23/11/11

Progetto multimediale per Oval


DNA è una montagna di album per usare un eufemismo: un cd audio con 25 tracce, una media-brano di 3 minuti. Praticamente una collezione di incisioni rare e 12 episodi completamente inediti. Una delle rappresentazioni più eclettiche del genio musicale tedesco Markus Popp, percorso a tappe tra le sue varie fasi creative. Materia vecchia e nuova omogeneizzata da un comun denominatore. Concepito originariamente prima della pubblicazione di “O” per Thrill Jockey, “DNA” ha il compito di fotografare una dipartita, sulla carta ultimo contributo proprio alla ‘causa’ elettronica.

Imperdibile a proposito il secondo cd di DNA, sorta di manifesto per le risorse aperte. Dal SoundBrowser/Sequenzer-Software OvalDNA agli oltre 2,000 Oval Sounds ricavati da file AIFF individuali. Software e files sonori destinati ai produttori più lungimiranti, disponibili senza alcun vicolo di copyright. Nel packaging anche la documentazione video di PlayGroundTV/Madrid, il clip musicale di “Glass UFO” griffato AmberleyProductions/Berlin e 10 tracce bonus in formato WAV. Per quanto sia lecito descrivere l’opera di Popp, presto o tardi finiremmo per parlare di processi organizzativi. Termini come ‘tessuti’ o ‘mosaici’ sembrano infatti più appropriati a sintetizzare il suo lavoro. Tutto qui sembra ondulare, pulsare e respirare, aldilà di una rigida organizzazione. L’infiltrazione del dna umano sa essere ‘tossica’ e coinvolgente, anche in un’austera costruzione digitale. E’ la sintesi di eventi simultanei, incredibilmente densi ed allo stesso tempo segretamente luminosi. Senza mai trascurare una ricca espressività, che certo non rinuncia a figure ritmiche e a momenti di grande armonia. Come se questa impalcatura considerasse imprescindibile l’estasi ‘melodica’

Tra i più avanzati ‘ricercatori’ contemporanei, Popp ha associato il suo nome a quello di Microstoria (con Jan St. Werner dei Mouse On Mars) e So (con Eriko Toyoda). Spesso ha distribuito il suo sapere (nel ruolo di produttore e remixer) ad artisti di primissimo piano come Bjork, Ryuichi Sakamoto, Tortoise, Gastr Del Sol (suoi i pop-up elettronici nel sottovalutato Camoufleur), Jim O’ Rourke e Pizzicato 5. Oval rimane una figura a tutto tondo dell’universo sperimentale, uno scienziato del suono, un ingegnere dalle doti incommensurabili.

Raccolta di singoli per la 'chiacchierata' band di Sheffield


In attesa di un tour europeo di proporzioni epiche, a partire dalla fine del 2011, gli inglesi Black Spiders - a poca distanza dall' album di debutto - decide di assemblare una collezione di brani con singoli ed inediti (più un dvd con tre videoclip esclusivi) che sarà sicuramente un viatico alla nuova vibrante esperienza live. Numerosi i vip che si sono espressi in favore di questi bad boys del contemporaneo hard, a partire dall’ ex-bassista dei Guns'n'Roses Duff McKagan, personaggio non proprio avulso alle cronache del rock’n’roll.

Ancora al grido di ‘orfani dei Darkness unitevi’ la terra d’Albione può così celebrare un fenomeno di portata internazionale. Il gruppo di Sheffield che già aveva impressionato con il debutto lungo "Sons Of The North" continua a cavalcare le scellerate lande che furono un tempo dei death-rockers norvegesi Turbonegro, ma anche delle bandiere australiane AC/DC. Le apparizione al Sonisphere, all’High Voltage, al Bloodstock ed al carrozzone dell’OzzFest valgono per loro più di ogni rassicurante raccomandazione. Il lato più selvaggio dei seventies è ancora oggi la merce di scambio più richiesta.

La sospirata reunion dei Guided By Voices


Torna la formazione originale dei Guided By Voices con “Let's Go Eat The Factory” primo album a comprendere nuovo materiale da 15 anni a questa parte.


Robert Pollard, Tobin Sprout, Mitch Mitchell, Greg Demos e Kevin Fennell si ritrovano per una reunion di quelle memorabili, che attraverso un album di 21 brani riafferma il loro stile, tra i più imitati nel giro indie americano. Secondo le parole del più carismatico Robert Pollard si tratta di un ritorno all’approccio "semi-collegiale" di album simbolo come “Bee Thousand” ed “Alien Lanes”.

Coerentemente a quello che è il loro stile “Let's Go Eat The Factory”, offre un suono variegato, in cui l’alternanza tra distinte melodie pop e ruggiti chitarristici è lo strumento per tornare a sperare in un ruolo di punta del rock indipendente, anche nel 2012, l’anno delle grandi catastrofi annunciate. Il disco è l’immediata conseguenza di un tour che nelle parole di Pollard non avrebbe dovuto generare alcun progetto da studio.

Ma evidentemente qualcosa ha sconvolto i piani dei cinque, che sobillati dalla solita cricca dell’ATP (per chi ne ha facoltà, imperdibile la loro partecipazione al festival I’ll Be Your Mirror, a Londra sul finire di maggio) decide di dare un seguito ad una discografia di per sè nutrita.

Tutto questo seguendo una precisa logica. Tanto forte l’amalgama dal vivo che sarebbe stato un peccato imperdonabile non trovare un corrispettivo in sala d’incisione.

Con brani che reclamano già un ruolo di primo piano tra i classici della band – scegliamo nel muccchio "Chocolate Boy," "We Won't Apologize For The Human Race" (che Tobin Sprout descrive come Peter Gabriel alle prese con 'I Am The Walrus') e "Doughnut For A Snowman” – l’album sarà uno dei piccoli/grandi eventi di inizio anno. Per chi cerca ancora un intrattenimento fedele alla linea.

Thee Oh Sees - Carrion Crawler / The Dream

Non parlateci di revival per cortesia, non tanto perchè i figliastri sono spesso più bravi dei relativi patrigni, ma perché nel caso dei californiani Thee Oh Sees, ogni regola scritta è prontamente sconfessata. Prolifici come non mai, a meno di un anno dal precedente “Castlemania” per In The Red’ decidono che è tempo di rifarsi sotto con “Carrion Crawler / The Dream”, originariamente una coppia di Ep che vanno in realtà a costituire un nuovo agguerrito album da studio. Che conserva però tutta la loro epica live, essendo registrato in presa diretta e senza overdubs. E’ il volto più autentico del gruppo, guidato dal famelico John Dwyer, icona rock’n’roll del secolo prossimo venturo, mai schiavo di una nomenclatura od un’estetica troppo severa. Thee Oh Sees hanno allargato nel frattempo la loro famiglia: alla tastierista/cantante Brigid Dawson, al chitarrista Petey Dammit, allo straordinario batterista Mike Shoun si è ora aggiunto il polistrumentista/cantante Lars Finberg.

Per una “The Dream” destinata a far saltare i coni del vostro impianto, c’è l’organo bruciato dal sole di “Crack in Your Eye” e lo strumentale spaziale “Chem-Farmer”, tanto per dire di una scrittura che si fa sempre più articolata e scevra da compromessi. Sono la più atipica garage band in circolazione i Thee Oh Sees, raccolgono scorie della misconosciuta psichedelia americana dei sixties, prendono in prestito frasi dal beat, agguantano scenari space-rock per il rotto della cuffia. Un calderone insomma, di quelli pronti ad esplodere. Ma una cosa è certa, se li vedrete dal vivo ve ne innamorerete.

21/11/11

Mint Julep, la purezza del dream pop in salsa elettronica


Nati a Boston, Massachusetts, nel 2007, i Mint Julep sono la coppia di coniugi Keith ed Hollie Kenniff. Spostatisi in rapida successione a Portland, Oregon, i due mettono in scena la loro prima creazione dream-pop, con l’autoproduzione Songs About Snow, che nel 2008 già pone le basi per un seguito da vera e propria cult-band. Con Save Your Season, prodotto da Village Green, ci sono tutti gli elementi per aspirare a un ruolo di punta in questa parte finale del 2011.

Una vocazione per le composizioni strumentali avvicina la musica di Mint Julep ad atmosphere necessariamente cinematiche. Ereditando la cifra sonora delle migliori compagini shoegaze, i nostri alternano le saturazioni elettriche ad algidi interventi elettronici, frutto di una condivisibile passione per i grandi interpreti tedeschi dei ’70. E’ così una drum machine o la coda di un sintetizzatore analogico a rendere ancor più ammaliante questa nuova pubblicazione. Che nella fattispecie rappresenta una dipartita per Keith, dalle più rigide prospettive ambient dei suoi lavori solisti. Non a caso il nostro si può fregiare di una prestigiosa collaborazione con Ryuichi Sakamoto, in un pezzo destinato ad una raccolta benefit – patrocinata dall’organizzazione Kizunaworld - a sostegno delle vittime dello tsunami giapponese

Compositore ricercato Keith, tanto che un suo contributo è stato utilizzato nella recente campagna per la promozione del nuovo Apple 4S Siri, ha così trasposto le sue più chiare influenze in un contesto orientativamente più indie, allargando idealmente i suoi trascorsi artistici. Autore di lavori mozzafiato con il monicker di Helios – di cui consigliamo vivamente i dischi per Type – e Goldmund – a breve il ritorno su Western Vinyl, ancora all’insegna di un sobrio neo-classicismo – Keith è così il prototipo del musicista eclettico contemporaneo, affatto insensibile al fascino del pop.

Le meraviglie ultraterrene di Save Your Season saranno l’accompagnamento ideale a questo finale di stagione.

Extra Classic, nuova sensazione da San Francisco


Di loro Pitchfork ha scritto: provate ad immaginare un Lee Perry ai controlli affiancato da Siouxsie Sioux alla voce. Come indicazione di massima ci siamo, perché le ostili acque della baia di San Francisco si trasformano temporaneamente in un asilo a calde correnti caraibiche.

Il gruppo – costituito da ex-membri di The Donkeys, Fruit Bats e The Anniversary – porta in dote le precedenti esperienze, invero allergiche alle più fruibili istanze dell’indie-pop. Lanciati da Paul Beahan – proprietario del marchio Manimal Vinyl (Warpaint, Sister Crayon, Rainbow Arabia) - i nostri si avventurano in una boccaccesca giungla jamaicana, facendosi largo tra camere d’eco ricavate in economia e rigogliosi ritmi in levare. Prestando fede all’estetica vintage dei grandi producer dell’isola registrano su un 8 tracce, utilizzando un equipaggiamento rigorosamente sessanta/settanta.

Gli Extra Classic con il debutto lungo 'Your Light Like White Lightning, Your Light Like A Laser Beam' puntano direttamente al cuore della questione, conquistandoci con un manipolo di canzoni che del post-punk inglese ereditano la vena più nera. Impossibile non scorgere nel dna dei californiani le movenze delle Slits prodotte da Dennis Bovell, che ad oggi rimangono un riferimento imprescindibile per chi vuole far collidere gli umori della nuova onda con lo spirito della black.


Musicisti navigati, con le rispettive formazioni hanno girato con mostri sacri quali Modest Mouse, The Handsome Furs e Conor Oberst/Bright Eyes, gli Extra Classic ci avvolgono nelle spire di un suono che al momento del loro debutto appare come una delle più credibili contaminazioni tra ritmi esotici e savoir faire occidentale. Se già i concittadini Peaking Lights si sono ricavati un ruolo di tutto rispetto nella giostra mediatica contemporanea, grazie alle benedizioni di Simon Reynolds e Gilles Peterson - siamo certi che la stella degli Extra Classic sarà la prossima a brillare in maniera definitiva.

16/11/11

Il debutto dei salentini Bundamove


I Bundamove prendono vita nel dicembre 2009, con la finalità di rivedere i tratti salienti della musica nera attraverso un deciso battito funk ed una serie di groove decisi che riportano alle sonorità ed all’estetica dei tardi sessanta/primi settanta. Un sestetto che può contare sui singoli talenti di

Emanuele "Manufunk" Pagliara (chitarra), Marco "donSkal" Calabrese (tastiere), Michele “Mike”

Minerva (basso) , Antonio "Dema" De Marianis (battteria), Alessandro Nocco (sax) e Gabriele Blandini

(tromba), i cui trascorsi musicali parlano chiaro: dalle fila degli Aretuska - capitananti da Roy Paci - al fenomenale combo reggae-dub Boom Da Bash, fino all’esperienze con Anansi e Steela (dentro il vortice dubstep).

Il fine è nello sconvolgere le regole, rivedendo in chiave adrenalinica classici della musica popolare, sia essa di declinazione crossover, reggae o storicamente rock. Grazie ad un’esplosiva vena funk, il gruppo si assesta nel solco proprio di quei rare grooves, che immancabilmente hanno arricchito le valigie dei dj di mezzo mondo. Una musica dalle spiccate prospettive danzerecce, una miscela dirompente che attraverso speziati arrangiamenti consente di liberare un energia vitale.

Dopo aver battuto in lungo e in largo la penisola i sei salentini pubblicano l’album di debutto “Da Funk Machine” – distribuito in esclusiva da Goodfellas - uno squarcio solare nell’imminente stagione invernale. Dalla rilettura in salsa acid-jazz del classico dei Doors Roadhouse Blues – loro primo singolo, qui prontamente ribattezzato Roadhouse Funk – all’essenziale groove di basso di Money dei Pink Floyd, qui rinvigorita dal lavoro di cesello dei fiati. Il beat in levare di Bob Marley I Shot The Sheriff fa da contraltare alle ficcanti rivisitazioni di Bulls On Parade e Killing In The Name dei californiani Rage Against The Machine. L’altro pezzo forte – corredato da clip video – è Smooth Criminal di Michael Jackson, il cui ritmo ossessivo è già uno dei punti di forza del disco. Detto di una puntuale With My Own Two Hands di Ben Harper il disco si chiude con l’unica traccia cantata – da Marta De Giuseppe – una Whole Lotta Love dei Led Zeppelin che sembra davvero un ordigno ad orologeria, con quelle sue figure ritmiche e quei break mozzafiato. Da Funk Machine è esattamente quello che il titolo promette, un campionario di moderna musica da ballo.

http://www.bundamove.com/

http://www.youtube.com/bundamove

http://www.facebook.com/bundamove

15/11/11

Il network di Damo Suzuki esordisce su disco


"Sette Modi Per Salvare Roma" - con il suo titolo quasi profetico - è una delle più riuscite avventure del fantomatico Damo Suzuki’s Network, una formazione che viene plasmata a seconda degli appuntamenti dal suo stesso tenutario e frontman, nonché voce dei leggendari kraut-rockers Can.

Il cantante di origine nipponica corona così il suo vagabondare artistico con una formazione finalmente stabile. La finalità stessa del network ha permesso al nostro di mettere radici in più paesi europei e statunitensi, a partire dalla fine degli anni ’80. Singolare la sua stessa storia personale, il continuo girovagare per club e location internazionali ha in qualche maniera sopperito alla mancanza di una vera e propria dimora.

Spesso ‘imprendibile’, il progetto assume contorni definiti con la pubblicazione di un live ufficiale, che Goodfellas è lieta di presentare in tutta la sua spontanea natura. Registrato dal vivo al Circolo Degli Artisti di Roma il 20 gennaio del 2011, il disco è l’occasione per immortalare l’incontro di Damo con alcuni dei migliori musicisti italiani. Il collettivo in azione è infatti uno dei più nobili: Manuel Agnelli (Afterhours) Enrico Gabrielli (Calibro 35, Afterhours), Xabier Iriondo (Afterhours, A Short Apnea, Uncode Duello) e Cristiano Calcagnile (Stefano Bollani, Cristina Dona’) costituiscono l’ossatura su cui regge questa versione del network. Su un tappeto cangiante, per definizione rock ma non scevro da influssi lisergici e avanguardisti, Damo libera le sue capacità comunicative, stimolato a dovere da questo eccezionale quartetto.

Le date del tour

06/12/2011 - Marina Di Massa (Ms) - Tago Mago

07/12/2011 - Colle Val D'Elsa (Si) - Sonar

08/12/2011 - Carpi (Mo) - Kalinka

09/12/2011 - Bolzano - Halle 28

10/12/2011 - Mezzago (Mi) - Bloom