31/01/10

Babybird


Chi troppo in alto va, cade sovente… Terminatela pure voi la filastrocca. Spesso le meteore in quanto tali si schiantano rovinosamente al suolo ed il gruppo sensazione del momento può in un giro d’orologio perdere cavallo e cavaliere. Se nell’anno di grazia 1996 i Babybird conobbero il successo planetario col singolo "You’re Gorgeous"– estratto dall’altrettanto fortunato album "Ugly Beautiful" – lo stesso non si può dire dei successivi parti discografici, scivolati via in un clima di apparente indifferenza. Definitivamente tramontata la joint-venture con i canali major, Babybird si riscoprono all’alba di questo nuovo decennio volitivi come non mai, pronti a lanciare la sfida ai grandi del pop internazionale con un disco - "Ex-Maniac" – che sembra quasi un concept sulle disastrose memorie di un’anima particolarmente tribolata. Stephen Jones che da sempre è stato il leader della band, si mostra ancora prolifico cantante e songwriter, capace di infondere una vena malinconica alle sue canzoni: un pop effervescente sostenuto da arrangiamenti soffici che tradiscono il fascino per i sixties ma anche per la wave inglese più nottambula. C’è proprio il nero sense of humour inglese in tracce come "Drug Time" – che testualmente recita ‘can’t get the coke out of my nose’ – o "Failed Suicide Club." Ed è anche difficile non pensare a qualcosa di autobiografico, ai postumi di un successo improvviso che ti cambia letteralmente l’esistenza, con conseguenze spesso imprevedibili. "Ex-Maniac" che esce per l’ambiziosa etichetta di Los Angeles Unison Music, è un diario screziato da pensieri subdoli e da melodie che invece brillano alla luce del sole. Attivo da oltre quindici anni nella nativa Sheffield, Jones è riuscito a catturare l’essenza di gruppi come Echo & the Bunnymen, Lloyd Cole & The Commotions e dei tardi Jesus And Mary Chain, puntando dritto dritto alla canzone perfetta. Con "Ex-Maniac" il gioco riesce ed anche brillantemente.

29/01/10

Lou Bond - S/T (Light In The Attic)

Pur avendo lavorato al fianco di grossi calibri all’interno del music business, Lou Bond non ha mai ricevuto i necessari riconoscimenti per la sua opera, un tentativo ineffabile di far confluire la cultura folk e cantautoriale americana nell’universo black. Già agli albori dei ‘60 con il materiale pubblicato da Chess le cose erano sufficientemente chiare. L’omonimo album del 1974 – inciso per l’etichetta gemella di Stax, We Produce – è rimasto a poltrire per anni nella sezione special price/cut out dei d’oltreoceano, senza mai suscitare il debito interesse. Eppure questo malinconico cantore nero non aveva nulla da invidiare al primo Terry Callier od anche a crooner come Syl Johnson o Lightning Rod.
Light In The Attic ci ha abituati ad operazioni simili, dopo i due ripescaggi di Sixto Rodriguez un altro personaggio marginale dell’industria discografica si rifà sotto. Per entrare nel mood sono sufficienti gli oltre 10 minuti di To The Establishment, un rare groove che stende letteralmente al tappeto, un brano campionato da personaggi come Outkast - in Wailin - Brother Ali - Picket Fence e Prodigy dei MobB Deep in Trials of Love. Come dire, il gotha dell ‘hip-hop e dell’r’b’ contemporaneo.

Il soul orchestrale di Memphis e la canzone di protesta dei vari Dylan e Richie Havens si fondono in un intenso abbraccio in un disco che a diritto è un capolavoro restaurato. Nel lussuoso libricino di 32 pagine ci sono oltre alle foto inedite di rigore anche interviste ad alcuni musicisti di area Stax che ebbero modo di collaborare con lo stesso Lou. Il cd si presenta in formato digipack, mentre il vinile pesante è al solito motivo di soddisfazione per tutti gli audiofili che si rispettino. Master originale completamente ripulito e riadattato. Perderlo nuovamente sarebbe un colpevole atto di negligenza.

The Last Electro-Acoustic Space Jazz & Percussion Ensemble (Madlib) - Miles Away

Seguendo idealmente il filo rosso che aveva portato alla creazione di piccoli capisaldi del rare groove con Stevie (a sua eminenza Stevie Wonder) e Monk Hughes: A Tribute To Brother Weldon (per sua eccellenza Weldon Irvine), Madlib inaugura un’inedita sigla personale come The Last Electro-Acoustic Space Jazz & Percussion Ensemble pagando pegno ad alcuni degli artisti jazz che maggiormente hanno contribuito alla sua formazione artistica. E’ come aprire un enorme file dati pur di attingere alle fasi più calde del jazz creativo, facendo viaggiare corpo ed anima attraverso la spiritualità dei seventies e le innovazioni del post-bop.
Dopo gli exploit di Yesterday’s New Quintet Madlib s’imbarca in quello che è forse il suo progetto più ambizioso. E lo fa con un passo ed una naturalezza che hanno dell’eccezionale. Migliaia di miglia lontano dai producers neri contemporanei, Miles Away è così un’altra disamina coraggiosa del suono Impulse!/Blue Note, ma anche un’indagine sul lavoro non meno prezioso di indipendenti quali Tribe o Strata East.
Una fusion umana, in cui le macchine hanno la loro buona responsabilità in fase di post-produzione, ecco come etichettare Miles Away, vero e proprio cortocircuito temporale contenuto nella preziosa copertina di Radek Drutis. Tra un omaggio a Coltrane/Sanders, uno al grande organista Larry Young ed un altro al trombonista di Detroit Phil Ranelin il disco scorre in un continuum estatico, roba da far accapponare la pelle. Deep jazz is now!

Rob Swift - The Architect (Ipecac)

Sempre pronto ad aprirsi ad un’idea molto astratta di hip-hop, con il nuovo album per Ipecac - The Architect - Rob Swift non intende certo abbassare i toni, rilanciando semmai l’idea del turntablism come forma elevate di djing. E’ il suo debutto per l’etichetta di Mike Patton, un traguardo importante che giunge al termine di un percorso che ha visto nelle collaborazioni con Peeping Tom e General Patton Vs. The X-excutioners due momenti cruciali.

Cresciuto nei sobborghi di Queens, New York (regno dei Run DMC), Rob Swfit - omonimo di un trombonista degli anni ’40, già un segno del destino - Rob Aguilar è stato sin dalla più tenera età attratto dalle enormi possibilità del jazz, finendo poi col venerare i grandi cerimonieri della cultura hip-hop primordiale come Grandmaster Flash, Grand Wizard Theodore e DJ Premier. Spingersi sempre oltre i confini della sua proposta, quasi un diktat per Rob che prima con gli X-Men (chissà quale causa ha intentato la Marvel comics nei loro confronti…) e poi con gli stessi X-Ecutioners, ha ridefinito le regole del gioco, contribuendo ad una crescita esponenziale del ruolo del dj nella cultura black. Nel suo cut’n’paste sono confluite così tante influenze da lasciar sbalorditi, ma è nel 2008 che si consuma un nuovo appassionato sentimento. Per la musica classica in particolare, che entrerà prepotentemente nei tagli e nei campioni di Rob. L’avvicinamento graduale ad artisti come Mozart, Bach e Chopin, ha così inaugurato un nuovo vocabolario musicale per Rob, capace ora di far tesoro della grande cultura dei compositori europei. Anche il modo di utilizzare i piatti cambia radicalmente, l’idea di scrittura è ora più presente nella mente di Rob, che in maniera quasi scientifica mette assieme brandelli di mitologiche suite, consegnando alle stampe un disco che fa letteralmente la differenza nell’ambito del più creativo hip-hop. E’ tutto pronto per la sua definitiva affermazione planetaria, now let the turntablist do the talking!!!

Crollo Nervoso presentazione a Roma



Gli anni Ottanta italiani, contraddistinti dalla fuoriuscita dagli anni cupi del terrorismo e dall’ascesa di nuove suggestioni edonistiche, determinano un clima effervescente, spensierato, di grande ed inedita energia. Nel campo della cultura giovanile si assiste alla nascita della cosiddetta New Wave, gruppi musicali che, superata la fase più aspra e nichilista del punk, cercano nuovi linguaggi e diffondono la loro attività in tutta la penisola: Gaznevada, Litfiba, CCCP, Diaframma, Neon, Underground Life, Bisca, e molti altri. Le vetrine di questa nuova energia e dei suoi talentuosi protagonisti sono l'Independent Music Meeting, dedicato ai gruppi musicali e alle etichette indipendenti, ed una rete di club sparsi nelle grandi città come in provincia: Tenax e Manila a Firenze, Hiroshima Mon Amour a Torino, Slego e Aleph a Rimini, Suburbia a Perugia, etc. Questo documentario è un viaggio per frammenti e riflessioni sulla parte degli anni Ottanta più creativa ed anticonformista, un viaggio di tre puntate che contiene rari video clip, live show, ed oltre quaranta interviste a musicisti, giornalisti e produttori discografici.

Domenica 31 gennaio
PRESENTAZIONE DEL DVD "CROLLO NERVOSO"
In The Basement, Via Fivizzano 27, Roma
h.18.00 - Ingresso libero


Saranno presenti: Pierpaolo De Iulis (Regista, autore Crollo Nervoso), Federico Guglielmi (Giornalista musicale), Luca Collepiccolo (Goodfellas), Paolo Taballione (musicista "Carillion del Dolore"), Luigi Pallavicini (musicista "Illogico").

Così la stampa:

De Iulis non spende un secondo nel dubbio tra verità e leggenda, osserva e predilige una cronaca efficacemente asciutta e senza retorica che lascia che l’emotività soprattutto sgorghi a fiotti quando a scorrere è il materiale d’epoca (Blow Up Gennaio, voto 7/8)

Un momento magico non solo per gli impensabili esiti discografici, ma per tutta la galassia che attorno ad essi ruotava, sotto forma di clip, fumetti libri, politica o atti folli e sconsiderati. Un documento imprescindibile di una stagione che pare remota solo per la miseria del presente, ma è li che sonnecchia, forse in attesa di un lovecraftiano risveglio che le consenta di ispirare un nuovo rinascimento rock (Rumore Dicembre)

Crollo Nervoso consta di un documentario articolato in 3 sezioni (puntate) distinte, Onde Emiliane, Firenze Sogna, Italia Wiva, che ricompone le mappe ottantesche della new wave italiana, dove le diversità stilistico-musicali dei suoi attori costituivano motivo di ricchezza e stimolo creativo (Rockerilla Gennaio/Febbraio voto 9)

Diviso in tre capitoli, Crollo Nervoso analizza, grazie alle immagini dell’epoca e interviste con tutti i protagonisti di quella stagione, un momento di grande creatività nazionale. Largo quindi a nomi come Litfiba, Diaframma, Rats, Gaznevada, Krisma, Bisca, Dirty Actions e moltissimi altri per più di un’ora e mezza di durata (Rock Sound Dicembre, voto 8)

28/01/10

Fursaxa - Mycorrhizae Realm

Fursaxa è il nome d’arte di Tara Burke, originariamente nel collettivo UN – con il quale ha licenziato dischi per la indipendente di culto Siltbreeze – abbraccia ufficialmente la carriera solista nel 1999, pur non rinunciando a sortite in compagnia di altri illustri colleghi. Artisticamente si è legata ad alcune delle più importanti label del sottosuolo americano e non, un’uscita per l’etichetta personale di Acid Mothers Temple e poi pubblicazioni con Ecstatic Peace, Time Lag, Eclipse, Last Visible Dog ed ATP. Senza poi contare lo stuolo di CD-R realizzati in piena autonomia. La genesi di Mycorrhizae Realm ha inizio nell’estate del 2008, presso l’ Hexham Head, uno studio con base a Philadelphia. Già qui la curiosità è enorme, considerando che Tara mai si era confrontata così bellamente con la tecnologia, avendo sempre preferito la comoda pratica dell’home recordings. Tra le protagoniste assolute di quella che è stata la rinascita del folk più alieno, Tara Bourke può vantare anche estese partnership con membri dei fenomenali Espers da Philadelphia, suffragata in The Valerie Project – sonorizzazione del film nouvelle vague cecoslovacco del 1970 Valerie and her Week of Wonders – e da future interazioni in studio. Per dire della sua già affermata stella possiamo anche far riferimento alle ripetute esibizioni dal vivo al fianco di Bardo Pond, Black Bright Morning Light, Black Forest/Black Sea, Christina Carter e del compianto Jack Rose. Recentemente Fursaxa è apparsa con una traccia inedita sul periodico Uncut, segnale di un rinnovato interesse nei confronti della sua delicata e trasognante opera. Mycorrhizae Realm - licenziato dall’inglese ATP Recordings– sarà il disco della definitiva affermazione su scala internazionale: un sequenza di spettrali forme pop elettroacustiche che dicono di un’artista giunta al suo apice creativo. Ci sarà occasione per confrontarsi con questa ormai affermata realtà anche dal vivo, nel 2010 è infatti previsto un lungo giro europeo per dar ulteriore risalto alla sua bravura.

Built To Spill - There Is No Enemy

Doug Martsch –da sempre l’uomo a cui è legato il marchio Built To Spill - ha impiegato qualcosa come tre anni e mezzo per dare alle stampe There Is No Enemy, un lavoro così straziante da portare lo stesso autore ad un prematuro ritiro dalle scene. Ma spesso, quando si annuncia l’ultimo tour internazionale, non si fanno i conti con l’entusiasmo: soprattutto quello dei numerosi fans sparsi in giro per il mondo. Con la complicità di Brett Nelson (basso), Scott Plouf (batteria) e Jim Roth (chitarra), Doug è pronto ad offrire un ulteriore saggio di quella che è la sua arte: scrivere decadenti canzoni informate sia dal post-punk del Northwest che dall’indie più intimista. Del resto i Built To Spill sono prossimi ad essere immortalati nella hall of fame del rock Americano dei nineties, grazie a dischi quanto meno fondamentali come There’s Nothing Wrong With Love e Perfect From Now On. Tra le formazioni più credibili del dopo grunge – Martsch era nei pionieristici Treepeople – i Built To Spill hanno preso tanto dal suono west coast dei Crazy Horse di Neil Young – le cavalcate epiche in stile Down By The River per inciso – tanto quanto dall’ironia in pillole dei Pavement e dal guitar sound dei Dinosaur Jr.
Pubblicato in America da Warner e licenziato in Europa dalla sempre solerte ATP Recordings, There Is No Enemy è altra dimostrazione di forza, una scrittura complessa, figlia della dovizia di particolari con cui Doug ha curato la genesi del disco. Vivendo letteralmente in studio per settimane e settimane. Se non è questa dedizione…Ora che il nuovo figlio legittimo è stato dato alla luce, c’è solo da sperare che una nuova maratona dal vivo sia nei piani del nostro cantante/chitarrista preferito.

Brasilian Guitar, Fuzz Bananas

Dopo il successo ottenuto con la compilation Psych Funk 101, la neonata World Psychedelic licenzia il suo secondo lavoro, assemblato con dovizia di particolari da Egon della Stones Throw e da un altro manipolo di accaniti collezionisti. Dimenticate i pur ottimi tributi al tropicalismo di Os Mutantes, Tom Zè e compagnia danzante, perchè Brasilian Guitar, Fuzz Bananas è affare per palati fini, una cosa da intenditori autentici insomma. Il fantomatico Joel Stones che si fa carico anche delle note introduttive al disco specifica che i nomi più celebri del movimento sono stati volutamente accantonati.

Quindi nessun accolita del grande produttore Rogerio Duprat, quanto un manipolo di artisti assolutamente misconosciuti e di culto, con magari un solo 45 giri alle spalle.

Parliamo dunque di rarità assolute, all'insegna del più spiritato chitarrismo sudamericano, funky e psichedelia carioca, ammantati da una scorza di fuzz, spesso e volentieri episodi unici pubblicati in veste di promo radiofonici o destinati alla stampa di settore. Ed un piatto del genere oltre che far gola ai più accaniti completisti risulta essere un pozzo cui attingere anche per il pubblico più affascinato dai risvolti terzomondisti dell’acid rock
di fine 60/inizio 70.

Con un lavoro di mastering che ha riportato alla luce tutti i particolari delle incisioni originali ed un libricino a colori di 24 pagine con immagini d'epoca e biografie dettagliate degli artisti coinvolti nel progetto, il disco si presenta come una delle ristampe più significative di
questo anno solare. E se volete saperla tutta un paio di occhialini in 3d sono inclusi nel packaging.

Di seguito la scaletta:

Celio Balona - Tema De Batman
Loyce E Os Gnomes - Era Uma Nota De
The Youngsters - I Want To Be Your Man
Serguei - Ourico
Fabio - Lindo Sonho Delirante
Tony E Som Colorido - O Carona
14 Bis - God Save The Queen
Banda De 7 Legues - Dia De Chuva
Ton E Sergio - Vou Sair De Cateveiro
Ely - As Turbinas Estao Ligadas
Com Os Falcoes Reais - Ele Seculo XX
Marisa Rossi - Cinturao De Fogo
The Pops - Som Imaginario De Jimmi Hendrix
Loyce E Os Gnomes - Que E Isso?
Piry - Heroi Moderno
Mac Rybell - The Lantern

17/01/10

A febbraio nuovo album per gli Xiu Xiu



Con il nuovo album la metamorfosi di Jamie Stewart sembra giunta a compimento. Con un titolo esplicito quale "Dear God, I Hate Myself", gli Xiu Xiu licenziano quello che è l’album più in sintonia con l'intima essenza gotica del nostro protagonista. Ma non è un catastrofico sunto: Jamie sparge a piene mani i semi di una ritrovata coscienza, rilasciando nelle fitte trame musicali una visione tutto sommato positiva. Del resto le costanti, in un catalogo che si infittisce, sono sempre state l’estrema onestà e la tenace evoluzione stilistica, che degli Xiu Xiu hanno fatto vere e proprie mosche bianche nel panorama indie statunitense. Fermi restando poi i loro punti di riferimento, che dall’art-rock arrivano dritti dritti alla cold wave, sempre privilegiando suoni di ricerca e un’indolente attitudine post-punk, si nota un’ovvia progressione nello stile vocale di Jamie Stewart, sempre molto caratterizzante, ma oggi più aperto all’uso di melodie subdole. Quello che ne viene fuori è quasi un oggetto d’arte nell’asfittico mondo della pop music. A raggiungere Stewart in questa ennesima avventura, la nuova entrata Angela Seo, che si dedica al piano, al sintetizzatore ed alla drum machine. La produzione dell’album è curata dallo stesso leader, in combutta con il batterista dei Deerhoof Greg Saunier. Saunier – che dei tamburi è funambolo – presta il suo contributo in studio, unitamente ad un altro grande percussionista come Ches Smith (che ha suonato con John Zorn, Terry Riley e Marc Ribot). Apparizione cameo è quella dell’altro Deerhoof John Dieterich, chitarrista che presta il suo tocco ad un traditional della folk music come "Cumberland Gap". Sorprendente invece l’intervento della Immaculata Catholic School Orchestra in "This Too Shall Pass Away (for Freddy)", un’accorata ode alla serenità ed alla salute, che suona come un ibrido pazzesco tra Harry Partch e John Foxx! "Dear God, I Hate Myself" cambierà nuovamente la vostra prospettiva sugli Xiu Xiu, una realtà mutevole, un percorso che si aggiorna immancabilmente, anche in questo ultimo atto in scena per la fida Kill Rock Stars. Simili a nessuno ed in questo esemplari.



14/01/10

Black Man's Cry - The Inspiration Of Fela Kuti

Cover e musiche ispirate dal padrino dell’Afro-Beat, un’antologia che tematicamente affronta uno dei momenti più alti della musica nera tutta. Approvata dagli stessi familiari di Fela Kuti, la raccolta include tracce rare o altrimenti inedite composte da artisti provenienti da Nigeria, Ghana, Colombia, Trinidad ed altri paesi del sud del mondo.

Fela è stato certamente il nome più celebre della scena musicale nigeriana, quanto meno l’artista che ha avuto maggiore esposizione all’estero. Assieme ai fidi Africa '70 hanno reso celebre un ibrido stilistico a cavallo tra highlife, jazz ed il perpetuo beat del godfather of funk James Brown. Uno stile che presto sarà noto come afro-beat.

In terra natia la popolarità di Fela è stata spaventosa, alla stessa stregua dell’Elvis nell’America degli anni cinquanta.. Eppure, prima che l’occidente si rendesse pienamente conto dell’influenza del nostro, ne è passata di acqua sotto i ponti. Questa compilation è uno dei luoghi ‘strategici’ per affermare la sua legacy – come si dice in gergo – a livello planetario.

La musica di Fela ha avuto infatti un impatto notevole su quello che intendiamo come villaggio globale. La compilation si focalizza sui suoni che il nostro ha in qualche misura ispirato: dagli artisti nigeriani – con i quali ha spesso collaborato nei primi ’70 - ai vicini musicisti del Ghana, fino ad arrivare agli ensemble colombiani – spesso informati dai ritmi Yoruba prossimi alla cumbia – e a quelli di Trinidad dove le cosiddette steel bands andavano per la maggiore. Un’organizzazione musicale quella degli Africa '70 e del loro mentore che echeggia ancora ai giorni nostri, basta farsi un viaggio nei basement di Brooklyn e assistere alle performance dei vari Antibalas o Menahan Street Band.

La compilation assemblata dal sempre puntuale Egon – uno dei produttori artistici alla corte di Stones Throw - è un ulteriore risorsa per i numerosi sostenitori del principe africano ed il nutrito booklet del cd – per il vinile si parla di una lussuosa confezione con 4 dieci pollici – non manca di assemblare foto d’epoca ed approfondimenti di sicuro interesse.

Nella tracklist spiccano i nomi di eroi contemporanei come Whitefield Brothers, Karl Hector & The Malcouns e Daktaris, al fianco di autentiche leggende africane come Segun Bucknor, Dan Satch & His Atomic 8 Dance Band e Bola Johnson.

La compilation edita dalla Now Again Records uscirà in Italia il 1 Febbraio 2010

da questo link è possibile scaricarne una gustosa anticipazione: Dan Satch and his Atomic 8 Dance Band: “Woman Pin Down.”

13/01/10

Gli Heavy Trash di Jon Spencer in tour settimana prossima




Heavy Trash - (Sometimes You Gotta Be) Gentle


Jon Spencer e Matt Verta-Ray in veste di
Heavy Trash saranno in tour tra qualche giorno in Italia.

2o gennaio: Torino Spazio 211
21 gennaio: Roma Init
22 gennaio: Padova Unwound
23 gennaio: Firenze Audiotrium Flog
24 gennaio: Bologna Locomotiv



Gli Heavy Trash non sono un divertissement di Jon Spencer. Sono una freccia in più al suo arco e “Midnight Soul Serenade” il disco giusto per inaugurare un nuovo decennio di rock’n’roll. Per la cronaca: il settimo - RUMORE

Qui ci sono cuore e anima, non pantomime che cercano di accodarsi all’immaginario di quel Tarantino che tuttavia, nessun dubbio in merito, potrebbe utilizzare “Midnight Soul Serenade” come colonna sonora di un suo film – IL MUCCHIO

Insomma, MSS è un disco di serie B, orgogliosamente tale. Manna dal cielo (nero) per i devoti. Siamo però in attesa del Quentin Tarantino di turno che, con lo stesso materiale, riesca non solo a far ballare i convertiti, ma a vincere la Palma d’Oro – BLOW UP

Estetica e suoni della band omaggiano infatti il rock’n’roll primitivo dei 50’s, in particolare il rockabilly della Sun Records. In epoca di digitalizzazione ormai inarrestabile, gli Heavy Trash rappresentano una meravigliosa controtendenza - JAM