28/11/08

Tour italiano per Wildbirds & Peacedrums


Dalla Svezia una delle novità più interessanti del panorama musicale europeo. Voce e batteria, per una band capace di mescolare folk, soul, blues e free music come pochi sanno fare. Il loro esordio 'Heartcore' è tra le gemme indiscusse del 2008.

Da non perdere, dal vivo in Italia:
Stasera (28 Novembre) al Magnolia di Milano, domani 29 Novembre all'Init di Roma e il 30 Novembre al Velvet di Rimini.


'Duo svedese dal suono pop minimale, tra blues, jazz, folk e pop. Sorprende la voce di Mariam Wallentin: una forza della natura.' 8Recensione boxata su Jam di maggio, 4 stelle) 'Già a buon diritto tra le pagine di più pura e perfetta bellezza che potrà regalarci il 2008'. (Blow Up)

'Capaci di rapire con ballate folk eteree, tambureggianti blues sui generis, romanticismo pop e un senso tangibile di energia quasi primitiva.' (Rumore)

'...Wildbirds&Peacedrums, coppia di musicisti realmente fuori dagli schemi senza voler risultare alternativi per forza...il perfetto esmpio di come la contaminazione sia l'arma in più per realizzare, nel terzo millennio, musica destinata a rimanere...' (Il Mucchio)

'Essenziale, perchè tutto gira tra le corde vocali di Marias e le percussioni di Andreas; sofisticato, perchè subito sotto si scoprono un'infinità di suoni che portano la mente lontano in luoghi meravigliosi e sconosciuti.' (Beat Magazine)

'La musica di Heartcore ...fonde elementi di blues, jazz e folk e pop in un'attitudine spontanea e improvvisativa che miscela purezza e istinto animale, innocenza e ferinità con esiti talvolta sorprendenti...i due riescono a creare atmosfere ancestrali e magiche, capaci di trasportare l'ascoltatore in una dimensione fuori dal tempo.' (Jam)

Zomby - Where were you in '92?


Werk Discs è lieta di presentare l’album di debutto di Zomby, astro nascente della scena dubstep al tramonto di questo 2008. Where Were U in 92 ? è come un fulmine a ciel sereno, un mixtape fatto di piccoli capolavori ritmici sommersi. Questo è il biglietto da visita di un’artista che ha scosso dalle fondamenta l’intera scena dance/elettronica continentale. Non aspettatevi però un amorfo omaggio ai tempi ed ai modi che furono, perché Zomby ha tutto l’interesse a riattualizzare il sound del dopo-rave con il necessario gusto ed aprendo a scampoli di modernità. Disco dall’alto tasso energetico, dove il beat è spesso spezzato, in onore alla scena garage/2 step che ha fatto il bello e cattivo tempo nell’Inghilterra di inizio decennio. Prima la jungle, poi il drum’n’bass, il grime ed immediatamente a ruota il dubstep. Se un neologismo come bass rave potesse aver mai ragione d’esistere, Zomby impersonerebbe il ruolo di pioniere di quest’altra sensazionale creazione ritmica.
Prestando fede al suo nomignolo, Zomby compare dal nulla ed all’anagrafe risulta già defunto. Le sue prime uscite erano già gettonate da Mary Anne Hobbs che dalle frequenze di Radio One – ed all’interno dello show Breezeblock – promuoveva senza mezzi termini il produttore inglese. Da lì è immediato il riconoscimento dei più noti dj e network internazionali: Kode 9 (Londra), Sinden Kiss FM (Londra), Skream (Londra), Erol Alkan (Londra), Laurent Garnier (Parigi), Drop The Lime (New York), DJ/Rupture (New York), Tayo Kiss FM (Londra), Diplo (NYC), Richie Vibe Vee 1XTRA (Londra), DJ Chef (Londra), Toddla T (Sheffield), Oneman (Londra), DJ Maxximus (Berlino), Blackdown (Londra), Bok-Bok & Manara (Londra), Modeselektor (Berlino), Rob Da Bank (Londra), etc. Amatissimo anche negli States, dove gira con allarmante frequenza, Zomby è riconosciuto oltreoceano come uno dei selecter principe di uno stile che coniuga la Chicago house con i più contemporanei fermenti ritmici inglesi. L’album per Werk è seguito a stretto giro dal doppio dodici pollici inedito per Hyperdub, che vira verso una sorta di funk digitale davvero marziale.

Xela - In Bocca Al Lupo

John Twells oltre a specchiarsi nel nome d’arte Xela è anche direttore artistico e proprietario dell’etichetta Type. Il suo approccio musicale guarda ben oltre gli steccati del genere elettro-acustico, incorporando spesso e volentieri elementi estranei, che danno una dimensione molto ampia del suo soffio artistico. Piuttosto che citare compositori moderni, o prodigiosi interpreti del verbo digitale, John Xela guarda con spirito del tutto avanguardista alla musica sacra e al cinema. Mettendo a nudo le sue influenze, non perde occasione di citare Dario Argento, Lucio Fulci, George Romero, Umberto Lenzi, John Carpenter e Lamberto Bava, registi che hanno sempre valutato fondamentale l’idea di ‚suono’ nelle loro pellicole. Questo passaggio è stato evidente nel suo penultimo album da studio The Dead Sea, macabra discesa nei meandri del soundtrack horror, grazie ad un’efficace produzione strumentale in grado di citare ambient siolazionista, spettrale folk music ed elettronica ante-litteram. Da qualche parte tra gli scenari retro-futuristi del BBC Radiophonic Workshop e la cosiddetta grey area (altro modo per indicare le culture ‚industriali’ di inizio 80, sulal falsa riga dell’omonima collanana Mute).
Ancora più immerso in questi magmatici scenari è il nuovo cimento da studio a titolo In Bocca Al Lupo, quasi un eufemismo se pensiamo alle sinistre atmosfere evocate dal solo John. Nel particolare si tratta di una composizione di 60 minuti concepita per un’ orrorifica installazione in quel di Chicago. Per giungere alla definizione di questo tema, Xela ha spesso visitato le antiche basiliche e cattedrali italiane e spagnole, per scorgerne nell’architettura ulteriori elementi di ispirazione.
E’ evidente come questo album sia ulteriore sforzo nella definizione di un genere proprio, atipico, dove in completa assenza del ritmo, si spolvera tutta l’inventiva del mezzo analogico, delle sue remote possibilità e della potenza descrittiva della musica in sé. Un suono che sicuramente non può prescindere dagli oscuri scenari in cui è concepito, un cinema per le orecchie, un’acquatica sala degli orrori. Rievocando in parte la morte statica del David Lynch di Eraserhead come le pieghe più rarefatte dei nuovi terroristi sonici – leggete alla voce Wolf Eyes, Hair Police e Yellow Swans – Xela ci consegna con In Bocca Al Lupo il definitivo – e sprezzante – manifesto horror di questo decennio.

Viva In The Red!


E’ stato un anno intenso per
In The Red, in assoluto uno dei più memorabili, la testimonianza definitiva di un marchio che ha saputo imporre nuovi dettami nelle basse sfere della scena underground internazionale. Facciamo ordine. C’è una sorta di figliol prodigo che torna alla base con un atipico jukebox: Jon Spencer, ovviamente accompagnato dalla fida Blues Explosion. Di contro un altro enfant prodige dal carattere piuttosto riottoso che di nome fa Jay Reatard, ora destinato a scalare le classifiche indipendenti forte di un accordo con Matador. Ma ve lo diciamo noi, il doppio antologico pubblicato da In The Red è la sua cosa più graffiante: come i Wire e gli Stranglers a braccetto in direzione Back From The Grave e Pebbles. Poi altre ragazze riottose. Tre per l’esattezza, si chiamano Vivian Girls e sono già un fenomeno mediatico. Tra shoegaze ed attitudine lo-fi, il più fresco e roboante pop che avete ascoltato in stagione.
E ancora, l’uomo che dalla Motorcity – Detroit – ha fatto sì che soul e garage rock convergessero in un’unica direzione: Mick Collins. L’ennesima sortita con una rinnovata versione dei Dirtbombs in We Have You Surrounded è roba destinata a cultori e profani. Del resto è stato proprio il frontman di colore a suggerire due fondamentali ad un personaggio come Jack White Stripes.

Le sorprese non finiscono qui, tanto che l’etichetta ci riserva una coppia di uscite proprio sul filo di lama, anche per mettere in difficoltà i rigorosi osservatori dell’underground occidentale. I Mystery Girls sono il lato più gentile della faccenda, hanno iniziato nella natia Green Bay, Wisconsin, poco più che teenagers. Il loro terzo album – Incontinopia – è stato registrato un paio di anni fa e come i vini di buona qualità è rimasto in cantina, a macerare. Ed il suono vintage della band non ha fatto altro che risentirne, benevolmente. Dosi massicce di garage-punk ed r&b, con un tocco di psichedelia, a rendere ancor più fascinose le loro evoluzioni. Spicca in particolare la voce di Casey Grajek, roca e genuinamente blues. Le chitarre di Jordan Davis e Mount Mathieu D'Congo' duellano come nella miglior tradizione di MC5 e Yardbirds. Elementi che fanno di Incontinopia un classico a tutti gli effetti.
Per cinque ragazzi dalle facce pulite abbiamo un corrispettivo più selvaggio, provenienza Inghilterra. Si chiamano Black Time, sono londinesi e da anni sono il terrore dei benpensanti. Almeno coloro che amano crogiolarsi tra sonorità morbide e gentili. Sono una macchina dal vivo, rodatissima, forti di numerosi tour in giro per gli States ed il vecchio continente. Terrore e sgomento. Se volete vederla in questi termini. Eppure questo barbaro garage affogato nel vetriolo farà la gioia di tutti gli oltranzisti. Double Negative è la nuova fatica del trio composto da Lemmy Caution, Janie Too Bad, e Mr. Stix. Se siete abituati al clima teso ed orrorifico delle raccolte Back From The Grave od ai temibili jukebox allestiti dai Cramps, troverete pane per i vostri denti. Il loro immaginario si rifà opportunamente a ricordi fumettistici e cinematografici che odorano di serie b. Una band rock adorata da Ed Wood, nel gioco delle ipotesi. Sono forse l’ultima frontiera del rock’n’roll più animale. E l’apprezzamento dei media specializzati non manca: ‘brani suonati e registrati con una finezza tecnica che fa assomigliare Billy Childish a David Gilmour’ (All Music Guide). Amen.

27/11/08

ANATHALLO - Canopy Glow (Anticon Records)



A volte i miracoli hanno la forma di canzoni celestiali. E sappiamo come nella storia della musica popolare sono spesso le melodie ad iscrivere un’artista direttamente nel mito. Matt Joynt ed Erica Froman arrivano da Chicago, Illinois e sono il nucleo di Anathallo, band che sancisce in maniera inequivocabile il binomio Anticon = contemporary indie music. Sapori sixties e neo-psichedelia si insinuano nelle maglie del brano d’apertura Noni's Field ipotizzando un duetto a distanza tra lo spirito santo Brian Wilson ed il figlio Panda Bear. Aldilà dei paragoni altisonanti il secondo album di Anathallo è un caleidoscopio indie, che ci lascia ancora ben sperare sulle sorti della più viscerale ed artistoide pop music. Un inno alla vita, consideratelo come tale.

Sono sinfonie tascabili quelle ideate dai due, armonie preziose che si insinuano su deliziosi corpi percussivi. La veste di polistrumentisti consente alla coppia di cambiare spesso ruolo, approcciando con confidenza elementi acustici e digitali utilizzando sì moderne tecnologie, ma con un innato gusto vintage. Ecco perché queste melodie vi faranno pensare ad un qualche residuato bellico pop psichedelico, magari ibernato e riportato a noi attraverso un tunnel dei desideri.

Canopy Glow è così un disco poetico e profetico, illuminato dai raggi di un ottimismo cosmico. La rinascita artistica di Anticon passa direttamente da Anathallo, tappa decisiva verso riconoscimenti globali.

http://www.myspace.com/anathallo

26/11/08

Tenebrous Liar



E’ l’esatto momento in cui ci si avvicina al collasso, quando le corde della chitarra grondano sangue, quando il rock diviene esercizio trasfigurato, lavoro sporco per mendicanti dell’anima, tenebrosi e loschi figuri che vanno a scandagliare nella più tetra coscienza. Il leader dei Tenebrous Liar Steve Gullick non riesce certo a nascondere il senso di pericolo celato tra le note della musica della sua band, del resto da una persona così abile nel riprodurre immagini (Steve è stimato fotografo, richiesto anche dai gruppi indie più à la page) non potevamo che attenderci figure spettrali, grottesche. Un senso di dramma e di combattimento interiore contraddistingue l’opera della band inglese, che sotto la protezione artistica della Tenor Vossa (il marchio di proprietà dei Breathless) lancia il suo disturbato segnale in feedback al mondo intero. Steve Gullick ha lavorato per buona metà degli anni ‘90 al servizio del Melody Maker, forte della sua professionalità ha avuto modo di incrociare alcune delle più influenti realtà d’oltreoceano. Condizione che umanamente ed artisticamente ha finito con l’influenzare il nostro, al momento del battesimo di fuoco coi suoi Tenebrous Liar. Il gruppo che viene alla luce nel 2004, location East London, in un loft che prima era un autentico deposito di riviste e pubblicazioni indipendenti (Steve con gli amici di sempre non ha mai abbandonato la sua passione per la fotografia e la comunicazione, dando vita ad ulteriori magazine e progetti grafici). Ad assisterlo nelle sue prime invettive sonore è James Johnston (leader dei Gallon Drunk e cospiratore nei Bad Seeds), ma presto le collaborazioni di Steve assumeranno toni sempre più profondi e magnetici. Di recente lo ricordiamo protagonista col gruppo aperto Soulsavers, lo stesso che si è servito dei prodigi di Mark Lanegan.

La storia dei Tenebrous Liar si fa ancora più intrigante in tempi recenti: dopo tre album per Fire Records arriva la nuova pubblicazione per Tenor Vossa. "Last Stand" è un cacofonico album di blues rock striato di venature soul. Solenni marce funebre che odorano di accorata disperazione metropolitana. Il taglio è severo, queste chitarre gracchianti graffiano come artigli affilati. C’è tutta un’estetica rock da serie B, corpi mutanti nell’oltretomba sonoro. Se vi diciamo che i nostri hanno aperto le recenti date inglese di Nick Cave e Bad Seeds non farete davvero fatica ad immaginare questa combustione artistica. I Tenebrous Liar sono il risveglio della più malsana filosofia rock, un alveare di tendenze spiritate, luogo per celebrare la caduta degli ultimi dei noti.

If Leonard Cohen brings a smile to your face and you are partial to a bit of low-fi then Tenebrous Liar is the band for you”
 THE SUN



Imagine Lift To Experience stuck in the eternal damnation their songs tried to escape from, but with a result more ashcan reality than spiritually vivid”
 DROWNED IN SOUND



"Tenebrous Liar purvey a dark, doomed and deliciously damaged style of cosmic/ambient rock melancholy, which is nevertheless hugely uplifting" 
TIMEOUT



“Ultimately, this debut occupies a murky place in a collective musical psyche that may make your stereo frown. It1s not pretty, it1s largely devoid of hope and direction, yet crucially - it still has the power to uplift. It1s really good” 
MOJO


Lord OF £ 39

Aldilà dei sinistri volti incappucciati e della cultura chimica (avete presente le storie di Irvine Welsh?) che da sempre ne ha contraddistinto le abitudini, la scena rave è in realtà riuscita ad imporsi sulla distanza, mutando necessariamente corpo e andando ad informare una cultura musicale relativamente giovane come quella del dubstep. Neil Landstrumm - che proprio incappucciato adora farsi ritrarre – opera in questo ambito di confine sin dal 1994; nonostante il suo nome d’arte parli nordeuropeo, il nostro si colloca tra le figure più rappresentative della scena dance underground britannica. Tanto da aver inciso per alcune delle etichette simbolo dell’area, come Peacefrog e – attualmente – Planet Mu. Per nulla trascurabile anche la sua sortita per la tedesca Tresor, capace di proiettare musica trance ed acid house verso nuovi lidi. Dopo il debutto per l’etichetta di Mike Paradinas con Restaurant of Assassins, per Neil è stato logico abbracciare un nuovo verbo ritmico, che oltre alle primordiali influenze techno prevedesse elementi di dub, breakbeat e Miami bass. Tutto questo per definire un nuovo corpo e fare definitivamente breccia nei cuori dei più spregiudicati ascoltatori di alternative dance, fermo restando il supporto incondizionato di BBC, con i suoi programmi di genere, Kiss FM e Radio 1 (lo show definitivo di Mary Anne Hobbs).

Con Lord for £ 39 Neil amplia se possibile il suo raggio d’azione, puntando in maniera prepotente anche sull’elemento vocale, chiamando a sé, mc e vocalist di rinomata fama. Carlton Killawatt, Ebola e Si Begg sono i nomi su cui si punta, per offrire un flavour più prossimo all’hip-hop stradaiolo. Ora la collisione di stili è totale, Lord For £ 39 è la summa dell’elettronica più borderline: dall’abstract funk al two step, dal grime al garage, un distillato di tutto quello che è comunemente detto urban. Mescolando le più precise tecniche digitali con il culto per le apparecchiature vintage, il nuovo cimento di Neil Landstrumm rilancia prepotentemente le quotazioni del nostro, per destinazione erede di figure cardinali come Aphex Twin e Squarepusher.

La tracklist:

01 TRANSMISSION (WITH SI BEGG)
02 EASTER KRUNK POWER
03 SHIT DADDY BASS (WITH CARLTON KILLAWATT)
04 OLD RABBITS
05 LITTLE HELP FROM RUSTIE (WITH TOBIAS SCHMIDT [S.E.S.])
06 DIRTY BUTCHER
07 THE KING OF MALTA
08 £ 20 TO GET HOME (WITH SI BEGG)
09 CATEGORY D
10 THE DOSE (WITH EBOLA)
11 NIKE VOLUME (WITH PROFISEE)
12 WITCHES BUTTER
13 MASK OF MUSK
14 ROSS KEMP AS PIXEL

25/11/08

Jimi Tenor & Kabu Kabu - 4th Dimension

Benvenuti a bordo, la corsa a rotta di collo sulle montagne russe (rollercoaster) – citazione libera da Total Devastation, uno dei suoi singoli più in voga ai tempi della Warp – assieme al più esotico musicista nord-europeo può avere inizio.
Finlandese doc e proprietario della preziosa indipendente Sahko Recordings – che finalmente ne diffonde in esclusiva il verbo – Jimi Tenor non ha davvero paura di bruciarsi. Perché a differenza della glaciale elettronica o del pop algido prodotto in patria e nei paesi adiacenti, lui ha scelto il sole, la brillantezza, un orizzonte luminoso. Una progressione straordinaria: l’invadente presenza nel circuito della club culture patrocinato dal marchio Warp, le delizie per fiati e big band negli album pubblicati con Crippled Dick Hot Wax, l’immersione totale nel calderone della black music dei giorni nostri. E’ una quarta dimensione che più che attivare varchi futuristi, riporta in auge le sonorità e la cultura nera dei tardi 60/primi 70, mostrando però un upgrade notevole nei confronti delle correnti tecnologie.
Si rinnova la collaborazione con il gruppo di musicisti dell’Africa occidentale Kabu Kabu – ora residenti in Germania – in quella che è un immersione nei luoghi del mito. Africa, ma anche America. Perché il legame spirituale è così evidente. Il trepidare dell’afro-beat, ma anche il respiro spaziale e cinematico di grandi compositori quali Sun Ra, Charles Mingus e Lalo Schifrin. Meno concentrato sul suo ormai caratteristico timbro vocale, Jimi si mostra polistrumentista abile e spregiudicato, sfoggia il suo repertorio con armi affascinanti quali il sax tenore, il flauto ed il sintetizzatore. Mystery Spot - che apre l’album – è una baldanzosa festa afrobeat, come si conviene ai migliori Fela Kuti e Tony Allen. Lo stesso dicasi per Grind e Me, I Say Yes. Spiccano però gli arrangiamenti fiatistici e l’approccio poliritmico che se possibile spostano ancora di più il tiro verso le volte celestiali dell’Arkestra e del suo vate Sun Ra. Altrove anche un vento jazz-rock e qualche ‘sinistro’ arrangiamento progressivo indicano la strada al nuovo Jimi, addirittura in rotta di collisione coi Goblin del benemerito Simonetti. Anche la forte propensione tribale parla una lingua universale, riportando alla luce – nei modi – l’impeto di alcune tribù africane, spesso immortalate in leggendari field recordings (pensiamo alle serie tematiche di Nonesuch, Folkways ed Ocora).
Ancient to the future, il motto è dell’Art Ensemble Of Chicago, d’accordo, ma Jimi Tenor sembra farne proprio una ragione di vita, col nuovo – superlativo – 4th Dimension.

Asobi Seksu


Uscirà il 16 di febbraio il nuovo album dei newyorkesi Asobi Seksu, titolato "Hush". Il duo composto da James Hanna (chitarra/voce) e dall'affascinante Yuki Chikudate (voce solista e tastiere) si è fatto portavoce del suono shoegaze oltreoceano, raccogliendo peraltro ottimi riscontri e stringendo una solida alleanza con una delle migliori indipendenti inglesi: la One Little Indian.

Ad un primo ascolto possiamo notare come il pop lisergico della coppia abbia subìto una certa accelerazione, risultando per certi versi più nerboruto e violento. Più prepotente anche l'uso della componente elettronica, nella fattispecie dei sintetizzatori analogici che rendono così vintage la loro musica. "Hush", che è il terzo album del gruppo, vive anche su una visione chimica, tanto che le atmosfere evocate da "Blind Little Rain" ci portano idealmente nel campo tanto congeniale al primo Brian Eno solista. Proprio quei giochi tra silenzio ed effettistica ante-litteram onorano il percorso emotivo ed estetico dell'ex Roxy Music.

Ragazzi prodigio stando alle loro stesse ammissioni (Yuki si esibiva in importanti manifestazioni teatrali già alla tenera età di 8 anni, mentre Hanna nella sua adolescenza si divideva tra il culto per certo hardcore e l'innata passione per i Mogwai), i nostri incrociarono le loro strade una volta giunti alla Manhattan School of Music. Solo in quel momento le loro prospettive furono chiare.

"E' stato positivo essere impegnati musicalmente tutto il giorno, tanto che molte delle band in cui ho militato in passato erano propense a provare unicamente di sabato" spiega Hanna, chitarrista con insegnamenti classici alle spalle "Suonare la musica di altri mi ha fatto sentire come un robot per un certo periodo a ben pensarci."

"Sono riuscita a raggiungere il diploma quasi per miracolo," aggiunge Yuki. "Mi piace suonare il piano, ma le tre ore di training giornaliero mi hanno mandato letteralmente in crisi."

Chiusa la parentesi scolastica, Hanna inizia a lavorare a sofisticati brani dream pop, appellandosi a Yuki per il ruolo di front-woman. Il problema semmai era quello di allestire una band vera e propria, capace di imbarcarsi in tour e sostenere tutte le attività promozionali del caso. Dopo una serie di tentativi ed una coppia di album recepiti con entusiasmo dalla critica, sul finire del 2006 Asobi Seksu diviene un duo a tutti gli effetti.

"Il nuovo disco è stato lavorato mentre ci sentivamo fisicamente distrutti" così spiega Hanna. Circostanza insolita, se pensiamo che tutto l'album è circondato da un effetto fenice, una vibrazione positiva che indica anche un nuovo corso; tanto che in brani come "Me and Mary", "Sing Tomorrow's Praise" e "Glacially" potrete ascoltare un fuoco chitarristico ad oggi assolutamente inedito per Asobi Seksu. Ed è evidente anche la distanza presa dal revival shoegaze, nonostante le affinità pubblicamente ammesse nel recente passato. Hanna e Yuki sono così ossessionati dall'idea del suono da esplorare che certo non intendono abbandonarsi ad un'idea esclusiva. Il segreto è nelle dinamiche e nell'utilizzo dello spazio. E' cresciuta l'abilità in veste di arrangiatori, i nostri possono districarsi tra un muro del suono come abbandonarsi a gentili atmosfere, scrollandosi di dosso definitivamente il fantasma di Kevin Shields.

21/11/08

Just Aint Gonna Work Out - The Weekend Tune



Ladies & Gentleman let me introduce you:

Mayer Hawthorne & The County

Hart Gore - Mean Mans' Dream



Per chi vi ha assistito alle loro performance dal vivo sono un ricordo indelebile, nonostante negli ultimi 15 anni le produzioni discografiche in ambito estremo non siano certo mancate. I tre olandesi raccolti sotto il tenebroso cappello di Gore, sono stati a loro modo antesignani di un nuovo modo di intendere la musica chitarristica. Hanno spostato in avanti le lancette dell’evoluzione post-hardcore e metal, intessendo fittissime trame sonore. Tutto ciò accadeva nella prima metà degli anni ’90, quando il termine rock matematico era solo un'ipotesi nelle menti delle più avvedute firme della critica internazionale. Hanno folgorato la stessa Rollins Band ed infuriavano proprio nel periodo in cui No Means No e The Ex rappresentavano l’avanguardia nei circuiti di stretta osservanza hardcore/punk. Southern Lord paga pegno a questa fondamentale compagine, che avendo brutalizzato gli schemi della musica strumentale, si è guadagnata un ruolo da protagonista nella più spietata storia del rock indipendente. Monolitici e spesso avvezzi alla ripetizione armonica, i Gore hanno tracciato un sentiero di fondamentale importanza, accorciando le distanze tra la musica cosiddetta colta ed il più fangoso rock underground. Pionieri animati anche da una sana ironia, laddove anche le truculenti immagini che accompagnavano le loro copertine erano frutto di una passione smodata per l’art brut. Spiazzanti anche quando inserivano i testi dei loro brani nella busta del vinile, pur avendo mai utilizzato lo ‘strumento’ voce. Riesumati i nastri originali, i primi due album dei Gore hanno subito un importante processo di restauro. Il doppio cd che immortala la loro prima fase creativa contiene la bellezza di 43 tracce, in ragione del fatto che agli album originali sono state aggiunte significative composizioni inedite. Tornare su questi fragorosi luoghi per i pochi die-hard fans sarà un piacere sublime, per i nuovi adepti l’occasione di incrociare un satirico mostro a tre teste. Considerato lo status symbol raggiunto da nomi quali Don Caballero o Pelican, rimarrete sbigottiti di fronte alla lucida follia con cui i tre olandesi hanno confezionato la loro opera. Da qui all’eternità?

20/11/08

The Fireman in esclusiva su Myspace



Da oggi e per pochi giorni su
MYSPACE sarà possibile ascoltare interamente il nuovo album dei FIREMAN di Paul McCartney e Youth, in uscita domani venerdì 21 Novembre in Italia.

David Byrne & Brian Eno - Strange Overtones


“In definitiva, Everything That Happens Will Happen Today mostra come la musica possa guarire persino quando non riesce a curare. Quello che pare importante è la speranza collettiva in un qualche evento, incanalata in forma di canzone da una coppia di antichi visionari la cui musica pare tuttora destinata a ispirare giovani gruppi. E noi”- ROLLING STONE

“Questo è un disco di canzoni pop, scritte da Eno e cantate (benissimo) da Byrne. A prima vista è tutto semplice, quasi banale: citazioni da Paul Simon (Home) e Neil Young (Life Is Long), funk postmoderno (Strange Overtones) e prove di pop perfetto sparse un po’ ovunque” - XL

“La qualità della scrittura è quella del miglior Eno autore di canzonette: la title track, con quel placido emergere dall’ambiente sonoro, non sfigurerebbe su Before and After Science. Home cita a tratti il canzoniere di Simon & Garfunkel, il singolo Strange Overtones distribuito gratuitamente in rete da qualche mese gioca con il groove e con i trucchi della produzione dance, regalando un elsatico ed elegante funk postmoderno” – IL MUCCHIO

“Viene fuori un suono ricco di suggestioni dove convivono chitarre acustiche ed e-bow, note sparse di pianoforte e fredde programmazioni, hurdy gurdy e batteria elettronica, ottoni e tastiere. Un suono tutto sommato defilato, cheè questo è un disco più di Byrne che di Eno. E’ pop, ma senza la grana grossolana della roba da classifica” - JAM

18/11/08

Paul Flaherty - Bill Nace - Thurston Moore



Il sassofonista Paul Flaherty appartiene alla categoria di jazzisti radicali che riconosce in Albert Ayler, John Gilmore, Peter Brotzmann ed Arthur Doyle i suoi padri putativi. Già attivo sulle scene nella seconda metà degli anni ’70 (con il gruppo impro-jazz-rock Orange) il nostro ha continuato per tutti gli anni ’80 e ’90 ad imperversare nella locale scena di Northampton, Massachusetts, in tempi più recenti accompagnato dal batterista Chris Corsano.

Bill Nace può a ragione essere considerato tra gli antesignani di quello che oggi comunemente chiamiamo noise, il suo morboso approccio chitarristico ha segnato molte uscite indipendenti, fossero di estrazione più rumorista o vagamente weird-folk, tanto è vero che il suo nome è stato associato a quello di Wooden Wand (depositari della più bucolica e spettrale tradizione psichedelica americana) e Chris Spencer (polistrumentista dall’approccio sinceramente intimidatorio).

Il trio si completa con Thurston Moore alla chitarra, figura sempre avvezza alla sfida e vero e proprio magnate con la sua Ecstatic Peace per tutta una scena sotterranea, che spesso ha aggredito le convinzioni del mainstream. Flaherty e Moore si erano già messi in società con Chris Corsano, sia in trio che in quartetto (con l’aggiunta di un secondo sassofono, quello di Wally Shoup). Lo stesso Bill Nace aveva incontrato Moore ripetutamente, mettendo in piedi il ritualistico duo impro Northampton Wools, del quale si attende a breve un album per Ecstatic Peace.

Sono tre i brani venuti alla luce in questa session (titoli espliciti come “sex”’ “drugs” and “lavender”), uno di breve durata, due decisamente lunghi. E’ un primo esempio di quanto abbia potuto creare il trio, assolutamente libero da costrizioni di sorta e capace di immolarsi nel regno della più energica e bruciante free music.


17/11/08

Paul McCartney e Youth parlano del nuovo disco in uscita venerdì 21 novembre - The Fireman "Electric Arguments"

Omar Rodriguez Lopez su Stones Throw


Siamo di fronte ad uno degli artisti più prolifici del nostro tempo. Un uomo per cui la pianificazione discografica è una vaga opinione, un musicista il cui impulso creativo sembra non conoscere freni inibitori. Dai tempi in cui ‘aggrediva’ i palchi di mezzo mondo con una delle formazioni prototipo del nuovo emo-core – gli At The Drive In – alla sua multiforme carriera solista ne è passato davvero molto di tempo. Eppure gli stimoli non sembrano mancare ad Omar, che durante i lunghi – e salutari – congedi dal gruppo madre Mars Volta, sembra esser votato ad ampliare il suo raggio d’azione, costantemente. Dopo gli album per GSL e Willie Anderson, il chitarrista si accasa preso Stones Throw, con quello che possiamo definire un autentico colpo di coda. Data la natura dell’etichetta californiana – specializzata nel più moderno e sorprendente hip hop come nella riproposizione dei cosiddetti rare grooves – la curiosità era davvero tanta.

Old Money conserva tutti i tratti salienti dello stile del chitarrista, offrendo spunto a lunghe divagazioni prog-rock, ad anfetaminiche jam acid-rock e ad interessanti forzature etno-psichedeliche. Tra le righe è possibile scorgere dei link con la più estroversa cultura black dei seventies, tanto che lo stile di Rodriguez è in qualche misura influenzato dal mitico Eddie Hazel dei Funkadelic, come la sua musica può a tratti avvicinarsi ad altri eroi della ‘coscienza nera’ come Black Merda, Black Sugar od i progressivi inglesi Demon Fuzz.

Quindi non vi stupisca più di tanto l’associazione con Stones Throw, se è vero che gli stessi Mars Volta adorano produttori come Madlib e vecchie leggende della musica più off americana come Gary Wilson e Stark Reality, che proprio grazie all’etichetta di Peanut Butter Wolf hanno conosciuto una seconda giovinezza.

Old Money è un disco ovviamente eclettico, poderoso, bilanciato tra un sapere cosmico ed una fascinazione world da non sottovalutare. E’ la crescita artistica dell’artista, completamente a suo agio e capace di puntare ad obiettivi fino a poco tempo fa nemmeno immaginabili.

Un altro passo importante vero il crossover totale, per una delle menti più fertili del nostro tempo.

Il disco uscirà a Gennaio 2009

14/11/08

Introducing Mr.Chop



Coz Littler, in arte Mr. Chop, può definirsi un veterano del nu jazz, con già numerose pubblicazioni a suo nome per alcuni dei più prestigiosi marchi underground internazionali. Il suo nome è stato già associato a label quali A.P.E., Stark Reality (etichetta amministrata dal piccolo vate Gerald “Jazzman” Short’) e più recentemente Jazz&Milk Records, ragione sociale tedesca, ma non per questo timida nel rilasciare ottimi rare grooves.

Il suo debutto per Now-Again – gemella della californiana Stones Throw di Peanut Butter Wolf – dovrebbe scuotere più di una coscienza. E’ uno di quei classici viaggi strumentali che non concede respiro, una danza infinita, condotta superbamente da uno stuolo di musicisti che non ci risparmia alcun volteggio elettrico. E’ la naturale introduzione a questo produttore/polistrumentista che non ha mai fatto mistero di apprezzare le musiche ed i sapori di mezzo mondo. Per Lightworlds si è circondato di altre figure capaci di interpretare la sua analoga visione: Malcolm Catto siede alla batteria e Jake Ferguson degli Heliocentrics si esibisce al basso. Uno stuolo di session men inglesi con pedigree ‘avanzato’ contribuisce poi a colorar ulteriormente l’Ep, registrato presso gli Ape Studios nel Cheshire. Quello che ascolterete è un ibrido futurista che oltre a conservare delle spettacolari qualità cinematiche (vale la lezione di John Barry, ma anche quella dei grandi compositori italiani) affronta i meandri del kraut rock e del jazz dalle tinte più psichedeliche
Se il buongiorno si vede dal mattino, presto avremo un collettivo capace di rinverdire i fasti della cosiddetta ‘library music’. Sette tracce per un onirico universo parallelo.

Il disco, disponibile in download digitale, vedrà unicamente la luce in una versione vinile limitata, ma non è altro che la succosa anteprima ad un album completo schedulato per il 2009.

13/11/08

Bjork e Thom York in "Nattura"



L'eclettica vocalist islandese esce con un nuovo singolo, la via più semplice per promuovere un’importante causa naturalista. Pubblicato da One Little Indian in formato digitale, "Nattura" è un brano manifesto a supporto dell’omonima campagna a cui saranno interamente devoluti i guadagni della vendita su iTunes.

Il singolo sostiene idealmente la campagna di Nattura, il cui intento è quello di promuovere opzioni eco-sostenibili per tutto il territorio islandese, generando spontanee alternative energetiche col fine di utilizzare le risorse fisiche del suolo dell'isola. Nelle stesse parole di Bjork: “Io credo che il profitto, lo sviluppo tecnologico e il rispetto comune della natura siano cose che possano andare a braccetto. Nessuno di questi elementi deve essere sacrificato a spese dell’altro.”

Il nuovo singolo è scritto e prodotto da Björk e può contare su un cameo di Thom Yorke dei Radiohead, del quale potete apprezzare la duttile voce in sottofondo. Il tentacolare batterista dei Lightning Bolt Brian Chippendale siede dietro le pelli, sua signoria Matthew Herbert è al synth/bass mentre la vecchia volpe Mark Bell si occupa degli ulteriori beats digitali. Costruito su un pazzesco ritmo tribale, il pezzo porta prepotentemente in superficie l’elemento natura: una celebrazione della propria madre terra per la popstar islandese, nella speranza che tutti gli abitanti dell’isola possano armarsi in questa corsa verso la ricerca eco-sostenibile.

Al momento Bjork non ha realizzato nessun video a supporto del brano, ma su Youtube potete trovare già numerose clip realizzate dai sempre creativi fan della piccola islandese.

Abbiamo scelto per voi questa




12/11/08

Nuovo Progetto Discografico per David Tibet

David Tibet dues ex-machina di Current 93, unitamente a Mark Logan di Jnana Records e ad Andria Degens di Durtro Records, annunciano la nascita di un nuovo marchio, una sussidiaria di Durtro Jnana, chiamata Coptic Cat.
Coptic Cat sarà l’etichetta per cui usciranno le future pubblicazioni di David Tibet, Current 93,
Anok Pe Current 93 e degli altri progetti satellitari del nostro. Durtro Jnana continuerà nel contempo a stampare tutto il vecchio catalogo di Current 93, assieme ai titoli degli altri artisti presenti in archivio.
Tra le pubblicazioni imminenti in catalogo di Anok Pe CURRENT 93 segnaliamo:

BIRTH CANAL BLUES STUDIO CDEP
BIRTH CANAL BLUES LIVE CDEP (disponibile unicamente per corrispondenza)
BIRTH CANAL BLUES LIVE/STUDIO 12”
INVOCATION OF HALLUCINATORY MOUNTAIN 2CD

Con una scaletta di per sè ricca ed invitante, Coptic Cat si farà portavoce di tutti i progetti che portano la firma di David Tibet, sia sotto la sigla originaria di Current 93 e attraverso i numerosi monicker generati dal ‘perverso’ universo dell’artista inglese.

Nel particolare Birth Canal Blues è la prima pubblicazione della nuova joint venture Anok Pe CURRENT 93, line-up aperta, al solito capitanata da Tibet. La suite che anima il lavoro esiste nella versione studio e live, con due formazioni completamente sconvolte. La performance dal vivo è stata immortalata nell Aprile del 2008 all’olandese Roadburn festival (manifestazione nell’occasione curata dallo stesso Tibet). Per lo show il gruppo comprendeva numerosi musicisti di fama internazionale: Baby Dee, Andrew W.K., Matt Sweeney, John Contreras, William Breeze, Keith Wood, Alex Neilson, Joolie Wood, Andrew Liles, Stephen Emmel e Maja Elliott.
La versione da studio è stata unicamente costruita da David Tibet, Baby Dee e Andrew Liles. E’ l’inizio di una molto attesa trilogia a titolo Hallucinatory Mountain, che conoscerà il suo culmine ad inizio 2009 con l’apocalittica uscita Invocation Of Hallucinatory Mountain.

11/11/08

Jem Cohen - Evening's Civil Twilight In Empires Of Tin

Per l’edizione del 2007 dell’ International Film Festival di Vienna (Viennale), il regista di origine newyorkese Jem Cohen, riceve una commissione per chiudere l’evento, da qui il suo personale contributo a titolo Evening's Civil Twilight In Empires Of Tin. Un pezzo ispirato dalla novella di Joseph Roth The Radetsky March, sorta di meditazione sul declino degli imperi, ottenuta sovrapponendo immagini dal palco al crepuscolo di Hapsburg (uno dei più celebri casati austriaci) durante la prima guerra mondiale con riprese della Vienna dei giorni nostri, affiancate alle quotidiani riflessioni dello stesso Cohen, che dalla sua città natale di Brooklyn, NY, esamina le ‘nefandezze’ dell’impero americano. La narrazione, dai tratti impressionistici, è realizzata attraverso letture dal vivo degli scritti di Joseph Roth, ed una colonna sonora ad hoc creata da Vic Chesnutt, in collaborazione con membri di A Silver Mt Zion, Guy Piciotto (Fugazi) e della formazione indie newyorkese The Quavers.
La musica include fantastiche improvvisazioni, una toccante interpretazione della Radetsky March di Strauss ed alcune toccanti riletture di originali dello stesso Chesnutt. Il risultato si traduce in un pop cameristico dai tratti allucinati, un’alternanza di sketch musicali che ben si sposano alla poetica di Roth Il DVD figlio di questa naturale ibridazione offre numerosi spunti anche dal punto di vista politico, una performance multimediale che mantiene un atteggiamento critico sulle tematiche del nuovo imperialismo. Il film, facendosi forza su questo argomento, ha letteralmente trionfato alla Viennale, rappresentando uno dei punti fermi dell’intera manifestazione. Empires Of Tin è co-prodotto dalla Viennale e dall’etichetta indipendente canadese Constellation, la sua premiere è stata in ottobre, proprio in occasione dell’ultima edizione della manifestazione austriaca. Per Jem Cohen si tratta di un ulteriore trionfo artistico, dopo aver immortalato i Fugazi nello strepitoso documentario on the road ‘Instrument'

10/11/08

Sufjan Stevens presenta: The Welcome Wagon

Con la produzione e benedizione – è proprio il caso di dirlo – di Sufjan Stevens , una coppia di pastori presbiteriani (Vito Aiuto e Monique) ci consegna uno splendido album bucolico in 12 episodi che rivede i fondamenti del pop e del country/folk a stelle e strisce attraverso interpretazioni ispirate alle letture sacre. Un esperimento affascinante e un disco da amare.

Su questo link è possibile ascoltare il bellissimo singolo intitolato "Sold! To the Nice Rich Man"

Welcome Wagon esce il 9 Dicembre su Asthmatic Kitty

07/11/08

Diario Di Uno Scuro - Cronache criminali di un mafioso pugliese

Curata da Goodfellas/Fridge la colonna sonora del documentario "Diario di uno scuro" in onda il 26/11 su Cult.


DIARIO DI UNO SCURO - Cronache criminali di un mafioso pugliese

IN ONDA MERCOLEDÌ 26 NOVEMBRE ALLE 21:30

La parabola di una vita criminale, dagli anni '80 a oggi, nel racconto in prima persona di un boss pugliese della Sacra Corona Unita, Antonio Perrone, e di sua moglie Daniela. DIARIO DI UNO SCURO, in onda su Cult (canale 142 di SKY) mercoledì 26 novembre alle 21:30, è la storia di un ragazzo del Sud, nato in una benestante famiglia del Salento, studente universitario, che inseguendo il sogno di "una vita al massimo" si ritrova coinvolto in una corsa inarrestabile verso il baratro. Una tragica epopea che porta Perrone a raggiungere i vertici dell'organizzazione mafiosa ma anche ad affrontare il calvario e la solitudine di 49 anni di carcere duro, buona parte trascorsi in isolamento.
Un viaggio in nero che inizia nella Puglia dei primi anni '80, quando nasce un'organizzazione criminale spietata e decisa ad emergere e distaccarsi dalle altre mafie italiane, che si impadronisce improvvisamente del territorio.
La Sacra Corona Unita, anche detta Quarta Mafia, nasce dalla brama di potere di un gruppo di criminali locali e prospera tenendo sotto scacco la regione per dieci lunghi anni. E' capeggiata da giovani sbandati, esaltati dai miti cinematografici all'insegna del crimine e della violenza. Vogliono vivere alla grande. E vivere per loro significa soldi, discoteche, coca, ragazze e automobili costose. Diventano i protagonisti di una scalata al potere vertiginosa e spregiudicata che li conduce però a un'altrettanto improvvisa capitolazione.
Antonio Perrone era uno di loro. Non si è mai pentito, in termini strettamente giudiziari, il che non gli ha permesso di uscire dall'isolamento del carcere duro per molti anni, ma ha più volte affermato di aver chiuso col suo passato.
Diario di uno scuro, prodotto da Fluid Video Crew/Citrullo per Fox Channels Italy è il taccuino di memorie di un boss detronizzato, e della sua compagna, che rievoca quei giorni di vita drammatici e fatali di cui sono stati entrambi, per sorte e per inclinazione, tragici protagonisti.
Il documentario - la storia vera che ha ispirato il film FINE PENA MAI di Davide Barletti e Lorenzo Conte con protagonisti Claudio Santamaria e Valentina Cervi, uscito in sala in Italia nella scorsa primavera – è l'ultimo appuntamento del ciclo MALA VITE, tutti i mercoledì alle 21.30 su Cult

Le musiche del documentario sono tratte dalla nostra library e includono anche Artisti come Brutopop, Port-Royal e i Kiddycar.

06/11/08

Nebula e Monster Magnet a Milano



I Nebula apriranno la data italiana dei Monster Magnet
il 23 novembre all'Alcatraz di Milano
se queste non sono buone notizie...

Earthless "Live At Roadburn"



Prendetela come una celebrazione, l’esibirsi dal vivo al Roadbrun Festival di Tilburg, Olanda, assume significati reconditi, che ci portano direttamente indietro alle più rumorose ed affollate stagioni del rock duro. Registrare un album dal vivo in quell’occasione è come raggiungere una piccola vetta nei circuiti della più rumorosa e sublime musica chitarristica. Se un tempo si inneggiava a quei magnifici concerti immortalati dal vivo al Budokan (in Giappone) o all’Hammersmith Odeon di Londra, oggi la geografia del nuovo hard rock pone in rilievo il festival olandese, con i suoi numerosi protagonisti. Ed i californiani Earthless sono già una leggenda di per sé. Con il carismatico Mario Rubalcaba dietro le pelli, enfant prodige ed un tempo pro-skater. Dai suoi trascorsi hardcore con 411, Chicano Christ ed i mitologici Clikatat Ikatowi (Gravity records, un ‘istituzione dalle parti di San Diego) alla maturazione, prima come effettivo nei Black Heart Procession, successivamente con l’ultima incarnazione dei Rocket From The Crypt e di conseguenza negli Hot Snakes. Lui è il motore propulsivo, sul quale si innestano le girandole soniche del chitarrista Isaiah Mitchell (già con i fondamentali Nebula e per un periodo nei Drunk Horse) e del bassista Mike Eginton (ex-Electric Nazarene). Il fatto che gli Earthless siano un gruppo davvero particolare è dato dalla loro presenza sul palco principale del Roadburn, un’occasione più unica che rara, date le circostanze. Il gruppo headliner di quell’edizione – per questioni di privacy ci riserviamo di fare il loro nome, ma sicuramente ai più smaliziati cultori del gente non mancherà occasione di scandagliare negli archivi – rinunciò alle sue due ore di set, lasciando quindi uno strategico spazio da colmare proprio sul main stage. In accordo con gli organizzatori della manifestazione gli Earthless saltano sul palco, pronti a fronteggiare una masnada di rocker, circa 2000 persone affamate di buone vibrazioni. L’opportunità è talmente ghiotta che gli Earthless liberano un fiotto d’energia pari a pochissimi altri. Ed è proprio la dimensione live che rende maggiormente giustizia al power trio, catturato all’apice della sua propulsiva potenza, in un diabolico crescendo psichedelico, che è la loro stessa ragione d’essere. Per certi versi monumentali, basta dare un’occhiata alla durata delle singole tracce per carpire il senso dell’infinito in musica.

05/11/08

Tour italiano per Pete Molinari


Giovedì 13 Novembre 2008
Firenze @ Ex Fila

Venerdì 14 Novembre 2008
Cesena @ RetroPop Club

Sabato 15 Novembre 2008
Ravenna @ Bronson

Domenica 16 Novembre 2008
Roma @ Circolo degli Artisti

"Nella miriade di nuovi folk che affrontiamo ogni giorno, un disco così risalta come una pietra grezza, unisce puntini noti per ipotizzare un disegno nuovo, o meglio, un disegno che del nuovo non si preoccupa, forte solo di dodici splendide canzoni." Blow Up - Maggio 2008 Voto 8

"Prendete la polvere delle highways battute da Kerouac e Fante, la poesia da treno merci di Woody Guthrie, i lamenti dell'armonica di Dylan al Cafè Wha?, il tempo immobile scandito da un vecchio blues nei vicoli di Nashville, il sottile tormento di Roy Orbison e le fitte lancinanti di Hank Williams: questo è Pete Molinari" Rumore - Maggio 2008 Voto 8

"E' più pop e accattivante di Dylan, ha le coloriture di country soul bianco, senti aleggiare Johnny Cash e Hank Williams, annusi ventate del primo 'n'r, tanto che potrebbe essere stato registrato da Sam Phillips nei Sun Studios (I Came Out Of The Wilderness)" Il Mucchio - Maggio 2008 4 stelle

"Blues e rock delle radici questo meticcio ci sa fare" XL/La Repubblica - Maggio 2008 4 stelle

'"it Came Out Of The Wilderness" sembra una session di Highway 61 Revisited del musicista di Duluth, così come "" ha di diverso soltanto il cantato vibrato e troppo acuto di Molinari. Ma è impressionate anche l'eco della Sun Records, del Country di Hank Williams e del Folk di Woody Guthrie. Tanto vicini quasi da toccarli, propro ora, nel 2008." Jam - Maggio 2008

"La cosa straordinaria è che alla fine di "A Virtual Landslide" abbiamo la bella impressione che Pete abbia compiuto un miracolo: evitare un disco vintage, regalandoci così 12 canzoni senza tempo." Rodeo - Maggio 2008

"Pete Molinari non fa musica di oggi. Inserire "A Virtual Landslide" nel cd player è come accendere una radio sintonizzata a cavallo tra gli anni '50 e '60. Tornando a casa con 12 tracce Folk Blues velatamente intinte di Pop e Soul." Rockerilla - Maggio 2008


www.petemolinari.co.uk/
www.myspace.com/petemolinari
www.damagedgoods.co.uk/
www.grindinghalt.it

04/11/08

Yes We Can!


Daptone Family Fundraiser for Barack Obama from mcr on Vimeo.

La maggioranza dello showbiz statunitense si è schierato a favore dell'elezione di Barack Obama noi come testimonial abbiamo scelto questo live della scuderia Daptone Records.

Can I Kick It? Yes You can.

03/11/08

Eli "Paperboy" Reed - In Concerto!



ELI PAPER BOY REED AND THE TRUE LOVES in concerto in Italia

Sabato 8 Novembre - Rimini @ Velvet

Arriva in Italia per una data esclusiva al Velvet di Rimini ELI PAPER BOY REED ed i suoi TRUE LOVES. La scena soul mondiale può contare su una nuova stella. Dal vivo in al Velvet di Rimini l’8 Novembre.

Eli ‘Paperboy’ Reed è l’enfant prodige della nuova scena soul, la nemesi di Amy Winehouse. Le riviste di tutto il mondo hanno parlato di Eli Paper Boy Reed come di un bianco slavato che nonostante l’età imberbe imbraccia la sei corde con il mestiere di un veterano, lasciando tutti di stucco quando è il momento di ‘far parlare’ l’ugola. Una passione la sua che si estende ben oltre i confini della semplice ispirazione. Eli è stato toccato dagli dei – neri – e porta in dote una voce formidabile, un falsetto che a volta lascia intravedere le sagome di Otis Redding e Sam Cooke.

Il giovane virgulto di Boston è stato già salutato oltreoceano dalla stampa specializzata come la risposta maschile ad Amy Winehouse, un paragone che forse può far storcere il naso, ma a ben vedere risulta quanto meno credibile, tanto è concreto il suo feeling con i maestri e depositari del verbo soul. Assieme alla sua backing band The True Loves costituisce un organico la cui coesione è invidiabile.

Essenziale eppure arrangiato con dovizia di particolari il suo album di debutto – Roll With You - è una vitale rincorsa verso canoni gospel, con numeri up-tempo che volentieri cedono il passo a passionali ballate, in uno stile che non possiamo non definire classico.

Canoni, o meglio, rivisitazioni compiute con la leggerezza tipica di un’artista contemporaneo, che certo non teme i paragoni ingombranti con i grandi del passato. Cimentarsi in un’opera prima così ricca e coinvolgente non è cosa da poco. Ormai le incertezze sono alle spalle: una nuova stella è nata.

"Un disco superbo" - Il Venerdi Di Repubblica

"Un'ondata di classic soul che sorpassa anche Amy Winehouse" 5 STELLE XL/La Repubblica

"Dopo Amy Winehouse e Duffy, che hanno avuto il merito di riportare in ambito pop un genere classico come il soul, Eli si spinge ancora più avanti e recupera la radice della black music più pura, passando dal gospel al blues e al funky con una naturalezza incredibile." MTV.IT