Per chi vi ha assistito alle loro performance dal vivo sono un ricordo indelebile, nonostante negli ultimi 15 anni le produzioni discografiche in ambito estremo non siano certo mancate. I tre olandesi raccolti sotto il tenebroso cappello di Gore, sono stati a loro modo antesignani di un nuovo modo di intendere la musica chitarristica. Hanno spostato in avanti le lancette dell’evoluzione post-hardcore e metal, intessendo fittissime trame sonore. Tutto ciò accadeva nella prima metà degli anni ’90, quando il termine rock matematico era solo un'ipotesi nelle menti delle più avvedute firme della critica internazionale. Hanno folgorato la stessa Rollins Band ed infuriavano proprio nel periodo in cui No Means No e The Ex rappresentavano l’avanguardia nei circuiti di stretta osservanza hardcore/punk. Southern Lord paga pegno a questa fondamentale compagine, che avendo brutalizzato gli schemi della musica strumentale, si è guadagnata un ruolo da protagonista nella più spietata storia del rock indipendente. Monolitici e spesso avvezzi alla ripetizione armonica, i Gore hanno tracciato un sentiero di fondamentale importanza, accorciando le distanze tra la musica cosiddetta colta ed il più fangoso rock underground. Pionieri animati anche da una sana ironia, laddove anche le truculenti immagini che accompagnavano le loro copertine erano frutto di una passione smodata per l’art brut. Spiazzanti anche quando inserivano i testi dei loro brani nella busta del vinile, pur avendo mai utilizzato lo ‘strumento’ voce. Riesumati i nastri originali, i primi due album dei Gore hanno subito un importante processo di restauro. Il doppio cd che immortala la loro prima fase creativa contiene la bellezza di 43 tracce, in ragione del fatto che agli album originali sono state aggiunte significative composizioni inedite. Tornare su questi fragorosi luoghi per i pochi die-hard fans sarà un piacere sublime, per i nuovi adepti l’occasione di incrociare un satirico mostro a tre teste. Considerato lo status symbol raggiunto da nomi quali Don Caballero o Pelican, rimarrete sbigottiti di fronte alla lucida follia con cui i tre olandesi hanno confezionato la loro opera. Da qui all’eternità?
21/11/08
Hart Gore - Mean Mans' Dream
Per chi vi ha assistito alle loro performance dal vivo sono un ricordo indelebile, nonostante negli ultimi 15 anni le produzioni discografiche in ambito estremo non siano certo mancate. I tre olandesi raccolti sotto il tenebroso cappello di Gore, sono stati a loro modo antesignani di un nuovo modo di intendere la musica chitarristica. Hanno spostato in avanti le lancette dell’evoluzione post-hardcore e metal, intessendo fittissime trame sonore. Tutto ciò accadeva nella prima metà degli anni ’90, quando il termine rock matematico era solo un'ipotesi nelle menti delle più avvedute firme della critica internazionale. Hanno folgorato la stessa Rollins Band ed infuriavano proprio nel periodo in cui No Means No e The Ex rappresentavano l’avanguardia nei circuiti di stretta osservanza hardcore/punk. Southern Lord paga pegno a questa fondamentale compagine, che avendo brutalizzato gli schemi della musica strumentale, si è guadagnata un ruolo da protagonista nella più spietata storia del rock indipendente. Monolitici e spesso avvezzi alla ripetizione armonica, i Gore hanno tracciato un sentiero di fondamentale importanza, accorciando le distanze tra la musica cosiddetta colta ed il più fangoso rock underground. Pionieri animati anche da una sana ironia, laddove anche le truculenti immagini che accompagnavano le loro copertine erano frutto di una passione smodata per l’art brut. Spiazzanti anche quando inserivano i testi dei loro brani nella busta del vinile, pur avendo mai utilizzato lo ‘strumento’ voce. Riesumati i nastri originali, i primi due album dei Gore hanno subito un importante processo di restauro. Il doppio cd che immortala la loro prima fase creativa contiene la bellezza di 43 tracce, in ragione del fatto che agli album originali sono state aggiunte significative composizioni inedite. Tornare su questi fragorosi luoghi per i pochi die-hard fans sarà un piacere sublime, per i nuovi adepti l’occasione di incrociare un satirico mostro a tre teste. Considerato lo status symbol raggiunto da nomi quali Don Caballero o Pelican, rimarrete sbigottiti di fronte alla lucida follia con cui i tre olandesi hanno confezionato la loro opera. Da qui all’eternità?
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