17/03/09

Japanther



E' davvero sorprendente ascoltare due lunghe tracce imbevute di spoken poetry ed art-punk nel nuovo album di questi ragazzi terribili di Brooklyn, New York. Due brani che chiariranno gli intenti di questa giovane formazione giunta già al suo sesto album, i Japanther. Addirittura temiamo di possedere il master sbagliato, eppure – scorrendo i crediti – troviamo un personaggio chiave della musica underground degli ultimi 30 anni: Penny Rimbaud dei Crass. Che oltre a recitare una parte da protagonista nell’album ricopre anche il ruolo di produttore esecutivo. "I Thee Indigene" ed "Africa Seems So Far Away" sono i due fiori all’occhiello di questa entusiasmante scorribanda firmata dai Japanther, un gruppo che spesso è stato etichettato come una versione bubblegum pop dei Lightning Bolt od una ripresa tardo-adolescenziale dei Sonic Youth (Thurston Moore va pazzo per loro). I due lunghi poemi musicati ci riportano direttamente ai Crass del capolavoro "10 Notes On A Summer Day", ma altrove è la vena pazza e schizoide del gruppo a manifestarsi, in brani velocissimi e dall’impatto sorprendente, quasi una versione hi-tech dei Ramones. Belli gustarli dal vivo, quando cantano dentro ad un microfono modificato che ha le fattezze di un ricevitore telefonico vecchio stile. E siccome agli indie-rockers più trasversali piace l’hip hop – i Japanther vanno pazzi per le TLC, ma quello è mainstream… - c’è anche il cameo dell’mc Spank Rock, che rende perfetto un numero soul come "Radical Businessman". "Tut Tut Now Shake Ya Butt" – in copertina c’è proprio un brillante Tutankhamun – ci auguriamo sia il disco definitivo per questi punk-rockers che amano bazzicare le gallerie d’arte. Il loro dissestato van è pronto ad accompagnarli in un’altra avvincente serie di concerti in giro per il mondo. Non perdeteli.

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