28/06/12

Jacko bless the Easy Star!




Una trilogia non certo da poco con i Pink Floyd in testa - Dub Side of the Moon (2003) – i Radiohead  subito a ruota - Radiodread (2006) – ed i Beatles con la cosiddetta ultima parola - Easy Star's Lonely Hearts Dub Band (2009). Dalle nostre parti hanno avuto anche accesso al prestigioso festival di Sanremo nel ruolo di ospiti (febbraio 2009), ma evidentemente gli Easy Star All Stars non hanno la benché minima idea di rinunciare al confronto coi grandi del pop. E dopo decine e decine di ipotesi, soffiate, considerazioni a latere, il nuovo album si concretizza miracolosamente all’ombra del re del pop. Quasi all’inseguimento dei sui celebri passi di danza e del suo taglio alieno. L’album che ha più venduto nella storia della musica moderna -  Thriller – è plasmato dagli Esas, che dopo un lavoro certosino sono pronti a far rivivere le gesta del compianto Michael. Ufficialmente fuori il 28 di agosto (un giorno prima dell’anniversario della nascita dello stesso Jacko) Easy Star's Thrillah conterà su un invidiabile cast musicale. Michael Rose (Black Uhuru), Steel Pulse, Luciano, e Mojo Morgan (Morgan Heritage) saranno le voci, con loro un numero considerevole di ospiti: Yossi Fine (David Bowie, Lou Reed, Stanley Jordan), Joe Tomino (Dub Trio/Matisyahu), Andy Farag (Umphrey's McGee) e la sezione fiati israeliana Hadag Nachash. Prima della sua pubblicazione, l’album sarà anticipato dall’Ep Billie Jean (fuori il 10 di luglio), corredato da remix e dub version esclusivi.

Una scelta che ha implicato altri parametri come ci tiene a specificare il co-fondatore dell’etichetta Lem Oppenheimer : "Ci siamo sempre confrontati con i più grandi- The Beatles, Pink Floyd, Radiohead – e pur coscienti di riproporre un album dal successo planetario, volevamo battere anche nuovi sentieri. In questo Thriller è perfetto: è il primo album di un artista americano, il primo non-concept album, il primo disco R&B/soul e la prima pubblicazione degli anni ’80.”

"Per me, è stato eccitante" ci tiene a ribadire il produttore/arrangiatore/chitarrista Michael Goldwasser. "Sono sempre stato un fan sfegatato dell’R&B/soul come del reggae e da adolescente ho sempre avuto una forte connessione con la musica di Michael Jackson.” Come da prassi il processo ha coinvolto Goldwasser nella veste di gran maestro di cerimonie. E’ stato lui a ri-arrangiare gli originali, ponendo le basi per riletture contemporanee. Ancora una volta le versioni reggae degli Esas appaiono più che convincenti, dicendo dell’ estrema naturalezza con cui il combo affronta ogni più impervia prova.


TySegallBand in Slaughterhouse




In The Red è più che entusiasta di annunciare il nascituro in casa Ty Segall.
Ora una vera e propria band che al leader – ovviamente - affianca Mikal Cronin, Charlie Moonheart ed Emily Rose Epstein. ‘Slaughterhouse’ è il primo album ad esser inciso con la sua live band ed in questo sposta decisamente l’attenzione su una musica più muscolare, che non perde un briciolo dell’immediatezza garage degli esordi, andando anzi a lambire il noise’n’roll dei ’90. Un disco che avrebbe fatto perdere la testa ai lettori abituali di Flipside, ma anche a chi all’epoca fosse parecchio addentro ai cataloghi Touch & Go ed Amphetamine Reptile.

Una musica dunque esplosiva, figlia di quell’underground americano che non ha mai fatto nulla per nascondere le sue origini urbane e la sua carica decostruttivista. Con ‘Slaughterhouse’ TySegallBand diviene un’entità selvaggia, vero elogio di menti disturbate che sul placo hanno trovato il loro asilo ideale. Registrato con  Chris Woodhouse (Mayyors, FM Knives, Karate Party) at the Hangar, il disco rispetta un naturale approccio live: gli amplificatori sono a manetta e la console spesso registra picchi di saturazione. Disco in tutto e per tutto ‘in the red’. Chitarre fuzz, urla da uomini primitivi ed un atteggiamento senza compromessi fa di questa lavica colata di feedback  un capolavoro istantaneo per i cultori del più feroce e dissennato rock

SaffronKeira: A New Life




SaffronKeira
è un progetto che prende vita nel 2008 per mano del musicista/compositore sardo Eugenio Caria. Dopo i suoi contributi alla serie di live per Experimental Electronic Music ed il Visual Arts Festival "Störung", un remix per Charles-Eric Charrier's (dall’album "Silver", pubblicato per Experimedia) ed un 10 pollici omonimo proprio per Denovali, a luglio il tempo è maturo per il debutto sulla lunga distanza.

Una nuova vita recita il titolo, Caria intende far perno sulla sua esperienza di ricercatore, adoperandosi nell’integrare tutte le moderne tecnologie disponibili sul mercato. Molte delle sue tracce sono proprio all’insegna dell’incontro strategico tra elettronica e suoni poco convenzionali, proiezioni strutturali che richiedono un applicazione ed un ascolto puntiglioso, al fine di cogliere ogni più sottile variazione tematica. Il suo è uno studio quasi religioso, le sue tessiture confidenti tanto con la classica contemporanea quanto con il minimalismo e l’elettronica più ambientale. SaffronKeira invita ad una naturale immersione nel suono, abbracciando una filosofia quasi zen.

Se l’incipit astratto di molte tracce può fornire residui punti di riferimento è nella costruzione verticale dei brani che è possibile scorgere il lavoro certosino del compositore. I suoni pur essendo circoscritti sono molteplici e le frasi se debitamente scomposte rivelano tutto un mare di field recordings e arrangiamenti di rilievo. Un doppio cd che farà la gioia di quanti chiedono ancora una necessari profondità alla musica digitale. Caria ricerca negli anfratti più remoti della sua memoria un’espressione immaginifica, per portare alla luce immagini dal fascino abissale. Un disco che potrà mettere d’accordo tanto gli estimatori di Arvo Part quanto quelli di Fennesz.

The Crookes: brit-pop ad alto voltaggio




Da Sheffield, The Crookes tornano a far risuonare il loro jingle-jangle pop, freschi di un recente cambio di formazione (a bordo un nuovo chitarrista) e di un secondo album che si annuncia quanto meno scoppiettante. ‘Hold Fast’: reggetevi forte or dunque! Dieci canzoni concentrate in 33 minuti di musica, un inno all’essenzialità del new pop, senza mai perdere di vista il messaggio, sfrontati e diretti insomma. Prima che la cosa passi sotto silenzio, ci teniamo a ricordarvi come The Crookes siano cresciuti in un’industria musicale famelica, che divora la next big thing in meno di 3 mesi. La loro longevità è di per se sinonimo di qualità.


Fierce Panda continua a investire fortemente sulla loro musica e dopo il debutto lungo, è tempo di raccogliere gli ambiti risultati. Il gruppo, peraltro operativo sin dal finire degli anni ’90 con una discreta sequela di singoli alle spalle, non fa nulla per smentire la sua vivacità. Andando anzi a ripercorrere il meglio della stagione brit, cercando sempre il motivetto ad effeto od il riff istantaneo. Recentemente hanno fatto assaggiare il loro suono all’apertura della catena commerciale Burberry in quel di Tokyo: che la loro musica così accattivante sia divenuto anche un prodotto da esportazione per le casse inglesi? Un disco destinato a portare il buon umore sulla vostra tavola, ricompattando le gesta di Orange Juice, Smiths ed Housemartins. Scusate se è poco!

27/06/12

L'ex-Minimal Compact di nuovo in azione




‘E’ rapido, è istintivo’ Every Day Is Like The First Day è il nuovo album di Malka Spigel ed è stato creato seguendo un processo organico, in cui l’enfasi è tutta nella creatività. ‘Ogni canzone è come il primo brano, è questo il modo in cui mi piace approcciare la musica’. La genesi di questo materiale è frutto di un’esplorazione da studio di 4 giorni, coordinata dal collaboratore e produttore Colin Newman all’interno del Press Play di Londra. Nessuna indicazione rispetto alla strada da seguire, nessuna pre-produzione, il disco ha seguito una gestazione spontanea. Una sala d’incisione invero prestigiosa, gestita da Andy Eamsay degli Stereolab, ed un luogo dove poter interagire con strumenti vintage, provando l’ebbrezza del suono esotico come quello elettronico d’antan. Servendosi di bouzouki, vibrafoni e vecchie attrezzature dismesse dagli stessi Stereolab il campo per preparare qualcosa di sfizioso non era da sottostimare. Un’ ideale premessa al fine di sviluppare un’idea di composizione istantanea.

Dopo aver preparato le basi del lavoro, programmando i campionatori, suonando qualche linea di piano ed inserendo l fondamentali chitarra e basso, i due hanno inaugurato una seconda fase, che permettesse ai collaboratori esterni di dire la loro. Ogni musicista ospite è fondamentalmente un amico, pur non avendo mai suonato con la Spigel prima d’ora; tutto questo al fine di spezzare ogni idea relativa alla familiarità e all’abitudine. Nessuna istruzione o suggerimento, i musicisti coinvolti dovevano reagire alle rudimentali tracce nella maniera a loro più consona.

Rispettando una natura nomade - la Spigel è nata in Polonia, cresciuta a Tel Aviv e sbocciata a Bruxelles, dove con i Minimal Compact ha conosciuto uno dei suoi picchi artistici – i due raccolgono contributi in numerose città. Berlino, Roma e Tel Aviv rispettivamente, per registrare con Ronald Lippok (To Rococo Rot), Teho Teardo e Gil Luz. Altri visiteranno lo studio della coppia (Matt Simms, Nil Colk Void di Factory Floor ed Alexander Balanescu) , altri firmeranno un contributo a distanza (Johnny Marr degli Smiths e Julie Campbell). Questo che è il terzo album in solo della Spigel nasce sotto i migliori auspici, regalando momenti di grande ispirazione, volteggiando al confine tra wave, elettronica ed espedienti cinematici. C’è tutto il bagaglio culturale della nostra, tra le prime ad individuare le possibili commistioni tra post-punk e world music. Un album che ce la restituisce nella forma migliore, regalando suggestioni a pieno regime.

26/06/12

Shrag: Brighton rocks!




Per loro Uncut ha fatto paralleli importanti con Delta 5 e Prolapse. Del resto nella musica di questo giovane gruppo misto proveniente da Brighton, potrete ritrovare le frequenze del più scapigliato pop inglese come i bassi di certo white-funk. E se proprio dovessimo aggiungere dell’ulteriore carne al fuoco potremmo anche dire che i primi Chumbawamba o le stesse Slits non sono poi così lontani.


Il terzo album del gruppo è fuori in questi giorni per Fortuna POP!, una delle label che meglio ha saputo individuare i nuovi talenti indie inglesi. Il produttore Andy Miller (Life Without Buildings, Mogwai, Sons and Daughters) ha dato agli Shrag l’assetto necessario per trionfare anche sulla breve distanza di un singolo episodio.  Canines è un disco pop viscerale, registrando seguendo quell’urgenza post-adolescenziale che è sinonimo di genuinità. Dal feedback dell’opener ‘Tears of a Landlord’ alle melodie agro-dolci della conclusiva ‘Jane with Dumbbells’, nel mezzo tutto quello che è lecito aspettarsi da una band nel fiore dei propri anni.

Da Pitchfork a Drowned In Sound passando per il portale All Music, nessuno ha risparmiato lodi per la band britannica all‘indomani della coppia di album – prodotti dal batterista di Morrissey Woodie Taylor -  che ne ha concertato l’esistenza. Con questa terza prova tutto si risolve in un piglio tonico, dove le inflessioni british rendono ancora più caratteristico il sound della band. Spiccate tendenze wave, qualche concessione al glam ed una voglia di intavolare un costruttivo percorso tra rock e dance. Undici episodi in cui il livello adrenalinico non è mai sacrificato in favore del vezzo estetico. Gli Shrag conoscono assolutamente la ricetta del vostro divertimento.


I signori del nuovo afro-beat




‘Il ritmo è ciò che rende imperdibile un buon disco di afro-beat’. Sono qeuste le parole chiare ed essenziali di Gabriel Roth, co-fondatore di Daptone Records e produttore del nuovo – omonimo – album degli Antibalas. Non unicamente la sezione ritmica, ma il ritmo dei fiati, delle voci e finanche delle tastiere. Significa avere lo stesso feeling, rispetto all’interpretazione, lo stesso orecchio e la stessa capacità di trasformare tutti quegli strumenti in un’unica voce. Gli Antibals sono l’unica band in grado di farlo, oggi ! E’ questo il motivo per cui sono ancora a capo di un movimento, dopo tanti anni di militanza.

Se oggi parliamo di rinascita dell’afro-beat, tanto del merito va a questa formazione multietnica di Brooklyn, che ha inizato a diffondere il verbo molto prima che la musica di Fela Kuti venisse pubblicamente rilanciata. Registrato in un perido di oltre due settimane presso gli House Of Soul Studios di Brooklyn – la stessa fucina Daptone da cui sono scaturiti numerosi capolavori del neo-soul – questo è il quinto album della compagine, il primo ad essere licenziato dall’etichetta di New York. Dopo aver arricchito i cataloghi di Ninja Tune, Rope-A-Dope e Anti, la band raggiunge oggi la casa dei loro sogni, per valorizzare ulteriormente quello che è stato un lavoro di recupero pionieristico. Dagli intrecci ritmici di Miles Amtzen (batteria) e Nikhil Yerawadekar (basso) fino al piglio leonino del vocalist Amayo – nativo del Lagos, Nigeria e maestro di Kung Fu –la band non è mai stata così frizzante e completamente a suo agio.  

Dopo aver diviso il palco con giganti del calibro di Paul Simon, TV on the Radio, Public Enemy ed Amy Winehouse prendono in mano il loro destino a furor di popolo. Il loro è uno degli indirizzi più logici dell’attuale black music. L’aver condiviso elementi con Sharon Jones and the Dap-Kings e  Budos Band nn ha fatto altro che accrescere il loro bagalio d’esperienze e prepararli alla grande rivincita di questo nuovo album.

‘Guidano il gruppo’ (Pitchfork)

‘La musica degli Antibalas ti entra in circolo, liberando vibrazioni con cui puoi convivere per i giorni a venire (The New York times)



Jon Spencer swings again!




‘I said the blues is number one!’
Come smentirlo? Jon Spencer, uno dei frontman più sensuali della recente storia del rock’n’roll non è certo tipo che si abbandona all’autocelebrazione. La macchina oliata che fa capo alla Blues Explosion ed al loro diabolico swing non ha mai smesso di girare, gli ingranaggi perfezionati semmai. Annunciato per settembre per l’etichetta inglese Bronze Rat, ‘Meat And Bone’ fa già faville sin dal titolo. Si esalta la carnalità e l’insita violenza suburbana della metropoli newyorkese. Mantenendo però una lucidità di fondo e rispettando le regole dell’intrattenimento più fisico e scenografico. Ci sono voluti 8 anni per ascoltare una nuova fatica da studio del trio, al solito completato dall’altra ascia Judah Bauer e da quel batterista tuttofare che è Russell Simins.

Nessuna intrusione recita il copione, Spencer produce da sé, senza alcun intervento esterno od ospitata sensazionale. La JSBE torna a riprendersi il centro del palco, mostrando le unghie. Dodici ruvide trace registrate in un luogo culto come il Key Club Recording Studio in Benton Harbor, MI utilizzando la mitica Flickinger console un tempo di Sly Stone. Dopo che la stessa Shove, il marchio ideato dallo stesso Spencer, si è occupata di una capillare serie di ristampe (riportando in auge anche il mito dei primordiali Pussy Galore) il catalogo della band è tornato ad esser disponibile su più ampia scala, ribadendo come la loro presenza sia determinante in tutte le storie che intrecciano la musica più sanguigna del mondo. Dopo aver distrutto e ricostruito le stesse radici del suono americano i tre si rifugiano in studio abbandonandosi alla loro stella e sfornando una delle  prove ad oggi più convincenti.

Per scaricare gratuitamente il singolo Black Mold inserite il vostro indirizzo mail dopo aver seguito questo link http://bronzerat.com/label-artists/jsbx/

25/06/12

E' Gemma Ray la nuova regina pop inglese




C’è un tempo per crescere, ed uno per spiccare il volo. Gemma Ray con il nuovo album per Bronzerat non si è nemmeno posta il problema. Tanto che il suo “Island Fire” va a collocarsi tra le uscite più sfavillanti di questo 2012, laddove il confine tra pop e musica di ricerca è davvero labile. Accompagnata da un nucleo di navigati musicisti, che provvedono ad aggiungere colore ad ogni singola composizione, la talentuosa cantante e chitarrista si scrolla di dosso ogni ingombrante paragone, provando a scriverla da sé la storia. Gli arrangiamenti orchestrali di “Bring Ring Ring Yeah” sono l’essenza stessa di un percorso creativo oggi giunto a compimento. Gemma Ray non teme di sedersi tra i grandi. Se qualcuno ha ricordato le lussureggianti orchestrazioni di Phil Spector, tra queste partiture deve pur esserci un fondamento. Tutta la dinamicità di quel suono, un tempo indelebile marchio di fabbrica per i girl-groups, è oggi a disposizione di una nuova sensibile eroina.

Ovviamente “Island Fire” è un affare molto più coraggioso, se “Put Your Brain In Gear” si ricollega a quella stessa tradizione vocale, “Make It Happen” fa il verso alla psichedelica come “Rescue Me” sembra un valzer da fantascienza. Tante le frecce al suo arco, e comunque enorme la capacità di districarsi anche nelle soluzioni all’apparenza più complesse. Sapete da chi è stata folgorata Gemma Ray? La storia è nota ed è giusto ribadirla, ma quando il tuo gruppo ‘culto’ è anche disposto a concederti i suoi originali per una rielaborazione d’insieme…beh, questo si chiama amore reciproco. Ed i fratelli diseguali Russel e Ron Mael, che con gli Sparks hanno avvicinato il glam all’avanguardia, si affacciano prepotentemente nelle due magistrali cover di “How Do I Get To Carnegie Hall” e “Eaten By The Monster Of Love” facendo sì che la loro visione trovi sfogo nell’opera di questa incontenibile seguace. Dopo aver suonato con Grinderman e Kitty, Daisy and Lewis , la nostra sembra davvero pronta a strappare lo scettro a qualche reginetta del pop inglese. Ma a noi non piace fare nomi, ascoltate “Island Fire” senza alcun pregiudizio e decidete per voi. Le sorprese – vedrete – non mancheranno.




Il ritorno del culto Bill Fay




Bill Fay è uno dei segreti musicali inglesi meglio conservati, un tesoro nazionale di quelli genuini; agli albori degli anni ’70 la sua voce, accompagnata da alcune distillate note di piano, lo aveva posto sull’identico piedistallo del giovane Bowie, di un John Lennon e di un Ray Davies. Due soli album in cui la naturale vena folk si apriva a numerose contaminazioni. Il debutto omonimo del 1970 licenziato da Decca Nova era arrangiato da Mike Gibbs, che in dote portava il suo gusto per il jazz e le big band. Ma è con il successivo Time Of The Last Persecution (1971) che il nostro si afferma grazie anche ad una vena chiaroscurale che in futuro avrà una certa rilevanza per gli eroi del cosiddetto folk apocalittico. Spalleggiato da alcuni dei migliori sessionmen londinesi ed in particolare da uno dei più eclettici chitarristi jazz-rock del tempo – Ray Russell – Bill Fay conosce uno dei suoi più alti momenti artistici. Incapace di entrare in maniera definita nei meccanismi dell’industria musicale, Fay vive ai margini della stessa continuando a scrivere brani unicamente per il proprio piacere. I suoi album vengono ripubblicati solo nel 1998  dopo esser stati fuori catalogo per 27 anni. Dopo le parole spese da Jeff Tweedy dei Wilco e David Tibet dei Current 93, il personaggio pubblico torna clamorosamente a suscitare interesse. Spunta un terzo album, inciso sul finire degli anni ’70, e l’ombra del Bill Fay Group con Tomorrow Tomorrow And Tomorrow (pubblicato per la prima volta solo nel 2005) si materializza in maniera del tutto inaspettata. Sollecitato dallo stesso gruppo Bil Fay appare poi on stage a Londra coi Wilco nel 2007.

Da quel momento in poi i riflettori tornano ad accendersi su questa personalità riservata dell’underground britannico. Il produttore americano Joshua Henry - introdotto alla musica di Fay da suo padre, collezionista di tutto rispetto – recupera alcuni demo casalinghi di Bill e decide che il momento è propizio per riportare il musicista in studio. Life Is People (Dead Oceans) è in pratica il suo primo lavoro concepito in sala d’incisione dal lontano 1971. Il chitarrista Matt Deighton (Oasis, Paul Weller, Mother Earth) si preoccupa di allestire un cast di musicisti importante per accompagnare il nostro. Il batterista Tim Weller (Noel Galalgher, Goldfrapp) ed il tastierista (Mikey Rowe (High Flying Birds, Stevie Nicks) vengono reclutati per l’occasione, assieme ai due cavalli di ritorno Ray Russell ed al batterista Alan Rushton.

Un disco incredibile, salutato già dagli addetti ai lavori come il suo capolavoro. Una sensibilità ritrovata, grazie ad orchestrazioni mai invasive che mettono la sua voce ed il suo pianoforte al centro dell’attenzione, rispettando quella che è la natura intimista della sua penna. Uno dei cantori d’oltremanica più originali è di nuovo tra noi, perdere quest’ennesimo treno sarebbe delittuoso.

‘Non riesco a pensare ad altri artisti i cui dischi abbiano rappresentato così tanto nella mia vita’ (Jeff Tweedy, Wilco)

‘Ogni disco pubblicato da Bill Fay in quattro decadi è differente, ed ognuno di questi è indispensabile’ (Will Sheff, Okkervil River)

19/06/12

Il nobile pop di Jens Lekman




Il nuovo album di Jens Lekman,  I Know What Love Isn't, sarà pubblicato a settembre da Secretly Canadian. Si tratta del suo primo album in oltre 5 anni e fa seguito a quel piccolo gioiello a titolo Night Falls Over Kortedala, lavoro che lo avrebbe definitivamente proiettato nel gotha dell’indie-pop internazionale. La traccia d’apertura pone le basi per quello che arriverà: una melodia semplice costruita su un pianoforte verticale, come quelli in disuso che potete incrociare in qualche vecchia chiesa  o in una scuola dello scorso secolo. "Every Little Hair Knows Your Name" è così una melodia agrodolce ma gentile, pronta a  sfumare negli accordi acustici e nel carillon del primo singolo estratto, "Erica America"

Da questo punto in poi il disco sarà caratterizzato da un profilo decisamente sobrio, facendo di necessità virtù. Ottimizzare è la parola d’ordine ed I Know What Love Isn't ha ad esempio archi senza una vera e propria sezione archi, un solo sax, un flauto ed un tamburello. Il tono di Jens è melanconico e la sua scrittura si può ormai definire autoriale. C’è tanta letteratura nel suo modo di intendere la musica, il suo pop affonda con eleganza nella quotidianità, sfogliando pagine di vita vissuta. Cantastorie moderno, è forse questo il termine che più si addice a Lekman, che non ama certo improvvisare banalmente, fornendo anzi colori nitidi alle sue canzoni stese su tela.

I Know What Love Isn't… è una collezione di canzoni, preziose e puntuali. Impregnata di quel classicismo che ha già consentito allo svedese di avvicinare mostri sacri quali Morrissey o Stuart Murdoch (Belle & Sebastian). Un altro centro per questo cantautore poco più che trentenne, capace di far sussultare il cuore come solo i grandi prima di lui hanno saputo fare.


14/06/12

Rivelato il nuovo tribute album di Easy Star!




Toccherà al 'king of pop' Michael Jackson rivivere attraverso i solchi di Easy Star. La crew reggae newyorkese ha infatti deciso di render noto il titolo del suo prossimo album. Dopo Pink Floyd, Radiohead e Beatles è uno degli album più venduti di tutti i tempi ad esser rivisto e corretto da questi campioni del sound jamaicano. Thriller diventa Thrillah, secondo un consueto slang, e la magia si rinnova. Questo un teaser dell'album fuori a settembre.



13/06/12

Boomdabash - "#Danger", il nuovo singolo




Da oggi in radio "#Danger" il nuovo singolo dei salentini BoomDaBash,  accompagnato dal videoclip diretto da Luca Tartaglia e prodotto da Soulmatical.

Il singolo non e' contenuto nel secondo disco della band pugliese ("Mad(e) in Italy" Goodfellas/Soulmatical 2011) e preannuncia l'apertura dei lavori della crew per il nuovo disco.
"#Danger" e' caratterizzato dalla freschezza della produzione musicale tipica dei Boom Da Bash, mood estivo e ballabile, liriche pungenti ed ironiche al tempo stesso. Il videoclip segue perfettamente la scia emozionale del pezzo, un party a casa di amici che hanno voglia di divertirtsi e stare insieme.

Il singolo sarà distribuito in tutti i digital stores.



05/06/12

Debutto in solo del Deadburger Simone Tilli




Simone Tilli, fiorentino, voce e tromba dei Deadburger, vive a Pisa da una decina di anni. ‘Gualty Volume I’ è il suo primo lavoro solista. Il progetto nasce a cavallo tra una pausa ed un letterale tracollo. La pausa è relativa alle session con i Deadburger, che congelata l’attività dal vivo e le prove in studio, puntano tutto alla realizzazione del prossimo album, ‘La fisica Delle Nuvole’. Il tracollo è un affare personale, tanto che lo sfortunato protagonista ha oggi due scintillanti valvole cardiache nuove ed un polmone in corso di restauro…


Durante i mesi antecedenti l’intervento chirurgico, Tilli è consumato da malessere, rabbia ed insonnia. La musica rimaneva l’unica valvola di sfogo. Con i Deadburger in stand-by, si accolla per la prima volta l’onere delle composizioni al 100%. Gualty, questo il nome di battaglia, si dedica anima e corpo a testi, musiche e arrangiamenti. L’iPad è lo strumento su cui vengono provati i brani, che rispettano un certo flavor noir, quasi in linea con certo legnoso dub jazz. L’immagine è quella di un club che cade a pezzi. Terminata la pre-produzione, i brani vengono poi registrati al celebre West Link di Cascina (Pisa), contando sugli interventi di Marco Nello Zaninello (Appaloosa, batteria), Fabio Di Tanno (contrabbasso) ed Andrea Appino (chitarra e voce dei Zen Circus che appare nel brano Be Folky). Tilli si muove tra microkorg, campioni, pianoforte distorto, rumori ed ovviamente voci, lasciando un segno indelebile su questa sua prima uscita in solo.



Mike Patton meets Luciano Berio




Mike Patton, accompagnato dal collettivo belga Ictus Ensemble, omaggia il pionieristico compositore Luciano Berio con la pubblicazione in data 2 luglio di  Laborintus II , licenziato dalla personale Ipecac Recordings. L’influenza di Berio sulla musica contemporanea è inestimabile, la sua ricerca materiale si è sviluppata in maniera finanche intuitiva, fagocitando elementi apparentemente contrastanti come la classica, il jazz e l’elettronica. Laborintus II veniva concepito nel 1965, in occasione del settecentesimo anniversario della nascita di Dante Alighieri.

Le composizioni si basano sull’omonimo poema di Edoardo Sanguinetti. Sono tre le voci narranti in questo lavoro focalizzato sull’assenza del tempo nel dolore e nella sofferenza. Nel 1972 Berio presentava l’opera all’Holland Festival, nella prima olandese anche lo stage era allestito in maniera a dir poco eclettica per l’ambiente, con la presenza sul palcoscenico di una gigantesca bambola gonfiabile e di vecchi pneumatici.

Nel 2010 Mike Patton raggiunge l’ Ictus Ensemble e la Nederlands Kemerkoor in occasione dell’analogo festival per una performance di Laborintus II, integralmente riportata in questa pubblicazione divisa in 3 parti. Lieven Bertels, direttore artistico della kermesse, ha detto del recital: fedele al contesto storico di un repertorio appartenente al secolo precedente, e comunque un progetto attraente anche per le generazioni più giovani, in quanto lasciapassare per essere introdotti all’opera di Berio.

La versatilità di Patton e la vulcanica presenza dell’Ictus Ensemble non hanno fatto altro che adeguare la narrazione ai nostri tempi, restituendo lustro e colore all’opera originale. Per Patton si tratta di un ritorno sul ‘luogo del delitto’ considerando il precedente excursus nella canzone italiana col progetto Mondo Cane ed il doppio antologico dedicato a Morricone – Crime & Dissonance – licenziato dalla sua Ipecac. Per lo stesso Mike non esiste alcun ostacolo nel confrontarsi con l’opera di Berio o con quella di Luigi Nono, al pari di un amore ed un rispetto radicato nei confronti del folklore popolare del nostro paese. Del resto l’avanguardia ed il pop hanno sempre occupato un ruolo di primissimo piano negli sviluppi artistici di questo inafferrabile interprete e musicista.