Cooper, Peter Brotzmann, Mike Patton, Matt Gustafson, Zu, Damo Suzuki, Andy EX e Metamkine – Okapi riparte autonomamente per un viaggio che sa di folklore spaziale

Holly Golightly & The Brokeoffs - Medicine County (Damaged Goods)

Holly e Lawyer Dave tornano con il loro terzo album con la sigla Holly Golightly & The Brokeoffs.

‘Medicine County’ è stato scritto e registrato presso una fattoria giusto a due passi da Athens, Georgia e nelle stesse parole di Holly è un disco molto più speziato e vivace, tanto da contenere un’unica traccia dal passo più lento. Il senso di questa rinnovata attitudine è da ricercarsi nelle session che hanno portato al concepimento del disco: rapide, essenziali e culminate in pochi dediti giorni di registrazione. Contrariamente a quello che era avvenuto con il disco precedente, concepito durante il corso di un lungo tour europeo e culminato in un paio di settimane di ‘residenza’ spagnola.

Cosa dobbiamo dunque aspettarci dai nuovi Brokeoffs? Sicuramente una rivisitazione dei luoghi più polverosi dell’America di strada, la prima metà dello scorso secolo, messa a nudo, con le sue storie ed i suoi motivi musicali. Fantasmagorici blues, chitarre slide ed una spolverata di country vecchio stile. Weird old America la chiamano gli studiosi, good old music aggiungiamo noi.

Divenuta personaggio di primissimo piano negli ambienti roots – grazie anche alla partecipazione alla colonna sonora del Broken Flowers di Jim Jarmusch – Holly si è inserita idealmente nel solco di vecchi cowboys e cowgirls (ricordate Nancy Sinatra e Lee Hazlewood in Some Velvet Morning?), con rispetto filologico per progenitori quali The Band, Son House o Hank Williams.

Per i più curiosi possiamo dire che la mamma di Holly ha dipinto con le sue stesse mani la copertina del disco, alimentando quell’aria tutta casalinga che sorregge il lavoro.

12 canzoni nuove di pacca con una cover di Murder In My Mind’ del proto-punkster Wreckless Eric ed un’apparizione a sorpresa di Tom Heinl sul brano Blood On The Saddle, ci sono tutti gli elementi per poter brindare ad una nuova felice tappa della rivisitazione dell’american roots.

Joshia Wolf - Jetlag (Anticon)

Inizia con un morbido tappeto di vibrafono il debutto solista di Josiah Wolf, che di un ipotetico Jetlag non sembra proprio risentire (nonostante l’attività live faccia in qualche misura parte della sua quotidianità). The Trailer And The Truck che apre per l’appunto l’esordio su Anticon rimanda alle rifrazioni minimaliste di un maestro come Steve Reich e – di ripiego –ai Tortoise dei primi due album, che facevano dialogare lo strumento in una futurista impostazione post-rock. L’attività principe di Josiah Wolf è quella di batterista per Why?, svincolato a tempo determinato da quel progetto il nostro ci invia un bel telegramma, sottolineando che oltre al musicista da studio eccelle nel ruolo di scrittore ed arrangiatore. Perché Jetlag è tutta farina del suo sacco. E che numeri…Certo non si lascia mancare nulla, dalle chitarra alla kalimba, dai cosiddetti campanacci che servono da abbellimento ritmico all’organo Hammond, oltre ad una sezione ritmica con basso e batteria a segnare i contorni dell’opera. One man band che si prodiga nell’universo del pop d’avanguardia, con risultati spesso sorprendenti, perché aldilà delle sensazioni forti verso la new music (ed in generale i compositori newyorkesi dei tari ’70) Mr.Wolf si impone per una vena pop diremmo d’avanguardia. Perché i sixties revisionati di Jetlag lasciano più che altro pensare al Van Dyke Parks in cabina di regia con Joanna Newsom, al collettivo Elephant 6 od al Jim O’ Rourke di Eureka. Ma anche al Dennis Wilson di Pacific Ocean Blue. Una bella sorpresa insomma, un musicista che non si accontenta e pur facendo tutto da sé eccelle in un campo visibilmente inflazionato. Applausi.

18/02/10

Ikonika nuova eroina del dubstep



Con il debutto sulla lunga distanza per Hyperdub "Contact, Want, Love, Have " Ikonika lancia il suo nuovo status di eroina del circuito dubstep, dopo aver collezionato una manciata di dodici pollici per lo stesso marchio inglese ed aver impressionato un manipolo di influenti producers e dj. Sara Abdel-Hamid in arte Ikonika aveva già lasciato intendere come la sua visione del ritmo non fosse per nulla calligrafica, unendo ai classici ritmi sincopati ed in levare del dubstep, toni ancor più sintetici, che sfiorano addirittura la pop wave tendente al versante elettronico. E' così più colorato il suo linguaggio, tanto che la nostra vanta frequentazioni nel circuito rock più underground, avendo addirittura militato nel ruolo di batterista in una formazione di stampo post-hardcore. Dopo che hip hop ed r'n'b hanno preso il sopravvento su di lei, è radicalmente cambiato anche il suo gusto melodico comunque attento anche agli scossoni provenienti dal basso della club culture. Uno stile che a ragione si può definire retro-futurista – il suo - con inserti di funk digitale, garage UK e colonne sonore da videogioco. I risultati di questo felice re-styling portano ad un suono graffiante, contemporaneo, assolutamente coerente con il sentire del dopo-rave. Mai ovvia e fondamentalmente coraggiosa nelle sue scelte Ikonika oltre a forgiarsi di un attitudine al ritmo quanto meno iperattiva, non perde mai di vista i particolari, pur movendosi su velocità a tratti frenetiche i suoi arrangiamenti sono frutto di studi circostanziali. Tutto quello che appare sintetico è in realtà frutto di un approccio quasi analogico. Sarà un sollievo perdersi tra il g-funk di Sahara Michael come nella soca in versione elettronica di Look passando per le decise stoccate sintetiche di Yoshimitsu, Fish ed Heston. Impiegherete davvero poco ad entrare in sintonia con quello che si preannuncia uno dei lavori chiave di questo 2010, nel campo delle musiche ritmiche e del settore produttori elettronici emergenti.

"Contact, Want, Love, Have" esce in Italia il 6 Aprile

"bringing forward 8-bit machinations, overdriven synth arrangements and heavy heavy bass pads" BOOMKAT

"If Bjork made dubstep instrumentals, this is what might come out" DJ MAG

"Her first release, 'Please', combined addictive post-Dilla off-beats with four-to-the-floor breakdowns and was an instant success" FACT MAGAZINE

"Ikonika melds the genre's juddering bass with Aphex Twin-style melodic mischief" THE GUARDIAN

"London's diverse dubstep producer" MIXMAG

"Another extraordinary Hyperdub artist is Ikonika" NME

"Space drones, pop synth and hardcore energy converge in Sara Abdel-Hamid's boundary-tripping dubstep" PLAN B MAGAZINE

"Real compositional sophistication" THE WIRE

17/02/10

Robyn Hitchcock & The Venus 3


Definirlo come uno degli autori più importanti del rock inglese degli ultimi 30 anni non è cosa da poco: Robyn Hitchcock porta con disinvoltura i suoi anni ed anzi mostra di avere l'allungo di un ventenne. Mai assurto al ruolo di rockstar, piuttosto riservato ed intento a far parlare la sua musica in primis, l'ex-leader dei Soft Boys torna a stupirci per l'ennesima volta. Il nuovo progetto licenziato da Sartorial è nella realtà dei fatti un'avventura stimolante, per non dire ambiziosa. Le canzoni prima di ogni altra cosa, forse le più belle composte da Robyn da un decennnio abbondante a questa parte. Un pop bagnato nel solenne credo psichedelico, un onirico viaggio cantautorale che spende le migliori carte dell'artista, questa volta accompagnato da appropriati fuoriclasse. Sostenuto negli anni anche da fan speciali come il regista Jonathan Demme, che lo ha filmato nel 1998 in una performance casalinga newyorkese a 14th Street, Hitchcock è oltremodo rispettato non solo negli ambiti prettamente musicali. "Propellor Time" è il titolo di questa sua ultima fatica, frutto di registrazioni effettuate nella città natale di Londra allo studio Tropic of Hounslow, a partire addirittura dall'estate del 2006. I Venus 3 - la sua backing band ufficiale per le ultime pubblicazioni - sono costituiti da Scott McCaughey (Young Fresh Fellows) al basso e Bill Rieflin (Ministry e Revolting Cocks) alla batteria. Unitamente alla loro si segnala la collaborazione estemporanea con il chitarrista dei R.E.M. Peter Buck (acustica a 6 e 12 corde) John Paul Jones (Led Zeppelin/Them Crooked Vultures) e Johnny Marr (The Smiths/Modest Mouse), co-autori anche del brano "Ordinary Millionaire" con il vecchio compagno d'avventura Nick Lowe. Abbeverandosi alla stessa fonte che fu dei quattro baronetti di Liverpool come a quella del compianto Syd Barrett, Robyn ci regala un altro sunto dell'arte del comporre: un menestrello pop che mai finirà di stupirci.

15/02/10

Esce il 10 Maggio il nuovo lavoro di UNKLE

E’ uno dei più chiacchierati ritorni di questo 2010, e quando in maggio vedrà la luce “Where Did The Night Fall” sarà a tutti chiaro che gli Unkle sono tornati per lasciare un segno importante sul futuro della musica alternativa.

Registrato a cavallo tra il 2008 ed il 2010 in diverse esotiche location come Los Angeles, Brighton, Henley, Emeryville (California), Baltimore, Austin, Melbourne, Ibiza e nello studio personale di James Lavelle a Londra, Where Did The Night Fall rappresenta un’ulteriore dipartita stilistica per le menti compositive dietro al progetto UNKLE. Supportato dal fido Pablo Clements, James disegna un universo sonoro assai accattivante per questa ulteriore sarabanda musicale.

Utilizzando i caratteristici ‘temi’ elettronici più propriamente come colorate basi od avamposti strumentali, gli UNKLE si lasciano tentare dal suono percussivo delle migliori jazz band americane, come dal rutilante ritmo dell’afro beat. L’altra componente essenziale - e straripante – è quella psichedelica, tanto che la scelta dei nomi è questa volta suggestiva. Da San Francisco i giovani freak rockers Sleepy Sun e dal Texas gli altrettanto versatili campioni dell’acid rock moderno Black Angels. Due nomi che convergono nella stessa direzione, aprendo per gli UNKLE le rinomate porte della percezione.

L’altra figura certamente di spicco è quella di un veterano come Mark Lanegan , ormai avvezzo alle collaborazioni estemporanee dopo la fine dei suoi Screaming Trees. Katrina Ford del punk trio vaudeville Celebration (sotto contratto con 4AD e vicina ai TV On The Radio), Elle J (Dark Horses), Joel Cadbury (South), Gavin Clark (Clayhill), i Big In Japan ed i losangelini Autolux al gran completo completano il rispettabilissimo roster degli ospiti.

Where Did The Night Fall sarà disponibile in tre versioni: il classico cd in jewelcase, una limitata edizione dello stesso contenuta in un lussuoso box set ed ovviamente un vinile per audiofili. Nel dettaglio l’edizione speciale comprenderà un libro con bordo rigido, stampato su carta lucida, contenente tutto il materiale illustrato dell'album, unitamente ad un libretto supplementare con i testi scritti a mano, ed un raccoglitore apribile destinato ad accorpare due dischi: l’album ufficiale e le versioni strumentali dei brani principali.

Con un artwork al solito spaziale – le foto sono state commissionate a due talenti come Warren Du Preez e Nick Thornton Jones – curato da Ben Drury (art director della mitica Mo'Wax) gli UNKLE lasciano intendere che le loro produzioni abbracciano il mondo dell’arte contemporanea in toto, senza trascurare il minimo particolare.

E' possibile ascoltare una preview del singolo "Natural Selection" registrato insieme ai Black Angels sul sito di Spin.

Di seguito la scaletta ufficiale dell’album:
Nowhere
Follow Me Down feat. Sleepy Sun
Natural Selection feat. The Black Angels
Joy Factory feat. Autolux
The Answer feat. Big In Japan (Baltimore)
On A Wire feat. ELLE J.
Falling Stars feat. Gavin Clark.
Heavy Drug
Caged Bird feat. Katrina Ford
Ablivion
The Runaway feat. ELLE J.
Ever Rest feat. Joel Cadbury
The Healing feat Gavin Clark
Another Night Out feat. Mark Lanegan.

12/02/10

Sharon Jones torna con un nuovo album, nei negozi ad Aprile


La regina del nuovo soul torna più baldanzosa che mai: è la voce di una veterana che ha battuto anche i più reconditi angoli della musica nera, partendo da una rivisitazione moderna del gospel e attraversando disco e rinascimento soul-jazz. Confermato il sodalizio con Daptone e la formidabile crew the Dap-Kings, Sharon Jones licenzia il successore del già fortunato "100 Days, 100 Nights", ponendo in prima linea – sin dal titolo – stralci di vita vissuta, perchè "I Learned The Hard Way" è anche il sunto di un’esistenza, spesa nei circoli anche più conservatori della musica pop, proponendo con insistenza oltre alle proprie credenziali, quell’incofutabile vena stilistica che affonda logicamente nel più atavico blues. E l’industria discografica – almeno quella indipendente – sembra ora piegarsi alla volontà della nostra, un’ugola d’oro che rispetto a tante colleghe bianche slavate non conosce davvero paragoni. Con 150.000 esemplari venduti del penultimo disco, le storie della Jones sono entrate di prepotenza nelle case di numerose famiglie americane e non solo, dai sobborghi di Brooklyn al resto dei mercati occidentali, con una quotidianità da sempre fedelmente impersonate dai grandi calibri della black music. "I Learned The Hard Way" è un trionfo annunciato, che si abbevera alla fonte della più tradizionale musica nera, cospargendo di una patina vintage questa nuova sortita nel mondo della più accorata soul music. Prodotto da Bosco Mann e registrato su un 8 tracce della Ampex da Gabriel Roth presso gli Hoouse Of Soul studios della stessa Daptone, il disco è completamente immerso nel calore e nella spontaneità delle incisioni del tempo che fu. Un drastico avvicinamento nei confronti di quelle memorabili incisioni che risalgono ai giorni d’oro di Muscle Shoals e Stax. I lamenti da consumata vocalist e le sue impennate rhythm’n’blues fanno della Jones una performer straordinaria, la sua capacità di governare il ritmo e di concedere strappi felini ai crescendo melodici la pone sullo stesso piano di immortali interpreti quali Tina Turner, Mavis Staples ed Aretha Franklin. Insomma se c’è da rivisitare un canone soul non potete certo fare a meno dell’ennesima pepita licenziata dal catalogo Daptone. Dalle fanfare informate direttamente dal Philly-Soul di “The Game Gets Old” – uno dei vertici assoluti del disco – allo stile scarno quasi in odor di Sam Cooke della fascinosa “Mama Don’t Like My Man” , uno scorrimento sensuale, in cui emerge anche la disciplina degli arrangiamenti, orchestrati dai soliti Dap-Kings, formazione che ha tra le numerose richieste da studio ha trovato la strada per i vertici assoluti della discografia internazionale, con le strette collaborazioni al fianco di Amy Winehouse e Bob Dylan. Questo è il Daptone Sound, ora e per sempre!

Dopo le prestigiose apparizioni a Coachella, Bonnaroo, Austin City Limits Festival, WOMAD (New Zealand), Lollapalooza, Chicago Blues Festival, North Sea Jazz Festival (Holland), la band è pronta a conquistare altri importanti palcoscenici, in una programmatica invasione all’insegna della più sinuosa musica nera. Aspettatevene delle belle.

Sharon Jones ha tra le altre cose collaborato con: David Byrne, Rufus Wainwright, Denzel Washington (The Great Debaters), Lou Reed, Booker T. & the MGs, Michael Bublé, Phish

The Dap-Kings hanno registrato con: Al Green, NAS, Amy Winehouse, Wale, Mark Ronson, Daniel Merriweather, Robbie Williams, Bebel Gilberto

02/02/10

Solex vs. Cristina Martinez + Jon Spencer


Timidamente seduta dietro al bancone di un negozio di cd usati in quel di Amsterdam, munita di cuffie per audiofili ed intenta a tagliare chissà quali materiali: questa un’immagine piuttosto nitida di Elisabeth Esselink, in arte Solex, un’artista a tutto tondo che ha fatto perdere la testa in tempi non sospetti ai tizi di Matador, proprio nel momento in cui il big beat ed il trip hop erano la cosa più cool in ambito mainstream. Operando in un sottosuolo artistico a sua immagine e somiglianza Solex ha così licenziato dei dischi memorabili, non fosse altro per l’originalità dei loro contenuti e di questo continuo battagliare tra la cultura dell’hip-hop e la canzone d’autore più visionaria. Con il bel tenebroso Jon Spencer i punti di contatto sono molteplici, innanzitutto hanno diviso la stessa etichetta negli States (la Matador per l’appunto) e poi condividono una passione per nulla celata nei confronti della musica nera. Ecco perché "Amsterdam Throwdown, King Street Showdown!" è un bell'esempio di come il ritmo possa salire in cattedra e con sè trascinare dei brani arrembanti che rivedono la tradizione del rock’n’roll in una chiave ipermoderna, sensuale. Assieme a Spencer anche la sempre affascinante consorte Cristina Martinez (che con il compagno divide anche l’avventura coi redivivi Boss Hog). Il disco, registrato in parte nella città dell’Amstel – proprio alle spalle di quel simpatico negozietto di dischi – in parte a New York, è una collaborazione inedita solo sulla carta, tanto prezioso e vibrante il feeling che attraversa ogni singolo brano. Per la cronaca l’incontro cruciale è avvenuto dopo che la stessa Solex ha miscelato i dischi al termine di una performance della Jon Spencer Blues Explosion. Un disco dance moderno, se per musica dance intendiamo appunto il più verace rock’n’roll, le sonorità di casa Stax e la musica che girava a New York nei primi anni ’80 grosso modo da Afrika Bambaata alle ESG. Con la benedizione di buon anima John Peel il triangolo si chiude e Bronzerat è pronta a regalarci un’avventura mozzafiato, creata da gente che di musica buona ne ha davvero masticata in abbondanza.

01/02/10

Il nuovo album dei Brian Jonestwon Massacre




Anton Alfred Newcombe questa volta l’avrebbe combinata grossa… Un’esistenza più morigerata la sua, contrariamente alla musica che invece sembra incamerare una moltitudine di spettri dal passato. Quasi a terminare la stagione psichedelica, uno dei padrini del rinascimento rock lisergico, decide che il sixties sound dei BJM allungato con l’acido deve oggi assumere altre forme. A rischio di attentare la stessa sanità dei suoi sostenitori. Maestro di arti esoteriche nella natia California, proprio all’ombra della Bay Area, Anton è oggi divenuto cittadino apolide, tanto che il suo nuovo album è stato registrato sì nel vecchio continente, ma in un numero quanto meno imprecisato di nazioni. Utilizzando un iconico Cristo in copertina e magari bussando la porta a casa dei baronetti di Liverpool, Anton con uno scatto perentorio si lascia alle spalle i numerosi figliocci – nominalmente Black Rebel Motorcycle Club, Black Angels o Warlocks – filtrando amorevolmente con elettronica ante-litteram, musiche proto-industriali, meccaniche kraute e ricorrenze dance da summer of love. Registrato a più riprese nel corso del 2009 tra l’Islanda e Berlino – giusto in mezzo ad un tour americano - "Who Killed Sgt. Pepper "si avvale anche della collaborazione di Will Carruthers (ex Spacemen 3 e Spiritualized) , Unnur Andrea Einarsdottir (che già ha cantato nel penultimo album di BJM) e Felix della formazione russa Amazing Electronic Talking Cave. Da Francia , Germania ed Islanda arrivano altri collaboratori ed input artistici, per quello che è il disco più multiculturale della band. 13 tracce che a spallate si muovono tra ambient bhangra beats, shoegaze, musica dell’est Europa attraversata comunque da un brivido elettrico e pop subliminale. Who Killed Sgt Pepper? Forse proprio questi massoni che alle chitarre sature preferiscono oggi anche sottili forme di disturbo globale.