18/01/08

Cane Gorilla Serpente


I Redwormsfarm sono al terzo album ma all'ottava pubblicazione se contiamo due compilation, due split ed un primo EP del 2000; non è insomma dall'altro ieri che pestano i palchi di tutta Italia, facendosi conoscere e apprezzare per l'energia tesa e urgente dei loro live set. In questo album, come nel precedente "Amazing", hanno abbandonato lo spirito del live mentre erano in studio: hanno giocato con gli arrangiamenti ed i suoni delle loro piccole pillole di onestà hardcore, hanno insistito sul carattere delle composizioni colorando ogni sfumatura, hanno catturato le canzoni come dei pittori impressionisti, con tratti veloci e precisi. Hanno sviluppato l'attitudine punk industriale che li accompagna da sempre contrapponendola alla spensieratezza di tre bambini che cantano insieme in coro...Chi li conosce se li ricorda di sicuro nel retro copertina di "Amazing": c'erano tre bambini che bevevano una bottiglia di veleno. Ora i bambini sono cresciuti e sono diventati un cane, un gorilla ed un serpente.

"Cane Gorilla Serpente" esce in questi giorni nei negozi su Infecta-suoni e affini, con distribuzione esclusiva Goodfellas.

"E' stata dura aspettare per due anni il nuovo Cd dei Redworms Farm. "Cane Gorilla Serpente" è una vera manna per chi ha consumato quel concentrato di punk, geometria e adrenalina che era "Amazing!". Ne è valsa la pena però: il trio padovano torna con immutata carica, una scrittura più matura e una maggiore cura del suono..la consacrazione di una delle più brave band rock nazionali e se a fine disco vi batterà ancora il cuore, correte a vederli dal vivo: i loro concerti sono indimenticabili" - 5 stelle ROLLING STONE

"..i tre padovani sono giunti a un'ancor più convincente sintesi di impetuosa fisicità, articolati cerebralismi e fantasie melodiche, ben sviluppati in canzoni da due/tre minuti, stilisticamente collocabili - a grandi linee, eh - da qualche parte tra la leeds dei primi Gang Of Four e la Sheffield degli Arctic Monkeys. Un disco carico di energia e nevrosi metropolitane, con i piedi ben saldi nell'oggi a dispetto dei marcati accenti anni 80, che dà garanzie assolute per sortite concertistiche inevitabilmente dinamiche fino alla frenesia, avvolgenti nella loro ipnotica cupezza, trascinanti grazie alle ritmiche serrate, agli stacchi fulminei, alle trame abrasive e taglienti, all'importanza conferita ai giochi di voci sospese tra rabbia e pigrizia" - IL MUCCHIO

"Essenziali e precisi, compatti e veloci. Tornano i Redwormsfarm: il cane, il gorilla e il serpente. Ogni volta che mi capitano tra le mani le loro nuove canzonimi viene in mente quanto sia necessario esistano ancora gruppi così. Come loro e come per gli Altro, che curiosamente e per la gioia di qualcuno hanno allineato le rispettive nuove produzioni quasi una dietro l'altra. Nel momento in cui molti tendono a riempire tutti gli spazi a disposizione ecco gente che lavora per sottrazione. Nel tempo i ragazzi di Padova hanno tracciato un percorso lontano da tutti e da tutto riuscendo a creare uno stile proprio ed immediatamente riconoscibile. Fatto di urgenza e costruito con veemenza, musica per gente con l'acqua alla gola. Eppure certa di farcela ancora una volta. Anche questa volta" - voto 8 RUMORE

"Riecco finalmente i paladini dell'autosufficienza italica, perennemente in credito con lo sfondamento. E anche stavolta è un tuffo al cuore: parte "Beastie" e si fa vivo il concetto di legna rock, irresistibili montano i refrain miracolosamente pop, una volta che la concitazione live esce di scena per fare largo a un songwriting di lusso, compiuto in sè. Inni da cantare a squarciagola tutti assieme, scuotendo la testa e battendo il piede..Ed è quanto basta a far sentire vivi. Presto, qualcuno li faccia diventare ricchi!!!" - voto 8 BLOW UP


Redworms Farm in TOUR 18 Gennaio @ Officina49-Cesena 19 Gennaio @ CipreLab-Marghera(Ve) 24 Gennaio @ Locomotiv-Bologna 25 Gennaio @ Festival La Valigetta c/o Cs Dordoni-Cremona 26 Gennaio @ Cs Bruno-Trento 8 Febbraio @ Thermos-Ancona 16 Febbraio @ Arci Kroen-Villafranca(Vr)

17/01/08

Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra & Tra-la-la Band


Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra & Tra-la-la Band – 13 Blues For Thirteen Moons

Sono passati ben 3 anni dalla pubblicazione dell’ultimo Horses In The Sky, che nel 2005 ha fatto gridare al miracolo più di una persona. La band di Montreal non è certamente rimasta con le mani in mano da quel momento, avventurandosi in progetti sempre coraggiosi, capaci di mettere in discussione la propria – elevata – cifra stilistica. Riprova ne sono le collaborazioni in studio con Carla Bozulich, Vic Chesnutt e la regina del proto-punk newyorkese Patti Smith. Stabilito che questi sono gli unici papabili eredi dei Godspeed You Black Emperor – aldilà delle sottili analogie anche i trascorsi dei singoli membri parlano chiaro – i sette musicisti di Thee Silver Mt. Zion si affrancano con questo disco da ogni possibile ‘steccato’ musicale. Una grande e rumorosa prova di auto-determinazione, che vuole appunto nelle corde tese la chiave di lettura di un disco sofferto, sospirato, emozionalmente vicino alle migliori pagine del post-punk inglese e del rock d’avanguardia mittel-europeo. Due chitarre, due violini, un violoncello, un contrabbasso ed una batteria (quella del nuovo ingresso Eric Craven, ex-Hanged Up) per plasmare un suono al limite dello ‘stordimento’ , movimenti cameristici punk che prendono forma nei rinnovati locali dell’Hotel2Tango, lo studio di registrazione che fedelmente porta in dote molta della musica pubblicata da Constellation.
Dicevamo di un livore e di una ‘progressione’ tipicamente europee, sarà un caso ma qui ci troviamo veramente ai confini tra la gloriosa stagione del rock in opposition – quello che prendeva le mosse dalla scena di Canterbury – ed il più politicizzato e multiforme punk delle ‘comuni’, quello che sommariamente veniva definito come anarco-punk e che al mondo intero consegnò le leggende dei Crass e degli Ex. E proprio agli olandesi corre la memoria in questo 13 Blues For Thirteen Moons, dove i richiami ai due capolavori del gruppo con il violoncellista Tom Cora (Scrabbling At The Lock e …And The Weatherman Shrug Their Shoulders) sembrano evidenti.
Una cosa è certa: il loro marchio sulle sorti del rock contemporaneo più iconoclasta ed avventuriero sarà a chiare lettere! Chiedete pure agli sceneggiatori della serie di successo Lost che hanno voluto a tutti i costi un loro brano - Tho You Are Gone I Still Often Walk W/You" (un estratto dall’album del 2001 Born Into Trouble As The Sparks Fly Upward) - nel lancio pubblicitario della nuova stagione, la quarta. Contravvenendo alla loro etica ‘conservatrice’ Efrim e compagni hanno autorizzato la casa di produzione, strappando la promessa che lo spot venga ritirato il prima possibile.
L’etica – sempre fortissima – della casa madre Constellation vede il materiale pubblicato utilizzando carta riciclata al 100% (per gli appassionati del vinile, questo sarà doppio e pesante, ben 180 grammi), nel classico packaging che a livello ‘estetico’ ha imposto la label tra le indipendenti guida di inizio millennio.

http://www.cstrecords.com/cst050.html
http://www.tra-la-la-band.com

16/01/08

CARLA BOZULICH aka EVANGELISTA

Evangelista – Hello, Voyager (Constellation Records)

Evangelista è il nome della nuova band di Carla Bozulich ed Hello, Voyager ne segna il debutto ufficiale. Una ‘trasmigrazione’ logica se pensiamo che proprio l’esordio per Constellation del 2006 portava il titolo di Evangelista. Accompagnata dai fidi Tara Barnes e Shahzad Ismaily, la vocalist d’adozione californiana torna sul luogo del delitto. L’Hotel2Tango di Montreal dove Efrim Menuck e soci hanno tagliato fantastiche musiche con A Silver Mt. Zion ed artisti di fama internazionale quali Patti Smith e Vic Chesnutt. La partnership si rinnova dunque, con diversi elementi degli Zion a dar manforte da studio, cesellando anche con sapienti arrangiamenti orchestrali (l’ormai caratteristico suono degli archi) lo stesso album. L’ispirazione della Bozulich tocca forse i suoi picchi più alti dai tempi dei Geraldine Fibbers, la band alternative-country con la quale riuscì a scalare i vertici di un multinazionale.
E’ un blues viscerale, un lamento lirico quello che emerge dai solchi di Hello, Voyager. C’è il romanticismo selvaggio di ballate che si risolvono in ammalianti torch songs, assalti all’arma bianca saturi di elettricità come negli sfoghi della poetessa Patti Smith e del suo ‘specchio’ no-wave Lydia Lunch, c’è una camera apposita per l’improvvisazione, per la ricerca ritmica. Il profilo è alto, l’eclettismo di Hello, Voyager odora di letteratura urbana, una realtà che ti investe, che ti toglie il respiro.
Il secondo album per Constellation di Carla Bozulich è così un disco che osa, nella sua completezza, nella fattiva ricerca di un’integrità stilistica che si risolve in una invidiabile ricchezza di fondo. Uno degli apici della carriera della Bozulich, attiva da qualcosa come 25 anni nel music-biz, con la forza delle sue parole e della sua voce, che ne ha fatto una delle interpreti più originali del nostro tempo.
L’etica – sempre fortissima – della casa madre Constellation vede il materiale pubblicato utilizzando carta riciclata al 100% (per gli appassionati del vinile, questo sarà doppio e pesante, ben 180 grammi), nel classico packaging che a livello ‘estetico’ ha imposto la label tra le indipendenti guida di inizio millennio.

il disco esce in Italia il 10 Marzo


07/01/08

Hundred Points


Alessandra Celletti oltre ad essere una stimata compositrice/pianista, vanta al suo attivo una serie di prestigiose interpretazioni immortalate in studio: nei suoi precedenti album ha infatti affrontato sia il minimalismo che la classica contemporanea, passando in rassegna lavori di Glass, Satie e Gurdjieff.

Way Out è il quarto album confezionato dalla pianista a contenere unicamente materiale originale. Fa seguito ad Overground (1997), Chi Mi Darà le Ali (2006) ed al prestigioso The Golden Fly (edito nel 2007 da Kha), album che ha raccolto numerosi consensi negli ambiti accademici e non, mettendo in fila una serie di importanti lavori pianistici firmati dalla stessa Celletti. Registrato a Roma nel 2007, Way Out segna un processo innovativo nella ricerca di nuovi spunti musicali, ci sono tracce vocali cantate dalla stessa Alessandra, come brillanti composizioni soliste al piano. Nella maggior parte dei brani è assistita dal batterista Fabio Ferri, mentre i testi in inglese sono stati curati dal paroliere Renzo Pin.

Way Out è così destinato a divenire un classico album di pop futurista, grazie ad interpretazioni di rilievo e ad un approccio oltremodo maturo e progressivo alla forma canzone. Dear To Me, Burning and Hundred Points (con le animazioni video di Tony Sbarbaro, per un clip già vincitore di un award) sono le canzoni di maggior carisma, ma è tutto il disco nella sua bilanciata armonia tra composizione e melodia a conquistare.

Particolarissimi i toni di Alessandra, un vocalità sottile, morbida. Le sublimi linee percussive ed i tocchi solenni di piano esaltano il suo stato di grazia, spesso la sensazione è quella di planare, di liberarsi in aria.

Album che sposa la classicità di autori come Michael Nyman aprendo in contemporanea ad un inedito universo pop, che potrebbe essere lo stesso della più impegnata Kate Bush, della Bjork più analogica o della stessa Tori Amos.

E’ proprio con questo disco che Alessandra si confronterà in maniera decisa con un nuovo universo musicale, dopo aver sperimentato l’ebbrezza del grande schermo, firmando un brano – Gnossienne # 1 – per il film di Guy Ritchie Revolver.

Way Out è pubblicato dall’indipendente inglese LTM – che sta mettendo in circolo una preziosa serie di ristampe che vanno a scandagliare non solo l’epopea wave (i cataloghi Factory e Les Disques Du Crepuscule) ma anche il meglio della classica contemporanea (in particolare Erik Satie) – motivo che accrescerà la visibilità internazionale dell’autrice, sempre in bilico tra cultura pop e dedizione nei confronti della musica colta.

www.myspace.com/alessandracelletti

When Good Things Happen To Bad Pianos


Dopo lo splendido ritorno in scena con Songs From The Coalmine Canary dello scorso anno (la produzione curata da Antony & The Johnsons), la chanteuse americana torna con il nuovo When Good Things Happen To Bad Pianos, questa volta co-prodotto dall’amico e vecchio ‘cospiratore ’ Paul Wallfisch.

Il duo ha collezionato una serie di date sold out in giro per l’Europa – da Atene a Copenaghen, passando per il prestigioso festival di Donau in Austria – fino ad arrivare all’apparizione come support guest di Marc Almond in quel di Barcelona.

Dopo esser stata un’autentica eroina della prima scena industrial e post-punk britannica (il suo background culturale è lo stesso di Crass e Coil per intenderci) ed aver realizzato lavori di grande respiro per l’etichetta On-U Sound (in combutta con Adrian Sherwood), sia come solista che come parte del supergruppo Missing Brazilians, Little Annie risorge come
cantante dal mood dark ed etereo.
Il brano Strange Love – concepito a quattro mani con lo stesso Antony – è stato addirittura scelto per una campagna promozionale della Levi’s, che come è semplice intuire ha avuto una vasto eco a livello internazionale. Lo spot si è aggiudicato il premio ‘Best Use Of Music In Advertising’ al Film Festival di Cannes del 2006.
Il nuovo album del duo è una delle più bizzarre operazioni di restauro di classici pop. Non quelle che usualmente osereste definire cover songs, tant’è che motivi più o meno recenti vengono letteralmente sconvolti dall’interpretazione di Little Annie e Paul Wallfisch (che per i curiosi delle statistiche si incontrarono ‘artisticamente ’ per la prima volta al Joe’s Pub, di fronte ad un Dr. John totalmente estasiato). Qualche esempio? ‘I Still Haven’t Found What I’m Looking For’ degli U2 diventa un’intensa torch song, ‘Private Dancer’ di Tina Turner passa da un mood soul ad uno completamente metropolitano (la Bandez, suo cognome autentico, è intanto tornata nella sua città natale – New York – dopo ben 13 anni di esilio forzato in Inghilterra), lo standard ‘All I Want For Christmas’ – un tempo interpretato anche dalla starlette Mariah Carey – un sardonico piece da cabaret.

C’è un profondo senso di appartenenza in ognuna di queste rivisitazioni, brani che vengono nuovamente plasmati, risorgendo dagli anfratti delle meno svenevoli murder ballads. Un disco di spessore che ci consegna due interpreti protagonisti del nostro tempo.

Il disco esce i primissimi giorni di Febbraio 2008 pubblicato dall'etichetta di David Tibet (Current 93) Durtro Jnana

Little Annie & Paul Wallfisch saranno in Italia a Febbraio per presentare il disco, ecco le date:

12/02/2008 @ Sainsbury Lecture Theatre c/o The British School, Roma
14/02/2008 @ Spazio 211, Torino
15/02/2008 @ Bronson, Madonna dell'Albero, Ravenna


03/01/08

Pinch - Underwater Dancehall


‘Sono della ferma idea che la musica dubstep è stata concepita per essere ascoltata e ‘sentita’ su di un ‘grasso’ soundsystem. Gli album, a loro volta, sono intesi per una fruizione casalinga. Quando ho deciso di lavorare ad un album completo, ho pensato che una delle strade per rendere compatibile questo suono con un ascolto casalingo fosse la collaborazione e l’inserimento fattivo di alcuni vocalist. In un certo modo, non è propriamente un album dubstep, è un album ispirato dallo stesso dubstep : dal suono, dalla comunità.’

Queste sono le parole dello stesso Pinch, al secolo Rob Ellis, uno dei produttori underground più rinomati della scena inglese. Un nuovo livello di coscienza e conoscenza che si impadronisce del producer, che oltre ad immaginare lo studio come e vero strumento ausiliare (seguendo pedissequamente gli insegnamenti dei maestri jamaicani che tanto hanno ispirato le mosse del movimento dubstep), investe praticamente nuove energie sulla componente voce, creando attorno ad essa nuovi elementi performativi e d’interesse.

Un gradino ulteriore nell’evoluzione della nuova musica elettronica britannica, quella che muoveva dalle oscure frequenze della radio pirate, che si impadroniva dell’eredità dei soundsystem, che superava destra la jungle e le correnti del dopo-rave. Come accaduto in occasione di ‘Untrue’ di Burial, la voce è lo strumento principe per questa nuova emancipazione, il tratto saliente che può far lievitare - in termini di notorietà – le sorti di un genere tutto.

Juakali, Rudey Lee, Yolanda e Indi Kaur sono le quattro voci soliste che concorrono a plasmare le fattezze di Underwater Dancehall, un album che seguendo le mosse della migliore musica dub si divide – nella sua doppia durata – in vocals e versions. Perché è lo stesso Ellis che in questo esperimento a tempo – il doppio cd è ovviamente limitato – restituisce al pubblico stesso l’ultima parola: l’accorata interpretazione dei nuovi toasters o la relativa chiave strumentale.

Un cosa è certa, Underwater Dancehall è un album che parla di rinascita, di tradizioni decennali che vengono continuamente esposte alle intemperie – e agli influssi - del tempo. Nuovi codici che vivono su leggi e concezioni antiche: come l’avanzare circospetto nella fitta giungla dei suoni urbani, rispettando quelle che un tempo erano le matrici essenziali dei ritmi in levare.

Underwater Dancehall verrà pubblicato in versione doppio CD il 15 Gennaio su etichetta Tectonic