27/05/09

Due Novità Luaka Bop - Susana Baca e Márcio Local

Dopo un apparente periodo di stasi torna Luaka Bop, l’etichetta lanciata da David Byrne, sempre puntuale nel rappresentare i migliori fenomeni e gli artisti più importanti della cosidetta wolrd music.
Seis Poemas è la nuova pubblicazione a firma Susana Baca, la vocalist peruviana apprezzata ovunque per le sue incommensurabili doti e le liriche sempre toccanti. Si tratta in parte di un tributo a Chabuca Granda, una delle figure di spicco della canzone latino-americana. La Baca, che spesso ha arrangiato le sue toccanti melodie facendo uso dei testi di scrittori celebri, prende in prestito all’occorrenza anche versi del grande poeta ispanico Federico Garcia Lorca.

L’incontro con Granda risale invece al suo periodo universitario a Lima, quando la nostra aveva iniziato ad esplorare i ritmi afro/peruviani, incorporandoli progressivamente nella sua musica. Della Baca si è spesso detto che la sua voce è come una tempesta quieta, ma anche in questo caso si rischia di non rendere giustizia all’autrice, capace di trascendere volentieri la storia musicale del suo stesso paese. In Seis Poemas la Baca abbraccia un suono realmente universale che partendo da una poetica quotidiana vuole toccare gli ascoltatori di ogni dove, aldilà delle barriere etniche.

Márcio Local è a sua volta una sorta di scommessa, essendo la sua musica all’esatto crocevia tra la tradizione samba brasiliana e le influenze del soul americano. Per lui sono stati già scomodati i nomi dei grandi autori carioca, il Jorge Ben degli anni settanta in primis.

Sorta di poeta romantico, Márcio ci accarezza con liriche che parlano di pigri pomeriggi spesi in spiaggia, magari scambiando due passaggi a pallone, riflettendo in contemporanea sul dramma della seduzione sessuale. Quadri che sicuramente stridono con la nuova dimensione urbana di alcune regioni brasiliane, riportando in auge uno stile di vita semplice, fatto di gesti quotidiani comuni. E la musica di Local è in questo senso un carezzevole invito, una vibrazione soul funk dai colori verdeoro.

Harvestman



E’ materialmente impossibile isolare l’uomo – Steve Von Till – dal suo alter ego Harvestman, non più ruoli interscambiabili, ma una fusione completa, a livello etico ed artistico. "In A Dark Tongue" che è il nuovo album per Neurot, erede dell’altrettanto fosco "Lashing The Rye", non lascia adito ad alcun dubbio, è un ulteriore immersione nei meandri di quella claustrofobia arechetipica meglio nota col nome del gruppo madre Neurosis. Solo che qui tra le rughe di un suono apparentemente dark si scorgono richiami tanto alla tradizione del folk britannico, quanto alla psichedelica dai risvolti più ancestrali. E’ cosi che in termini di songwriting Von Till licenzia la sua opera più matura e sofferta, ricercando nella ripetute figure elettro-acustiche la chiave di volta per una liberazione spirituale. Partners in crime sono stavolta Al Cisneros degli Om (il bassista che un tempo diede i natali agli stessi Sleep) e Alex Hall, chitarrista dei Grails, altro gruppo cantore dell’apocalisse. "In A Dark Tongue" è per l’autore un’immersione mistica nel suo passato, alla ricerca di recondite origini. E la musica - mai come prima d’ora - ha una funzione rivelatoria, un lasciapassare per mettere a nudo le fonti di una così sofferta ispirazione. L’ennesima prova di forza per Steve Von Till che scava nei meandri della propria esistenza, lasciando da parte l’urto dei Neurosis per cedere ad avvolgenti mantra elettrici, che scoprono nella ripetizione e nella struttura minimalista un’autentica porta della percezione. Facendo tesoro della lezione dei corrieri cosmici tedeschi e prendendo le mosse dai più visionari autori del folk inglese – Pentangle e Steeleye Span su tutti – Harvestman libera la sua concezione di heavy msuic, facendola vibrare in contesti inediti, rilasciando probabilmente il suo capolavoro.

26/05/09

Truth In The Abstract Blues

Fin dai tardi anni sessanta Mike Cooper rappresenta una delle autentiche figure culto del blues britannico. Tra i pochi europei ad aver incontrato e suonato con leggende del blues del delta come Son House e Fred Mc Dowell ma soprattutto uno dei pochi, capaci di sviluppare il linguaggio del blues arcaico attraverso approcci non convenzionali come l'improvvisazione il free jazz e le tecniche estese della musica elettroacustica.

In “Truth In The Abstract Blues”, la voce e la slide di Cooper incontrano le percussioni “free” di Fabrizio Spera e la voce estatica di Leila Adu. Il trio perfetto per un viaggio nelle profondita' del blues astratto e primitivo dove i classici di Skip James, Bessie Smith e Robert Johnson vengono trasfigurati nel confronto diretto con sonorita' non convenzionali come loop, drones, tessiture elettroniche, e groove minimali.

Un’ opera discografica incredibilmente densa e profonda, un omaggio aperto a coloro che per primi hanno aperto la strada verso la verita' del blues astratto: Charlie Patton, Sun Ra, Skip James, Alice Coltrane, Son House e Sonny Sharrock

Truth In The Abstarct Blues Esce su etichetta Tracce/Rai Trade il 12 Giugno

The Soundcarriers



Sarà che del termine psichedelia si è piuttosto abusato di questi tempi, ma per l’occasione ci pare proprio il caso di fare chiarezza, introducendo nella maniera più corretta la musica di questa formazione di Nottingham al suo debutto sulla lunga distanza. Già dal titolo dell’album – "Harmonium" – si coglie una fascinazione per certo minimalismo, tanto che lo strumento omaggiato riporta in auge proprio quegli scenari a cavallo tra i 60 lisergici ed i 70 più astrali. Spaziali, mentalmente liberi, autori di inconsueti rare grooves per l’età moderna. Questo l’identikit dei quattro britannici, che seguono idealmente la scia di campioni del retro-nuevo come Broadcast, Plone od i recenti Seeland. Va detto poi della comunione di intenti che li lega agli artisti del catalogo Too Pure di metà 90, Stereolab in primis, ma anche Laika o Moonshake. Nelle tecniche d’incisione che hanno portato alla creazione di "Harmonium", il gruppo si è palesemente ispirato a due magistrali interpreti delle tecnologie di studio, David Axelrod e Phil Spector, figure che hanno saputo innalzare il rock psichedelico, il jazz-funk ed il soul ad una dimensione ultraterrena, grazie anche ad un arsenale di strumenti vintage, che comprendeva sintetizzatori analogici, organi, flauti, arpe, campane e xilofoni. Sponsorizzati addirittura da Chris Dedrick dei Free Design – con i quali sono riscontrabili alcune analogie, soprattutto nell’impianto vocale – i Soundcarriers ci avvolgono nel loro mantra pop, con arrangiamenti ricchissimi. Questa è l’ideale prosecuzione di un progetto messo in piedi originariamente con il chitarrista Little Barrie (turnista di grido spesso visto in azione con Primal Scream e Morrissey), per riportare alla luce alcuni dei momenti più solidi dell’immaginario space rock contemporaneo. Con una lista di rimandi che includeva Can, Pink Floyd e qualche alfiere del cosiddetto library sound. Questo è l’ideale svolgimento di quella oppiacea avventura, fuori una chitarra e dentro la voce angelica di Leonore, anche lei da Nottingham. Collezionisti accaniti di musica i nostri provano a far trapelare tutti i loro possibili interessi, anche attraverso citazioni minute: tropicalia, bollywood, folk europeo, surf e naturalmente exotica. Ma è il modo in cui questi disparati elementi vengono commutati a fare di Harmonium un disco di per sé memorabile, riprova della direzione artistica sempre puntuale di casa Melodic.

25/05/09

ROBERT WYATT- “Radio Experiment Rome, February 1981”

(foto di Alessandro Achilli)

Finalmente dopo ventisette anni di oscurità, vede la luce su cd l'integrale delle registrazioni effettuate da Robert Wyatt nel febbraio 1981 presso gli studi radiofonici di Rai Radio 3. Quarantaquattro minuti di musica inedita suddivisi in otto tracce, tra cui una versione di Born Again Cretin e uno standard, Billies's Bounce di Charlie Parker.

Radio Experiments è un ritratto intimo e profondo del musicista in completa solitudine e alle prese con voce, piano, tastiere, oggetti, percussioni e scacciapensieri. Una sorta di specchio sonoro tra l'uomo, lo studio di registrazione e l'oggetto radiofonico. Radio Experiments offre il risultato di cinque giorni di totale immersione nel processo compositivo di scenari sonori in divenire, una serie di appunti melodici e riflessioni acustiche dichiaratamente personali. Un ritratto del Wyatt più introspettivo, quello del suono plumbeo, minimale e dolcemente sperimentale dei primissimi anni ottanta. Crediamo che ogni nuova pubblicazione a firma Wyatt, rappresenti necessariamente un evento musicale importante e Radio Experiments nella sua unicità non faticherà a rivelarsi come un importante tassello nel mosaico discografico di uno degli autori più sensibili e creativi della cultura pop contemporanea


Track listing - 1. Opium War - 2. Heathens Have No Souls - 3. L'albero degli zoccoli - 4. Holy War - 5. Revolution Without "R" - 6. Billie's Bounce - 7. Born Again Cretin - 8. Prove sparse



Tracce - Nuova in-house label per Goodfellas

Tracce è il nome del progetto discografico ideato e curato da Pino Saulo, responsabile dell'ala più creativa della programmazione musicale di Rai Radio 3. Nella migliore tradizione che lega la produzione del jazz e della musica di ricerca al mezzo radiofonico, Rai Trade propone Tracce come collana dedicata alle forme più avanzate del jazz contemporaneo e come possibile finestra su musiche attuali nate al confine dei generi musicali convenzionali. Un catalogo basato principalmente su registrazioni Rai, selezionate sia dagli archivi storici che dalla programmazione e produzione più recente.
Goodfellas, con l'assunzione della distribuzione esclusiva internazionale e la licenza sul catalogo intende avviare un lavoro di diffusione e comunicazione il più coerente possibile verso le funzionalità artistiche e di mercato dell'etichetta.
A pochi anni dalla nascita Tracce è in grado di offrire un catalogo ricco e sapientemente articolato. Robert Wyatt, Butch Morris, William Parker, Matthew Shipp, Anthony Braxton. Mike Cooper, Amiri Baraka, Italian Instabile Orchestra, sono solo alcuni dei nomi prodotti in virtù di
Un progetto discografico nato esclusivamente sulle basi della passione e la volontà di diffusione per le musiche scelte e documentate.

The Legends


Credevate che la Svezia potesse essere esente dal fascino della rinascita shoegaze? Evidentemente non avevate fatto i conti con Johan Agergard, l’uomo che sta dietro a Labrador Records e che con la sigla The Legends, in maniera nemmeno troppo sottile, prova a far rivivere le schizoidi atmosfere del pop psichedelico inglese dei primi ’90. E dando un’occhiata a quelle che sono le sue credenziali, non si fa davvero fatica ad accertare la buona resa del progetto. Il nome The Legends è inaugurato nel 2003, Johan da quel momento in poi non farà altro che disorientare i suoi ascoltatori, sovrapponendo elementi disparati a più non posso, snaturando in primis l’essenza di pop music, riformulando tutti i pensieri più logici sull’indie rock di inizio secolo ed accendendo letteralmente una nuova miccia. Johan che prima di dedicarsi anima e corpo a The Legends aveva fatto parte di organici quali Club 8, Pallers ed Acid House Kings, sembra far convogliare sotto un unico cappello le sue molteplici influenze. Le arie svagate dei girl groups anni ’60, un muro white noise, il motoriko beat del krautrock ed una buona dose di guitar rock. Il primo estratto dall’album "Over And Over" – l’etichetta di casa è ovviamente la Labrador – è un tumultuoso vortice noise pop dal titolo "Seconds Away" (qui l'MP3). Una delle cose più rumorose partorite in ambito indipendente in Svezia. Il gioco dei contrari sembra essere la chiave di lettura di questo disco, che a momenti crepuscolari alterna squarci solari e ad oscure tracce wave momenti di puro zucchero pop. C’è anche un legame forte – almeno a livello attitudinale – con la scena di Brooklyn (Crystal Stilts in primis), tanto che Liane dei newyorkesi Tralala presta la voce all’altra potenziale hit underground "Always The Same" (qui l'MP3). Tra Phil Spector e Jesus And Mary Chain Johan entra con le sue canzoni direttamente nella leggenda.

22/05/09

Kill It Kid


Dalle parti di One Little Indian iniziano a fregarsi le mani, come nelle manifestazioni sportive più rinomate i grandi talenti si riconoscono dai primi vagiti. Ed artisticamente parlando i Kill It Kid sono davvero una ventata d’aria nuova nel mondo del pop inglese, proprio perché non fanno nulla per uniformarsi alle più insipide melodie brit, tirando anzi in ballo southern rock, blues disossato e addirittura qualche tratto operistico. Formatisi meno di un anno fa i Kill It Kid sonogià sulla bocca di ogni critico di settore che si rispetti. Il tratto caratteristico è dato dalla presenza delle due voci alternate di Chris Turpin e Stephanie Ward. Ascoltando il loro primo singolo “Send Me An Angel” – ve ne saranno altri due per lanciare adeguatamente il loro album di debutto – l’ugola di Chris Turpin finisce addirittura col coglierci di sorpresa, ricordando una versione più agile e sicuramente indie-oriented dell’adorabile Antony Hegarty. Ma la musica di Kill it Kid è appunto una tempesta orchestrale, imprevedibile, tanto da lasciare interdetti anche al momento di voltare la facciata – pensate che questo 7 pollici uscirà in una tiratura limitata di 500 copie – per una “Date It The Day” pregna di umori delta blues, di slide e fiddle, quasi da sembrare una take modernista del tanto vezzeggiato pre-war folk. Ryan Hadlock (già al banco di regia per Gossip e Blonde Redhead) cura la produzione di “Send Me An Angel”, mentre la b-side è prodotta da Liam Watson (White Stripes) presso il mitico studio londinese Toe Rag. I Kill It Kid erano stati subito apprezzati dall’ex-Bad Seeds John Parish, che su suggerimento del tutor di Chris al college si avvicina al gruppo, lasciando addirittura aperte le porte ad un’eventuale collaborazione. L’album di debutto del gruppo vedrà la luce in autunno, prodotto a Seattle negli stessi studi dei Fleet Foxes con l’ausilio del sopracitato Ryan Hadlock. Già gruppo d’apertura per Ipso Facto, The Virgins, Phoebe Killdear (Nouvelle Vague) e Pete and the Pirates i Kill It Kid non solo vi faranno gridare al miracolo, ma vi staccheranno con prepotenza da quelle scomode sedie.


Send Me An Angel Down

20/05/09

Official Secrets Act w/ Art Brut unica data italiana

Domani sera, giovedì 21 maggio, suonano a Milano al Magnolia gli Art Brut che ormai non hanno bisogno di presentazioni. Ad aprire per loro ci sarà una band composta da 4 giovanissimi ragazzi di Leeds di cui vi abbiamo già parlato in occasione dell'uscita del loro album, pubblicato da One Little Indian all'inizio di Aprile. Dopo un concerto passato in sordina a Marzo, che però lasciò una notevole impressione in chi vi partecipò, gli Official Secrets Act domani sera potranno esibirsi davanti ad un pubblico sicuramente più numeroso. Noi vi consigliamo di non perderveli.




OFFICIAL SECRETS ACT "UNDERSTANDING ELECTRICITY"

Echi di China Crisis, Fra Lippo Lippi, Sparks periodo Moroder, Original Mirrors, ma anche derive chitarristiche più spinte che danno un tocco di imprevedibilità al tutto, più un onnipresente piglio melodico che talora si spinge verso patetismi classicheggianti del tutto peculiari (bellissime “A Head For Herold” e “Little Birds” o il tripudio Casio di “Momentary Sanctuary”) - Blow Up voto 7

Tra ammalianti evoluzioni Talking Heads , vibrazioni estese XTC , follie pop targate Sparks l’attrazione si conferma sottilmente irresistibile - Rockerilla voto 8

Funk white pop tra Talking Heads di ieri e Vampire Weekend di oggi, ma anche echi glam Sparks, guitar pop inglese tutto dell’epoca, Television, Smiths, ritmiche XTC, Associates, Gang of Four e via elencando. Non c’è solo quel decennio, comunque, tra le loro ascendenze. I più contemporanei Bright Eyes e Neutral Milk Hotel si affacciano qua e là a ricordarci che di oggi si tratta e non delle passate adolescenze che furono - SentireAscoltare voto 6.9

Sleepy Sun in tour



Proprio in concomitanza con il tour europeo – con le relative date italiane curate da Grinding Halt – oltre al video di "White Dove" qui sopra, vi segnaliamo un’interessante ed inedita session del gruppo californiano, di pianta stabile in San Francisco. Sfoggiando addirittura un paio di inediti, oltre che a versioni riviste dei brani apparsi sul debutto lungo per ATP, i nostri ci investono ancora con una psichedelia pastorale, che è un concreto viaggio della mente. Tutto in esclusiva per il portale Dayrotter.


SLEEPY SUN IN TOUR
Ven 22/05 Gambettola (FC) @ TREeSESSANTA Ex Macello
Sab 23/05 Torino @ Spazio 211
Dom 24/05 Roma @ Sinister Noise
Lun 25/05 Faenza @ Clandestino

19/05/09

Rodriguez Live In Italia



Finalmente arriva in Italia per un’unica data – al Circolo Degli Artisti di Roma il 3 di giugno – il cantautore detroitiano di origine messicane, vera figura di culto della scena folk più off degli anni settanta i cui unici due album "Cold Fact" e "Coming From Reality" sono stati recentemente ristampati da Light In The Attic, facendo scoprire anche nel nostro paese lo straordinario talento di Rodriguez

Queste sono canzoni che trasmettono la rabbia della protest song più consapevole, che hanno il respiro del pop più nobile, ma anche il calore del soul e del funk - XL

L’iniziale Climb Up On My Music è un brano di grandissimo impatto, in cui la sua voce scivola con autorevolezza formidabile e la chitarra elettrica si agita ricca di umori blues dominando la parte finale giocata in un bel duello col piano elettrico. Grande, grandissima musica che regge benissimo i tre decenni sulle spalle - JAM

Bob Dylan, Arthur Lee e la Motown. questi alcuni dei nomi tirati in ballo dalla critica di mezzo mondo per descrivere la musica contenuta in Cold Fact, primo album di Sixto Diaz Rodriguez da Detroit uscito nel 1970 e riportato alla luce lo scorso anno dalla Light In The Attic. Tanta, quindi, l’attesa per la ristampa di questa seconda e ultima opera del musicista americano - IL MUCCHIO

Più che la psichedelia o la ritmica Motown, stavolta il disco, registrato a Londra, lascia emergere la sua naturale propensione alla ballata bittersweet: dolenti canzoni in bianco e nero, spesso arricchite da sapidi arrangiamenti d’archi e malinconiche tinte noir - BLOW UP

13/05/09

Lee Fields And The Expressions – My World

La storia si ripete, nel mare magno delle realizzazioni new soul è il nome di un artista in realtà ‘stagionato’ a farsi largo. Lee Fields è la quintessenza del soul singer, immarcescibile, puro, mai avvezzo al compromesso. Per dirla nello slang americano un unsung hero. E per lui parlano le pubblicazioni indipendenti realizzate nel corso di quei meravigliosi anni ’70, un manipolo di 45 giri – il debutto è del 1969 con Bewildered b/w "Tell Her I Love Her - considerati oggetto di culto da parte dei più avidi collezionisti del genere ed un album altrettanto venerato – Let’s Talk It Over – che vedrà la luce soltanto sul finire del decennio . Iperattivo, aldilà delle scarse attenzioni riservategli dall’industria discografica maggiore – un solo contatto con la major London risalente peraltro al 1973 – Lee torna in attività agli albori degli anni ’90, dopo aver trascorso gli eighties in una fase di costernato silenzio. E’ la Ace ad accoglierlo a braccia aperte con un trittico di album costruito sul suo magistrale timbro soulful. Ma è nel 1999 con l’uscita di Let’s Get A Groove On per Desco – l’etichetta da cui prenderà le mosse il movimento neo soul tutto, Daptone Records compresa - che la stella di Lee torna a brillare prepotentemente. Nel momento in cui figure di rilievo di un’epopea indimenticata come Naomi Shelton o Sharon Jones raccolgono a distanza di tempo i frutti di una carriera spesso ai margini del music business, Lee si ripresenta baldanzoso con My World per l’etichetta newyorkese Truth & Soul, pronto a dare un seguito alle sue prodezze vocali, memori dell’opera di grandi come Al Green, Otis Redding e Marvin Gaye.
Quando la Truth & Soul è rinata dalle ceneri di Soul Fire nel 2004 – per quest’ultimo marchio Lee era uscito nel 2002 con l’album Problems – la missione dei proprietari/produttori Jeff Silverman e Leon Michels è stata quella di realizzare un album soul prototipo, che prendesse le mosse da gruppi vocali quali The Moments, The Delfonics e The Stylistics. Questo si traduce sulla carta in ballate ed arrangiamenti d’archi lussureggianti, con fini armonie vocali ed una sezione ritmica comunque incalzante. Michels e Silverman non fanno fatica a guardarsi intorno, prendendo a piene mani dalla locale scena di Brooklyn alcuni dei musicisti più in vista nell’ambito. Parliamo di interpreti di tutto rispetto di questa nuova tradizione, strumentisti già operativi con Dap Kings, Amy Winehouse, Bronx River Parkway, El Michels Affair e TV on The Radio.
E’ così che Lee Fields & The Expressions si ricostituiscono, il fine è ancora quello di riportare in auge le sonorità più calde di quegli anni 60 e 70, facendo perno su una formula che ha del miracoloso. Per tutti quelli che hanno iniziato a masticare soul music entrando dalla porta di servizio, un modo per stringere una nuova – sensuale – alleanza con un maestro indiscusso del genere.

My World esce in Italia l'8 Giugno



08/05/09

All is Wild, All is Silent


Da Austin, Texas, i Balmorhea rendono ancora più vitale ed imperdibile la concezione di musica da camera, partendo da una prospettiva di certo più prossima alle rarefazioni del rock sotterraneo degli ultimi 10 anni. Aldilà delle definizioni è una musica struggente, ricca di pathos, capace di avvolgere in un fascio di romantica luce. All is Wild, All is Silent introduce la nuova formazione ora allargata a sei elementi. La band precedentemente nota per la sobrietà dei suoi arrangiamenti, conquista ora un palcoscenico inedito, abbracciando sonorità più complesse, pur sempre rarefatte. L’aggiunta di una batteria, di un contrabbasso e l’utilizzo della voce come strumento (assenti le liriche, è più un vibrato ancestrale quello che odiamo in sottofondo) rendono semmai più ricche le sfumature delle loro composizioni. E’ una musica ancestrale, con una forte connessione all’idea di natura. La musica di Balmorhea può considerarsi come la risposta più ricercata – e per certi versi accademica – ai morbidi effluvi degli islandesi Sigur Ros. Dopo un album così completo i nostri vedranno rielaborato il loro All is Wild, All is Silent da esponenti della nuova elettronica e del rock più catatonico come Eluvium, Xela, Helios, Bexar Bexar, Tiny Vipers, Library Tapes e ancora altri. Un ulteriore segno di vitalità e operatività ad ampio raggio.


remembrance // balmorhea // all is wild, all is silent from Jared Hogan on Vimeo.


07/05/09

Nuovo album per Brusco

Della parola Brusco ha fatto uno strumento, affilato. Anche nel nuovo album 4 e ½ le liriche sono evidenza di uno stile deciso, poesia di strada e squarci di quotidianità, impacchettati però in uno stile sobrio. E’ anche il disco che a livello di suono lancia Brusco ben oltre la dimensione del toaster, andando a sviluppare nuovi temi, grazie ad un cast di ospiti di tutto rispetto. Nel dettaglio l’album contiene 18 tracce, a partire dal singolo “Il mondo non finisce mai” dove la magica tromba di Roy Paci prepara il terreno alle parole di Brusco, che esprimono un’ideale desiderio di evasione.
Le sorprese non finiscono certo qui, dato che in un’ora di musica possiamo ascoltare tutte le sfumature di un sound che pur partendo dai riddim jamaicani, affronta in maniera originale nuove commistioni tra la più solare musica pop ed il reggae. All’appello rispondono anche i Sud Sound System e nuovi fenomeni della musica reggae nazionale come Biggie Bash, Killacat e Gioman.
“Quattroemezzo” è tutto l’universo di Brusco: il disimpegno e la sottile denuncia sociale, la rabbia e l’amore, tutte componenti che in maniera mai invasiva costituiscono l’universo di riferimento del cantante. Condizione che anche attraverso una musicalità più fresca, potrà rappresentare il cosiddetto punto di svolta per il nostro, che si è ricavato ormai un posto di rilievo nel cuore degli appassionati di reggae di tutto lo stivale.
Altro brano sicuramente destinato a diventare un ‘tormentone’ di stagione è “Superstar” in cui viene definito il concetto di ‘successo’ aldilà di quella che è la credenza popolare o lo status sociale. Anche qui un’immersione profonda nell’italietta dei manager rampanti e delle persone volgarmente alla moda. Il riddim è stato prodotto in Germania da Junior Blender per Supersonic Sound, negli ambiti dancehall un sinonimo di garanzia oltre che un riempipista garantito.
Poi ancora la visione femminile attraverso tre ritratti diversi in “Femmina”, “Mi Pigli” e “Se Giovanna” ed una riflessione aperta in “La vita chiama” , che attraverso il suo godibile tema caraibico indaga su vizi e virtù dei giovani d’oggi, spesso traditi dalla rete e e dalle informazioni che viaggiano alla velocità del luce.
Con 4 e mezzo Brusco si conferma così un fuoriclasse nel suo campo d’appartenenza, ampliando se possibile il suo raggio d’azione ed il suo bacino d’utenza.

Scarica il brano inedito "Raper" da questo link

04/05/09

Boxcutter – Arecibo Message

Uno dei veterani del catalogo Planet Mu – l’irlandese Barry Lynn – torna col suo alter ego più sperimentale, con uno degli album che colorerà la nuova stagione della dance più leftfield.
Arecibo Message è un’altra installazione musicale di successo, per un artista che mai domo ha continuato ad inseguire la ricetta perfetta nell’ambito dell’elettronica più di confine, chiamando a sé le esperienze della drum’n’bass e dell’IDM, pur conservando sempre un atteggiamento aperto al confronto ed alla ricerca. Sin dal debutto come Boxcutter con il singolo Brood – nel 2005 per etichetta Hotflush – Barry si è segnalato tra i pionieri della stagione del dubstep, raffinando le tecniche più urbane del grime ed approdando ad un sound più evoluto, tanto da guadagnare l’immediato ed incondizionato supporto da parte di Mary Anne Hobbs, che da Radio 1 continua a trasmettere corpose vibrazioni al Regno Unito tutto.
Un viaggio spaziale, un’odissea musicale, in questi termini si presenta Arecibo Message – il titolo è ispirato all’omonimo codice inviato nello spazio attraverso frequenze radio modulate, il 16 novembre del 74 per celebrare proprio il rimodellamento del radio telescopio Arecibo – il disco ad oggi più lisergico concepito da Barry.
Brani più brevi e condensati fanno parte del disco, che vive anche degli innesti del duo soul elettronico Kinnego Flux, con la voce di Brian Greene. Il cambiamento radicale è anche nell’uso di synth analogici, delays e pedali solitamente applicati alla chitarra elettrica. Il tutto nella ricerca di una tensione emotiva che potesse far pensare ad un prodotto disco vintage proiettato però nel futuro.
Lo stesso Boxcutter sembra aprire all’influenza di Jimi Hendrix, nel suo calderone sonoro che sicuramente non preclude ad esperienze più acide ed al vezzo del 2 step Garage.

Un viaggio mentale, una terapia spaziale.


Kid 606 – Shout At The Doner

L’ex-enfant prodige della scena elettronica californiana è di nuovo sul piede di guerra. Miguel Manuel De Pedro è divenuto nel frattempo un uomo, oltre che uno stimato produttore (per ulteriori credenziali rivolgetevi pure ai Depeche Mode, per i quali impacchettò un remix al fulmicotone di Dream On). Shout At The Doner – il titolo ironizza sullo Shout At The Devil dell’ istituzione sleazy metal Motley Crue – è il suo album più completo da molti anni a questa parte, la summa di quanto proposto dal musicista, in un clima esilarante fatto di campionamenti schizoidi e ritmi che occhieggiano tanto alla techno quanto al ragga ed alla digital culture di origine jamaicana.

Abbandona la costa occidentale degli Stati Uniti e si trasferisce nella mecca multiculturale per eccellenza: Berlino. Passa in rassegna le sue maggiori influenze: LFO, AFX, Green Velvet, Mouse On Mars e addirittura Giorgio Moroder, e tenendo presente l’esperienza della primordiale acid house - come la morbida e decadente sauna del dopo rave - realizza il suo disco più eclettico ed allo stesso tempo ballabile.

Allo stato attuale Kid 606 è ancora un outsider, così ricche ed intense le sue informazioni musicali da non lasciar scampo a revisionismi di sorta. Un cane sciolto tutto sommato, che ama la più selvaggia club culture e non intende cedere ai più comodi trendesetter. Qualcuno ha utilizzato l’etichetta techno punk parafrasando l’atteggiamento incompromissorio del nostro, di sicuro Miguel di timori reverenziali non ne ha. Tanto da portare la sua musica in tour per i maggiori club del mondo a partire da questa estate.

Il disco solidifica il rapporto di collaborazione con l’inglese Very Friendly, che per l’ Europa licenzia il disco originariamente marchiato Tigerbeat 6 (casa di produzione dello stesso Kid 606) Bentornato



Elfin Saddle - Ringing For The Begin Again

Jordan McKenzie ed Emi Honda, sono partner nella vita. E lo sono anche artisticamente parlando. Elfin Saddle è il loro intimo progetto e vede la luce per Constellation.
Ringing For The Begin Again è stato registrato presso il celeberrimo Hotel2Tango di Montreal – loro città natale – dal vate Efrim Menuck, che oltre ad essere il leader di A Silver Mt Zion è anche il direttore artistico dell’etichetta canadese. La musica del duo si scosta notevolmente da quanto generalmente proposto da Constellation, non c’è il livore di alcune sue pubblicazioni di stampo più folk, nemmeno le orchestrazioni da dopo-rock che da Godspeed You Black Emperor in giù hanno a grandi passi segnato una delle più mistiche evoluzioni del rock indipendente. Jordan ed Emi si scambiano spesso gli strumenti oltre che il microfono, il loro è un universo incantato, quasi una favola barocca, consumata in un intimismo che sa di pop da camera. Chitarra acustica, ukulele, banjo, xilofono e addirittura campane entrano in campo, con l’aggiunta repentina di Nathan Gage degli Shapes And Sizes al contrabbasso ed alla tuba.

Tra gli altri ospiti del disco Jessica Moss (di A Silver Mt Zion) e Nick Scribner dei Clues, altra recente scoperta di casa. Molto naturalista l’immaginario del gruppo che in Ringing For The Begin Again, mette in scena anche un panorama lirico piuttosto uniforme. Le loro canzoni spesso entrano nell’ottica fiabesca introducendo tutta la sensibilità di Emi, che canta in giapponese il brano Running Sheep. E della sua terra antica spesso emergono le memorie più rurali. E ‘un disco gentile, velato di una melanconia minimalista, potremmo definirlo pop contemporaneo, una musica che affonda nella tradizione di Penguin Cafè Orchestra, Van Dyke Parks e di un America quasi sparita.




The Ex - 30 years of...

Periodo di grande fermento in casa The Ex. La formazione olandese partita con un impenitente anarco-punk e successivamente approdata ad una forma musicale molto libera e accesa (con dentro i crismi dell’improvvisazione ed un retaggio etnico non indifferente), si appresta a celebrare un evento decisamente importante: il suo trentennale. Dopo il trionfante tour europeo che ha visto salire a bordo il nuovo vocalist e chitarrista Arnold de Boer, il gruppo raccoglie in un bellissimo doppio antologico alcune delle sue composizioni più rappresentative: dal fuoco degli esordi al rock sperimentale e teso che li ha resi una delle formazioni più in vista dell’avanguardia rock continentale. Un doppio cd che è dunque necessaria introduzione al vasto catalogo della band dei paesi bassi, con in bella vista le collaborazioni con il violoncellista Tom Cora e le frequentazioni nei quartieri alti newyorkesi, date dagli scambi ripetuti con Thurston Moore e Lee Ranaldo dei Sonic Youth.
Parallelamente alla compilation un dvd che invece sanciva il loro 25ennale. 35 musicisti di estrazione diversissima sullo stesso van, in un tour francese diviso in sette tappe. Con la piccola comune olandese ci sono gli italiani Zu, gli Evens di Ian McKaye - che per l 'occasione eseguivano brani a richiesta degli stessi Ex, simulando un jukebox – il sassofonista Getatchew Mekuria, il compianto vocalist etiope Jimmy Mohammed Jimmy in trio con il batterista Han Bennink, l' improvvisatore inglese John Butcher e numerosi altri. Un documento di intensità incredibile, che spinge ulteriormente The Ex nella storia della musica contemporanea.