25/11/08

Jimi Tenor & Kabu Kabu - 4th Dimension

Benvenuti a bordo, la corsa a rotta di collo sulle montagne russe (rollercoaster) – citazione libera da Total Devastation, uno dei suoi singoli più in voga ai tempi della Warp – assieme al più esotico musicista nord-europeo può avere inizio.
Finlandese doc e proprietario della preziosa indipendente Sahko Recordings – che finalmente ne diffonde in esclusiva il verbo – Jimi Tenor non ha davvero paura di bruciarsi. Perché a differenza della glaciale elettronica o del pop algido prodotto in patria e nei paesi adiacenti, lui ha scelto il sole, la brillantezza, un orizzonte luminoso. Una progressione straordinaria: l’invadente presenza nel circuito della club culture patrocinato dal marchio Warp, le delizie per fiati e big band negli album pubblicati con Crippled Dick Hot Wax, l’immersione totale nel calderone della black music dei giorni nostri. E’ una quarta dimensione che più che attivare varchi futuristi, riporta in auge le sonorità e la cultura nera dei tardi 60/primi 70, mostrando però un upgrade notevole nei confronti delle correnti tecnologie.
Si rinnova la collaborazione con il gruppo di musicisti dell’Africa occidentale Kabu Kabu – ora residenti in Germania – in quella che è un immersione nei luoghi del mito. Africa, ma anche America. Perché il legame spirituale è così evidente. Il trepidare dell’afro-beat, ma anche il respiro spaziale e cinematico di grandi compositori quali Sun Ra, Charles Mingus e Lalo Schifrin. Meno concentrato sul suo ormai caratteristico timbro vocale, Jimi si mostra polistrumentista abile e spregiudicato, sfoggia il suo repertorio con armi affascinanti quali il sax tenore, il flauto ed il sintetizzatore. Mystery Spot - che apre l’album – è una baldanzosa festa afrobeat, come si conviene ai migliori Fela Kuti e Tony Allen. Lo stesso dicasi per Grind e Me, I Say Yes. Spiccano però gli arrangiamenti fiatistici e l’approccio poliritmico che se possibile spostano ancora di più il tiro verso le volte celestiali dell’Arkestra e del suo vate Sun Ra. Altrove anche un vento jazz-rock e qualche ‘sinistro’ arrangiamento progressivo indicano la strada al nuovo Jimi, addirittura in rotta di collisione coi Goblin del benemerito Simonetti. Anche la forte propensione tribale parla una lingua universale, riportando alla luce – nei modi – l’impeto di alcune tribù africane, spesso immortalate in leggendari field recordings (pensiamo alle serie tematiche di Nonesuch, Folkways ed Ocora).
Ancient to the future, il motto è dell’Art Ensemble Of Chicago, d’accordo, ma Jimi Tenor sembra farne proprio una ragione di vita, col nuovo – superlativo – 4th Dimension.

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