29/03/13

Penny ci accompagna nel mondo delle libraries





Sonorizzazioni, musica descrittiva, musica per commenti sonori o - in inglese - library o production music. Ovvero librerie di musica realizzata appositamente per essere sincronizzate con immagini televisive, per fare da sottofondo o intermezzo alle parole della radio e talvolta persino per sonorizzare qualche b-movie dal budget inesistente.

La library music però non è solo una sorella minore delle colonne sonore per il cinema, ma un (non) genere con una sua dimensione propria, i suoi musicisti di riferimento e la sua epoca d’oro. L’Italia in particolare è stata nella seconda metà del secolo scorso uno dei paesi europei leader (assieme all’Inghilterra e alla Francia) fra i produttori di dischi per sonorizzazioni, una tradizione musicale ed editoriale che continua anche oggi ma che ha avuto negli anni ’60 e ’70 il suo picco creativo ed imprenditoriale.
 
Un pugno di editori musicali quasi tutti di base a Roma nel quartiere Prati (dove c'erano e ci sono ancora gli uffici della RAI, a Viale Mazzini) in quegli anni ha pubblicato attraverso una miriade di etichette dai nomi strambi e dalla vita breve migliaia di album, dato lavoro e possibilità espressive a centinaia di musicisti e creato un patrimonio sonoro la cui importanza artistica ha sorpassato di gran lunga la sua funzione originale di musica “di servizio”.


Penny Records è così orgogliosa di introdurre 3 nuove pubblicazioni in una linea apposita di ristampe. Un trittico che attinge al favoloso catalogo dell’editore Flipper.



Società Malata (Sick Society) del 1975 è una straordinaria collezione di tracce sperimentali, ambient ed elettroniche, che funziona come una riflessione uditiva sulle debolezze umane ed il decadimento dell’universo occidentale. Commercialmente disponibile per la prima volta, l’album è stato recuperate dagli archivi della Flipper Music, uno degli editori di libraries più importanti in Italia e casa di etichette di culto come Octopus, Deneb, Canopo e Flower.





Pubblicato originariamente nel 1970 l’unico album accreditato ad Alessandro Alessandroni ed al gruppo vocale I Cantori Moderni, riceve oggi un trattamento di lusso e raggiunge finalmente gli scaffali di tutti i negozi specializzati. Un coro variabile dagli 8 ai 16  elementi, che metteva in fila figure a loro modo imponenti come Edda Dell’Orso (che ricordiamo anche per le numerose collaborazioni con Morricone), Giulia De Mutiis (la moglie dello stesso Alessandroni), Gianna Spagnuolo, Augusto Giardino e Franco Cosacchi. I 12 temi originali composti da Alessandroni mettono in luce le complesse armonie vocali del leggendario ensemble, che a titolo diverso ha collaborato a colonne sonore accreditate ad Ennio Morricone, Piero Umiliani e a numerosi altri compositori italiani del ventennio 60/70.







Il sassofonista e flautista siciliano Nino Rapicavoli è da considerarsi tra i più originali – e forse meno conosciuti – compositori dell’ epopea cinematografica italiana dei ‘70. Un musicista con un solido retroterra jazz, Rapicavoli è stato anche membro dell’orchestra ‘statale’ della RAI TV. Autore di una manciata di libraries a suo nome, il nostro ha sempre regalato lodevoli esempi di qualità, raggiungendo il suo apice creativo proprio in questo Divagazioni (Ramblings), un esuberante mix di jazz, easy listening e varianti prog che si distingue proprio per il gusto eccentrico italiano tipico di quella lunga e fatata stagione.




















L'eterna giovinezza degli House Of Love





E’ il ritorno a sorpresa di una delle migliori formazioni inglesi ad operare a cavallo tra anni ’80 e ’90, con quell’ ibrido di elettricità e leggerezza pop che avrebbe definitivamente imposto nuovi standard nell’economia del rock made in UK. Facendo seguito alla pubblicazione dell’omonimo album, ristampato da Cherry Red nel 2012 in un elegante box triplo con una pletora di alternate takes e inediti, gli House Of Love tornano in studio, liberi da ogni costrizione ‘mercantile’ e pronti ad esplodere tutto il loro potenziale nell’arco di 12 tracce dai toni accesi.

Un suono che non appare affatto essersi cristallizzato, se l’omonimo debutto del gruppo fu incoronato come uno dei migliori album del 1988, ‘She Paints Words In Red’ esce allo scoperto con altre dinamiche, introducendo peraltro chitarrismi molto americani, persi nella memoria di qualche solco garage-psichedelico. Gli House Of Love si presentano oggi con il cantante/chitarrista e maggiore songwriter Guy Chadwick, la chitarra solista di Terry Bickers, la batteria di Pete Evans ed il basso di Matt Jury. Cherry Red ha così investito su uno dei gruppi più originali di tutta la corrente dream pop, tanto da spronarli a supportare l’album con una serie di date selezionate in Inghilterra a cavallo tra il 3 e l’11 aprile, ma questa potrebbe essere solo la premessa ad un giro europeo più corposo.

Ascoltando il nuovo album non solo abbiamo l’impressione di una band rediviva, ma di una formazione che conscia del proprio peso storico ha saputo guardare oltre i propri dorati orizzonti. E’ tempo di tornare a sognare nella casa dell’amore.





Handsome Family: la quintessenza dell'americana





Il nuovo album della coppia – residente a Chicago - Brett e Rennie Sparks fa seguito a quell ‘Honey Moon’ che nel 2009 fece scomodare anche la bibbia dell’alternative-rock Pitchfork, non fosse altro per la capacità di  Rennie di trasformare in parole immagini vivide e quella di Brett di tradurre quelle stesse parole in un canto armonioso, convincente. ‘Wild Animals’ – ancora una volta per il marchio di fiducia Loose – si ispira mirabilmente alla tradizione orale americana. Andando a spolverare antiche memorie, con storie popolate da figure oscure e mistiche, la famiglia meravigliosa inscena un ritratto attendibile della migliore americana, tanto dal punto di vista lirico che musicale. C’è sicuramente l’influsso degli  Appalachi, del rock psichedelico, del tin pan alley e finanche della musica medievale, elementi che spingono verso soluzioni inedite la coppia, tra le più originali  nel filone dei neo-tradizionalisti.

Capaci di distinguersi in un mare di sterili esecutori, gli Handsome Family portano a compimento una crescita strutturale che pur partendo dal rigoroso utilizzo di un banjo o dall’adesione al formato della ballata vecchio stile,  prevede un originale ricorso ai campionamenti, ai loop e a tutta un’effettistica estremamente coraggiosa. Un’idea di ‘wilderness’ che pur attingendo ad immagini sbiadite e ricorrenze che si perdono nella notte dei tempi, adegua quelle sensazioni ad un tappeto musicale cangiante. Gli Handsome Family declinano in pratica la loro musica in un’encomiabile varietà di stili: pop, classic rock, countrypolitan, bossa nova, cajun e addirittura prog rock. E’ forse la pagina più alta nella loro discografia , una pennellata vecchio stile sul folk che verrà.


Torna alla carica l'ex-Dead Kennedys





Non intende certo prendere prigionieri  Jello Biafra con la sua accolita Guantanamo School of Medicine, dopo lo shock sensoriale provocato dal precedente album Shock-U-Py, palesemente benedetto dal movimento Occupy. ‘White People And The Damage Done’ (che pare una caustica rivisitazione di quel ‘Needle And The Damage Done’ di Neil Young) sin dal titolo attacca le fondamenta della casta occidentale, concentrandosi sui burattini che da secoli animano la tecnocrazia a stelle e  strisce. Dalla corruzione – ‘The Brown Lipstick Parade’ – all’inquietante minaccia delle multinazionali cristallizzata in brani come ‘Werewolves of Wall Street’ o ‘Road Rage’, passando per le icone della cultura pop destinate a lobotomizzare i lettori dei rotocalchi medi (Hollywood Goof Disease). Se i contenuti della title-track sembrano seguire le esperienze spoken dello stesso Biafra, un brano come ‘Crapture’ sembra pensato su misura per chi da tempo immemore celebra la fine del mondo.

L’attacco della compagine non prevede cali di tensione, le due chitarre di Ralph Spight (Victims Family, Freak Accident) e Kimo Ball (Freak Accident, Griddle, Mol Triffid), unitamente al basso del colosso Andrew Weiss (Rollins Band, Ween, Butthole Surfers) ed alla batteria di Paul Della Pelle (Helios Creed, Nik Turner’s Space Ritual), assicurano un costante fuoco di fila . Jello Biafra and the Guantanamo School of Medicine saranno in tour per buona parte del 2013, toccando almeno tre continenti per promuovere la scintillante nuova bestia. Non perdeteli, per nessuna ragione al mondo.







 

L'estetica solenne di Mark Nelson/Pan American





Con l’aggiunta in pianta stabile dello straordinario percussionista Steven Hess (Locrian, Innode)  Mark Nelson (già protagonista coi suoi Labradford della grande stagione rock isolazionista) torna a pubblicare a ben 4 anni di distanza dall’ultima fatica da studio ‘White Bird Release’. Col senno del poi la musica di Pan American, a partire dal debutto omonimo per Kranky, ha anticipato molte delle recenti evoluzioni in ambito indipendente, forgiando un suono algido ma dalle fattezze comunque cinematiche.

Un miracolo di astrazione, il nuovo ‘Cloud Room, Glass Room’, conferma come la sensibilità di Nelson non sia stata intaccata, rappresentando per molti versi un sinonimo di invidiabile continuità. Composizioni come suoni dispersi nell’etere, un filo logico con le tecniche del field recordings, la deriva post-industrial e le fisiologiche tecniche cut’n’paste del dub. Scivolare a profondità siderali è questa la missione di un lavoro che tra ambient e drone costruisce un ventaglio di ipotesi su ciò che verrà. Perché il post-rock cui i Labradford - e conseguentemente Nelson - venivano associati, è ora definitivamente trasfigurato.

Il disco è stato costruito durante la sortita dei due nel sud dell’Europa – con una preziosa apparizione anche nella nostra capitale -  con date selezionate a cavallo tra il 2011 ed il 2012. In pratica le nuove composizioni sono state scritte e testate nella contestuale dimensione live. Bobby Donne (Labradford, Cristal) ha suonato il basso in buona parte del disco, contribuendo a rendere ancor più credibile la dimensione live del gruppo. La capacità di lavorare dietro al banco di regia di Mark Nelson illumina il disco in ogni singolo dettaglio, amplificando le numerose trovate di un polistrumentista capace di confrontarsi ad armi pari con la tecnologia. La prova di Hess è poi strepitosa, le sue tecniche estese ne fanno un vero e proprio maestro delle percussioni.

Con ‘Cloud Room, Glass Room’ appare evidente come Pan American abbia toccato uno dei suoi insindacabili picchi produttivi.







Rebekka Karijord è la nuova stella scandinava





Spesso un’immagine si lega in maniera inconfutabile ad un suono e viceversa, il mondo del cinema e della videoarte pullulano di esempi. La musicista e compositrice di origine norvegese – con attuale domicilio a Stoccolma, Svezia - Rebekka Karijord si muove idealmente a cavallo tra elettronica, musica da camera e pop, ricordando in questa sovrapposizione stilistica affinità con le tecniche del montaggio analogico. Non a caso le sue composizioni sono state spesso selezionate da BBC ed ABC Television per molteplici destinazioni. Il brano ‘Multicolored Hummingbird’ è poi stato utilizzato per la nuova campagna della Volvo V40, offrendo così all’artista un bacino d’utenza sulla carta sterminato.

Disponibile finalmente anche per il mercato italiano ‘We Become Ourselves’ è stato già votato dal prestigioso magazine inglese Mojo, tra i migliori dischi dell’anno passato, figurando addirittura nella top 10 world music. E’ il suo terzo album in studio, dopo che i due precedenti lavori le avevano permesso di conquistare il mercato del pop alternativo scandinavo.

Suonato con una certa costanza da stazioni quali BBC Radio 2 , BBC6 ed XFM, il disco è una ventata fresca nel circuito spesso troppo asfittico dell’indie-pop. Composizioni ad ampio respiro che non rinunciano alla nobile arte della musica da camera ed alle proiezioni in slo-motion del trip-hop. Rebekka – grazie ad un ispirata vocalità – muove coraggiosamente nel solco di oltre 30 anni di musica, stuzzicando confronti importanti con Kate Bush , Florence & The Machine ed inevitabilmente Bjork. ‘We Become Ourselves’ è disco senza tempo, una ricerca profonda che non rinuncia ad interrogativi vitali sul senso ultimo della nostra esistenza. Una riflessione estesa che dal personale abbraccia poi una sfera sociale.



Back to the future con Wolf People





Jagjaguwar pubblicherà il secondo album da studio degli inglesi Wolf People, ‘Fain’, questo 30 Aprile. Registrato in una meravigliosa ed isolate casa nello Yorkshire Dales, ‘Fain’ è il suono di una band all’apice della sua potenza  creativa. E’ un lavoro per cui termini come onestà e naturalezza calzano a pennello, non fosse altro per le storie raccontate, le melodie, i temi e le strutture ad ampio respiro. L’ album stavolta attinge alle più tradizionali melodie inglesi e scozzesi, mettendo il revival folk in discreta evidenza, attraverso un’opera certosina di recupero. Ciò non allontanerà il gruppo dai suoi comuni usi, tanto che il ricorrere a chitarre fuzz appare una logica  conseguenza.

Mai come in quest’occasione le influenze del gruppo appaiono così vaste, guardando con decisione a quei gruppi britannici che avevano flirtato a più riprese con il blues: Groundhogs, Dark, Mighty Baby ed ovviamente i Fleetwood Mac di Peter Green. Ma ‘Fain’ ha anche un’anima più acustica, la stessa che si addentra nelle memorie più bucoliche dell’Inghilterra di fine 60/inizio 70. Anche qui i numi tutelari sono importanti: Fairport Convention, Nic Jones ed i Trees. C’è poi una vaga assonanza con i mistici eroi della psichedelica scandinava come Mecki Mark Men, Mikael Ramel od i più contemporanei Dungen. E paradossalmente anche qualche rimando alla loro passione adolescenziale per l’hip-hop, traslata nei break di batteria di ‘Thief’ ed ‘Athol’.

Ha piovuto costantemente durante il processo di registrazione e la casa era talmente gonfia di strumenti ed equipaggiamenti che il gruppo si è visto costretto a dormire in tende e furgoni parcheggiati all’esterno della struttura. Non c’è prezzo però per il paesaggio che si è paventato di fronte a loro, pur mantenendo una temperatura costante nella casa grazie al fuoco del camino. Una serenità che informa ogni singola traccia del disco. Gli ultimi ritocchi sono stati apportati nell’altrettanto piovosa Londra, con comparsate eccezionali per Olivia Chaney al piano e ai cori, oltre a quelle di Nic Kearey e Rachel Davies degli Stick in the Wheel e Various (XL). Jace Lasek (The Besnard Lakes) ha registrato la sua voce in maniera del tutto ‘remota’ nella sua Vancouver, per il contributo apparso in ‘All Returns’.

Come evidenziato da questo brano – che è anche il primo singolo estratto – la messa a fuoco dell’album è impressionante rispetto al suo predecessore. Quello che è accaduto a Jack Sharp (voce/chitarra), Joe Hollick (chitarra), Dan Davies (basso, voce) e Tom Watt (batteria) è qualcosa che va ben oltre al miracolo virtuale. E’ un riappropriarsi delle radici attraverso la cognizione del presente. Riscrivere dunque la storia spostando la dinamica spazio-tempo un pizzico ancora più avanti.




Akron Family ed un sublime pop orchestrale





Deve esser passato quasi un secolo da quando ho visto per la prima volta gli Akron/Family esibirsi dal vivo, in un piccolo retrobottega di un bar di Brooklyn che conteneva al massimo 20 persone. Gli Akron erano sulle sedie di un piccolo palco, corredato da festoni di velluto rosso e piccolo bulbi luminescenti da teatro. I giovani ragazzi stringevano le loro chitarre o percuotevano gentilmente la batteria a loro disposizione, apparentemente cercando di non sfaldare il loro set (circostanza che avrebbe portato a risultati disastrosi). Cavetti ed ulteriori corde attraversano le loro gambe, la loro era una delicata forma di improvvisazione e – cosa straordinaria – punteggiata da 4 meravigliose voci in armonia.

Di tempo ne è passato e ricordo di averli visti in un club europeo in cui fecero registrare il tutto esaurito. Pensai: aspetta, questi sono i fottuti Led Zeppelin! E nella mia agenda questo è sicuramente un voto di approvazione. Naturalmente non avevano nulla a che spartire con i LZ, ma qualcosa relativamente al loro impegno ed alla forza del loro suono evocava una dimensione decisamente rock, pur mantenendo un approccio avventuroso ed una tendenza a far scivolare le composizioni in una sorta di caos organizzato, per poi riportarle magicamente ad una purezza sonora istintiva. Incredibili ed anche molto divertenti.
 
Altro tempo e la loro idolatria nei confronti dei Beatles del tardo periodo è affiorata con forza, pur se filtrata attraverso le lenti di una tendenza idiosincratica a rimodellare le cose in maniera rovinosa, cambiando atmosfera o contesto all’ istante...

Con lo scorrere degli anni anche la devozione nei confronti del free jazz e della profonda   meditazione sonica sono balzate al centro, sposando sempre il loro approccio unico all’armonia vocale e a melodie franche ed affilate. Ora il gruppo continua ad esprimere il suo poliedrico approccio rock, quasi un caleidoscopio che emerge in superficie. Le influenze sono molteplici, si coalizzano per un secondo e subito dopo si dissolvono in qualcosa di nuovo ed inaspettato. Sono dei giocolieri anfetaminici  che lavorano con perizia al suono ed alle tessitura dello stesso, ma ci sono sempre quelle voci, avvolgenti come in un accogliente spazio domestico profondo.

Non ci sono comma invertiti nel mondo degli Akron Family. Loro sono dentro alla musica, la combattono, la digeriscono e poi la proiettano nell’alto dei cieli utilizzando uno spray multicolore fatto di armonie infinite ed amore.

Parole e commenti scritti in maniera random da Michael Gira degli Swans durante l’ascolto di Sub Verses, il nuovo album degli Akron Family prodotto da  Randall Dunn (Boris, Cave Singers, Sunn O))), Black Mountain). Dall’uomo che li ha scoperti e lanciati uno dei report più attendibili.



Inossidabili Meat Puppets





Vicini ad una sorta di immortalità artistica i due visionari fratellini texani tornano con ‘The Rat Farm’ a far risuonare la più originale miscela cow-punk mai messa a punto. Cris e Curt Kirkwood, oltre a rappresentare una vera e propria istituzione underground in termini di longevità, sono l’esempio tangibile di quanto la cultura del dopo-punk abbia contaminato le istituzioni mainstream. Non fosse stato per i loro rivoluzionari scatti – in combutta con altri abitanti dell’universo SST come Sonic Youth e Dinosaur Jr. – il grunge in quanto movimento non avrebbe mai spiccato il volo. Siede ora alla batteria Shandon Sahm, figlio del leggendario Doug Sahm (chitarrista e songwriter texano e membro Sir Douglas Quintet) mentre Elmo Kirkwood – figlio di Curt – è la seconda chitarra aggiunta.

‘Real blown-up folk music’ è lo stile con cui i Meat Puppets presentano la nuova fatica per Megaforce. In un brano come ‘ Leave Your Head Alone’ l’epica desertica del gruppo è riassunta in una tirata lisergica, che certo non trascura le esperienze personali dei nostri con la famiglia dei funghi allucinogeni. Nell’inferno chitarristico della conclusiva ‘Sweet’ si riaffacciano le pratiche della jam band, i Meat Puppets guardano ad occidente ed in particolar modo alle gesta di Grateful Dead e Jerry Garcia. ‘The Rat Farm’ è così un disco all’insegna della continuità, un manifesto strutturale che indaga sulla carriera del gruppo, rivelando ulteriori nuovi sviluppi. Riusciremo mai a far meno di loro?



L'album di cover dei Melvins!





Il ritorno dei Melvins
è qualcosa di davvero speciale. Con un titolo solo apparentemente equivoco come ‘Everybody Loves Sausages’, il trio ci regala un album di cover dai contorni ovviamente originali, che in 13 passi racconta il loro background musicale, riservando non poche sorprese. Il disco – fuori il 29 aprile per Ipecac – avrà anche un discreto stuolo di collaboratori, tanto per confermare la loro credibilità underground a tutte le latitudini (del suono)

"Questo disco fornirà agli ascoltatori un’idea quanto meno ampia sulle cose che ci hanno influenzati musicalmente – spiega Buzz Osborne – ci piacciono davvero tutti questi brani unitamente alle band che li hanno originariamente concepiti, tutto questo per ribadire la nostra dimensione di fans a 360 gradi". Per rendere ancor più credibile un assetto così variegato – si passa con nonchalance dall’art-rock dei Roxy Music ai padrini del black metal  Venom – i Melvins ricorrono agli interventi di amici storici, in quella che ragionevolmente può esser considerata una parata di stelle dell’universo rock più intransigente.

L’album è accreditato alla corrente formazione a 4 dei Melvins (quella che oltre agli storici Osborne e Dale Crover prevede i due Big Business Jared Warren e Coady Willis), anche se una manciata di canzoni sono state registrate dal trio Melvins Lite (con il bassista Trevor Dunn): Female Trouble (Divine, ovvero la stella/feticcio di John Waters), Timothy Leary Lives (Pop-O-Pies) e Romance By Tales of Terror (Tales of Terror). Di seguito la scaletta completa con i relativi ospiti.

1. Warhead (Venom; Guest: Scott Kelly of Neurosis)
2. Best Friend (Queen; Guest: Caleb Benjamin of Tweak Bird)
3. Black Betty (Ram Jam)
4.  Set It On Fire (The Scientists; Guest: Mark Arm of Mushoney)
5.  Station To Station (David Bowie; Guest: JG Thirlwell)
6.  Attitude (The Kinks: Guest: Clem Burke of Blondie)
7.  Female Trouble (Divine)
8.  Carpe Diem (The Fugs)
9.  Timothy Leary Lives (Pop-O-Pies)
10.  In Every Dream Home A Heartache (Roxy Music; Guests: Jello Biafra and Kevin Rutmanis)
11. Romance (Tales of Terror)
12. Art School (The Jam; Guest: Tom Hazelmeyer)
13.  Heathen Earth (Throbbing Gristle)






28/03/13

Der Kosmische Meisterwerk






Dopo l’ennesimo tour in Svizzera ed Italia, dove il chitarrista berlinese Gunter Schickert lo accompagnava in veste di roadie, Klaus Schulze produsse in Inghilterra il secondo album dei giapponesi Far East Family Band, Parallel World, che avrebbe visto la luce nel 1976. Per l’occasione Klaus invitò nuovamente Gunter in qualità di assistente da studio, rinnovando una joint-venture che sin dalla seconda metà degli anni ’60 aveva sortito grandi soddisfazioni. Non ultima la produzione dell’album di debutto di Schickert, quel 'Samtvogel' che ben si allineava alle teorie della musica cosmica.

‘The Schulze-Schickert Session’ è la logica conseguenza di questa visione artistica, una session precedentemente inedita tenutasi presso gli studi personali di Schulze, in un appartamento regolarmente attrezzato ad Hamburen (vicino Hannover). Era il 26 settembre del 1975 quando questa session prese spontaneamente il via, solidificando un incontro non solo concettuale, ma una vera e propria filosofia di vita, che non poteva certo prescindere dal fascino per le discipline orientali.

L’equipaggiamento di Schulze – che all’epoca prevedeva macchine poco meno che imponenti – fu sistemato in una delle camere dell’appartamento: potrete ascoltare l ‘EMS Synthi A unitamente al sequencer Syntanorma e ad un numero imprecisato di tastiere vintage. Gunter utilizzò la sua chitarra customizzata Framus, una dodici corde con stringhe in metallo.  Nel corso della session potrete ascoltare anche dei suggestivi vocalizzi di Schickert, che ben si accompagnano al dialogo tra i due strumenti. ‘The Schulze-Schickert Session’ non è soltanto un risultato suggestivo, questo fortunato incontro – che nella versione cd presenta due bonus a titolo ‘Spirits Of The Dead’ e ‘Happy Country Life’ – rappresenta l’essenza stessa della kosmische musik, un viaggio infinito nei meandri del subconscio.        





Ghostface Killah meets Adrian Younge





'Twelve Reasons To Die' è il nuovo lavoro di Ghostface Killah – una delle figure cardine del collettivo Wu-Tang Clan – in combutta con il compositore/produttore e polistrumentista Adrian Younge. Si tratta di un album concettuale, tanto che l’artwork che accompagna il disco non fa nulla per celarne i puntuali riferimenti alla stagione dei b-movie di genere (non ultimi quelli italiani). Il crimine unitamente all’horror sono in qualche misura l’impalcatura su cui regge il lavoro, con una serie di rimandi espliciti a temi e personaggi che hanno animato la fantasia di molti registi di grido (il pensiero è rivolto ovviamente a Quentin Tarantino).

E’ la terza pubblicazione ufficiale per il marchio dell’altro Wu-Tang RZA, la cui Soul Temple Records si sta rivelando un punto di riferimento importante non solo per gli orfani dell’hip hop moderno. RZA è anche il produttore esecutivo del lavoro il cui scopo ultimo è quello di allineare l’effettistica shaolin del classico ‘36 Chambers’ con il piglio down tempo dei Portishead e le colonne sonore più espressamente ‘rare groove’ di Ennio Morricone. .

Ghostface Killah in oltre 20 anni di carriera può anche vantare apparizioni in ‘Cruel Summer’ di Kanye West, e nella colonna sonora del film (diretto dallo stesso RZA) ’The Man With The Iron Fists’. L’ MC tocca una delle sue vette creative in questa joint-venture con Adrian Younge, le cui precedenti pubblicazioni - Black Dynamite (2009) e Something About April (2011), unitamente al recente tributo ai Delfonics – hanno messo a ferro e fuoco tutto l’universo black contemporaneo.
Tocchi di soave psichedelica, numeri in puro stile blaxploitation, riflessioni sul più cinematico sound degli anni ’70 e cenni sparsi all’italica library music  sono al centro di un disco portentoso ed immaginifico. Tra gli ospiti si segnalano Masta Killa, Cappadonna e addirittura William Hart dei Delfonics!

‘Twelve Reasons To Die’ è un lavoro che attraverso le sue peripezie strumentali riporta in auge l’essenza stessa dell’hip hop anni 90.



Due Grails in salsa hip-hop





Ben distanti dalle atmosfere plumbee ma allo stesso progressive del gruppo madre Grails (una discografia essenzialmente divisa tra Neurot e Temporary Residence) Emil Amos – che alcuni di voi avranno notato come spalla di Al Cisneros negli Om - ed Alex Hall inseguono percorsi inediti con il progetto Lilacs & Champagne, sorta di libreria dei suoni ambulante in cui convergono i loro interessi più disparati.

Il secondo album ‘Danish & Blue’ esce per l’attenta Mexican Summer, e mostra davvero una capacità di dialogo invidiabile. Completamente a loro agio nel ruolo di beatmakers, i due si calano in un ipotetico laboratorio del ritmo, prendendo a cuore le tecniche del cut-up e seguendo le indicazioni dei più notabili produttori hip-hop, ispirati da opere prime come ‘Endtroducing’ di Dj Shadow o ‘Beat Konducta’ di Madlib. Il titolo dell’album ha una radice storica: nel 1969 la Danimarca fu il primo paese a legalizzare la pornografia, dominando il mercato negli anni a venire grazie ad un approccio bizzarro che prevedeva incursioni nell’universo della commedia. Tutto ciò prima che il resto del mondo si mettesse in pari. Fedele a questa estetica il disco utilizza una serie di campioni estrapolati proprio da quei B-movie.

Conoscendo la passione smodata di Emil Amos per le libraries - soprattutto italiane - si può cogliere il senso dell’esperimento, che partendo da un estetica hip-hop/downtempo, finisce con il campionare musiche di ogni dove. Se d’improvviso vi sembrerà di ascoltare David Gilmour rapito dai Tangerine Dream, non dovrete sorprendervi, l’eclettismo e l’ironia sono proprio al centro del gioco. E lo spirito citazionista di Amos ed Hall è dei più sopraffini.



Un mondo (h)eliocentrico





Dopo un viaggio interstellare come 'Out There' e la collaborazione non meno eclatante con Mulatu of Ethiopia, gli Heliocentrics liberano finalmente la loro seconda creatura da studio, reclamando una leadership prossima all’assoluto nel circuito delle musiche ritmiche. ‘13 Degrees of Reality’ è così la loro epica visione funk-psichedelica, una finestra aperta sulle disparate influenze – latine od africane che siano – che da sempre hanno illuminato il percorso del gruppo. Se l’impressione di ascoltare un Jimi Hendrix spostato di peso dal palco di Woodstock ad un qualche villaggio nigeriano è forte, va presa in considerazione anche la fusione latino/digitale di ‘Descarga Electronica’, un prodigio sonoro che sfida tra la giungla spaziale di Jean Jacques Perry e l’Oliver Nelson più sperimentale di ‘Skull Session’.

Per ascoltare una delle loro tirate funk bisogna avvicinare la puntina a ‘Wrecking Ball’ sorta di singolo apripista dal piglio francamente devastante. Non è un caso che gli Heliocentrics abbiano conquistato personaggi in vista come Madlib (con cui il batterista/leader Malcom Catto ha collaborato al progetto Yesterdays New Quintet), DJ Shadow (con cui hanno suonato sia dal vivo che in studio), Quantic e lo stesso ambasciatore del jazz etiope Mulatu Astatke.

L’universo degli Heliocentrics è realmente cosmopolita, la collaborazione con un altro etno-musicologo come Lloyd Miller, ha contribuito ad espandere ulteriormente i loro orizzonti, facendone una delle macchine strumentali più affidabili in circolazione. La chitarra fuzz di Owusu, gli impossibili ritmi sincopati di Catto e le circolari linee di basso di Ferguson sono le costanti di  ‘13 Degrees of Reality’ un disco che accompagnerà i vostri voli pindarici per buona parte di questo 2013.


L' Italian Records in un box imperdibile





Un evento, senza mezzi termini. In un cofanetto di cinque cd comprendente un booklet di ben 112 pagine la dettagliata storia - attraverso la serie di 45 giri pubblicati cronologicamente dal 1980 al 1984 – dell’etichetta indipendente bolognese, vera e propria istituzione nazionale che avrebbe dato i natali ad alcune delle più innovative realtà della stagione new wave. Da un progetto del deus ex-machina Oderso Rubini, un box che mette in fila tutte le pubblicazioni in formato sette pollici dell’ etichetta, capaci di infiammare una scena in grande fermento. Da future stelle del firmamento dance come Gaznevada ad icone ‘diverse’ del pop italiano come Johnson Righeira e Freak Antoni, passando per l’ art rock di Art Fleury, le invenzioni de-strutturate di Stupid Set e le alchimie strumentali di Confusional Quartet. Indispensabile è l’attributo più consono che si possa attribuire ad un prodotto/feticcio del genere.

TRACKLISTING:
CD1: 1. GAZNEVADA - Nevadagaz 2. GAZNEVADA - Blue TV Set 3. CONFUSIONAL QUARTET – Volare 4. CONFUSIONAL QUARTET Nedbo Zip 5. LUTI CHROMA Siamo tutti Dracula 6. LUTI CHROMA - La Bambolina 7. 451 - Io ho in mente te 8. 451 - New Wave Rho 9. ART FLEURY - L’overdose 10. THE STUPID SET - Hello I Love You 11. THE STUPID SET - Relaxin’ 12. THE STUPID SET - S.W. Digestion 13. THE STUPID SET - r.i.t.a.h. 14. JOHNSON RIGHEIRA - Bianca Surf 15. JOHNSON RIGHEIRA - Photoni 16. BILLY BLADE & THE ELECTRIC RAZORS - I See My Baby Standing on a Plane 17. PALE TV - Night Toys 18. PALE TV - B&W Television Shock Show 19. GAZNEVADA - Ragazzi dello spazio 20. GAZNEVADA - Dolly

CD2: 1. I NUOVI ‘68 - Il Governo ha ragione 2. I NUOVI ‘68 - Bambini 3. I NUOVI ‘68 - Negro 4. THE GENUINE ROCKERS - Non salutare chi non ti ama 5. THE GENUINE ROCKERS - Mica Male (Not Bad) 6. I RECIDIVI - Il Mondo sta finendo (Sbobba psichedelica) 7. I RECIDIVI - Capelli Dritti 8. I RECIDIVI - Datemi un letto per morire 9. ASTRO VITELLI & THE COSMOZ - Love in Portofino 10. ASTRO VITELLI & THE COSMOZ - Arrivederci Roma 11. HOT FUNKERS - Ieri (Yesterday) 12. HOT FUNKERS - Posso farlo ovunque 13. CONFUSIONAL QUARTET - Pronipoti 14. CONFUSIONAL QUARTET - Pubblicità 15. CONFUSIONAL QUARTET - Audace 16. CONFUSIONAL QUARTET - ??? 17 CONFUSIONAL QUARTET - Riffs 18. GAZNEVADA - I.C. Love Affair 19. GAZNEVADA - Agente Speciale 20. THE ELEPHANT MEN - Hard Spleen Theme 21.  THE ELEPHANT MEN - Titles Song

CD3: 1. N.O.I.A. - Stranger in a Strange Land 2 N.O.I.A. - The Rule to Survive (Looking for Love) 3. GIANNI PETTENATI - Bandiera Gialla 4. GAZNEVADA - Special Agent Man (male version) 5. GAZNEVADA - Special Agent Man (rap version) 6. HI-FI BROS - The Line 7. HI-FI BROS - Punto Amaro 8. N.O.I.A. - Do You Wanna 9. N.O.I.A. - Stay With Me 10. THE STUPID SET - Don’t Be Cold (In the Summer of Love) 11. GAZNEVADA - Ticket to Los Angeles 12. GAZNEVADA - Macho’s Love on the Rock 13. N.O.I.A. - Try & See 14. N.O.I.A. - True Love 15. PAUL SEARS - The Spirit of the Age

CD4: 1. KIRLIAN CAMERA - Blue Room 2. KIRLIAN CAMERA - Call Me 3. DIAFRAMMA - Pioggia (albori) 4. DIAFRAMMA - Illusione ottica 5. RATS - Skizo 6.  RATS - Pill 7. 01001101010111001010 (CANCER) - Naonian Style 8. 01001101010111001010 (CANCER) - 001010010101 9. CLITO - Se la vita è faticosa  10. CLITO - Giangol 11. NEON - Lobotomy 12. NEON - Last Dance (Instrumental) 13. FRIGOS - Pennsylvania Rain 14. O-ZONE - U.R.O.K. 15. THE STUPID SET + ENRICO SEROTTI - Mumble Rumble 16. THE STUPID SET + ENRICO SEROTTI - Hear the Rumble

CD5: 1. WIND OPEN - Wind Open Rock 2. WIND OPEN - Lunedì mattina presto 3. CIGARINI, ORLANDO, SEROTTI - Fismimi 4. CIGARINI, ORLANDO, SEROTTI - Ohna Khmee 5. ALPHAVILLE - Mitchum 6. ALPHAVILLE - Djeddah 7. CAFE’ CARACAS - Tintarella di Luna 8. CAFE’ CARACAS - Say it’s All Right Joy 9. TATI’S LOVERS - Sweet Words 10. TATI’S LOVERS - Falling Leaves 11. THE SURPRIZE - Nu-Clear Dance 12. THE SURPRIZE - Empty House 13. CENTRAL UNIT - Saturday Nite 14. CENTRAL UNIT - Beset City BONUS TRACKS: 15. FAWZIA - Please Don’t Be 16. JOHNSON RIGHEIRA & FREAKANTONI - Bianca Surf
















19/03/13

I Neon Neon omaggiano Feltrinelli





Neon Neon (Gruff Rhys, già voce dei Super Furry Animals, ed il produttore Boom Bip) presentano il loro nuovo album ‘Praxis Makes Perfect’, un concettuale tour de force tra power pop ed italo disco, ispirato dalla carismatica e rivoluzionaria figura dell’editore italiano Giangiacomo Feltrinelli. Nato in una delle famiglie italiane più agiate, Feltrinelli è stato un prezioso attivista della sinistra, con forti connessioni a personaggi imponenti quali Che Guevara e Fidel Castro. Ha pubblicato alcuni dei più grandi lavori letterari del ventesimo secolo come ‘Il Gattopardo’ – in assoluto uno dei volumi di narrativa più venduti nella storia dell’editoria italiana – ed il ‘Doctor Zivago’ un capolavoro censurato, riportato all’attenzione del grande pubblico dallo stesso Feltrinelli che ha rischiato la sua incolumità importando il manoscritto dall’Unione Sovietica.

Feltrinelli è morto in circostanze sospette nel 1972, ma il suo lascito è nell’industria del libro, con la fondazione della celebre catena ‘La Feltrinelli’. ‘Praxis Makes Perfect’ è una sorta di biografia tradotta in musica, un’esistenza intensa commentata attraverso le lenti colorate del songwriter Gruff Rhys e dell’ arrangiatore  Boom Bip. Un percorso a tappe che si sofferma sul modesto stile di vita del nostro (The Jaguar), sul suo credo politico (Dr Zhivago, Hammer & Sickle), i celebri scatti di una partita a basket con Castro (Hoops with Fidel) e tutte le idee dai lui stesso incoraggiate attraverso pubblicazioni davvero importanti (Listen To The Rainbow). Registrato tra Galles, California ed Itala, il disco si inserisce musicalmente nel solco del precedente ‘Stainless Style’ del 2008, lavoro a sua volta concettuale ed incentrato sulla figura del motociclista John DeLorean. Gli ospiti di questo sequel sono a loro modo roboanti, soprattutto per chi ha seguito le vicende del pop nazionale. Aldilà delle presenze di Josh Klinghoffer (attuale chitarrista dei Red Hot Chili Peppers) e Cate Le Bon (cantautrice di Cardiff) gli altri personaggi chiave vanno individuati in Sabrina Salerno (proprio lei, l’esecutrice del tormentone ‘Boys’) e nell’attrice Asia Argento. La Salerno duetta con Rhys nel brano Shopping (I Like To), una celebrazione ‘virtuale’ dell’impero letterario messo in piedi da Feltrinelli. Gli interventi spoken di Asia Argento si materializzano anche in una lettura della biografia ‘Senior Service’ curata dal figlio Carlo, il libro che ha praticamente ispirato la stesura di  ‘Praxis Makes Perfect’.

Gruff Rhys e Boom Bip si uniranno al National Theatre Wales per presentare in esclusiva l’album e creare un originale live show destinato a ridurre i confini tra l’universo pop e la performance teatrale.