C’è un tempo per crescere, un luogo in cui affrancarsi dalle passate esperienze. L’anno è il 2009, il luogo la Norvegia (siamo nella cittadina di Haugesund), la regia curata da Rune Grammofon, la prestigiosa etichetta locale che non guarda unicamente all’avanguardia, ma anche alle più sofisticate forme di pop in circolazione. La Susanna solista o in combutta con la magica orchestra sono una discreta pietra di paragone. Più strutturata l’esistenza dei cinque Low Frequency In Stereo, che che sembrano aver smaltito i timidi esordi indie a favore di un sound che in una serie di vivide istantanee convoglia il sixties garage, l’avant pop, lo shoegaze, l’elettronica minimalista e addirittura alcune spezie orientali.
Nascono nel 2001 sulla costa est norvegese. Dopo la coppia di album pubblicati rispettivamente nel 2002 e 2004 - "The Low Frequency In Stereo" e "Travelling Ants Who Got Eaten By Moskus" – i nostri ricevono addirittura una nomination ai Grammy nazionali con "The Last Temptation Of..." del 2006. Questo è in pratica il viatico alla crezione di "Futuro", che oltre alla lunga gestazione ha portato anche ad un rimpasto di formazione, con i nuovi elementi Clementsen e Frøkedal. Con "Futuro" il gruppo decolla letteralmente, suggerendo proprio una passione per quelle musiche retro-futuriste che negli ultimi 15 anni hanno fatto la fortuna di gruppi quali Stereolab, Pram o Laika. C’è ovviamente dell’altro, tanto che negli scenari del nuovo disco si insinuano le influenze più disparate: dai sempreverdi Can a Terry Riley, dal più sommerso electro-pop alla vocalità angelica dei B 52’s, senza in questo trascurare il rumore bianco dei My Bloody Valentine o certi immaginari spaghetti-western. Per loro Pitchfork ha coniato la definizione di Psych-Garage Dronemeisters, ma oggi lo spettro dei Low Frequency In Stereo si sposta molto più in là, alla ricerca di nuovi mondi e modi di intedere la musica contemporanea. Non c’è da stupirsi dunque della presenza di Nils Økland e Kjetil Møster (Ultralyd) compagni di scuderia che accendono le velleità avant del disco, registrato tra l’altro dal re mida Jørgen Træen (Jaga Jazzist, Kaizers Orchestra, The National Bank, Sondre Lerche). Ci sono tutti gli elementi in campo per un percorso finissimo. Buon viaggio.
Nascono nel 2001 sulla costa est norvegese. Dopo la coppia di album pubblicati rispettivamente nel 2002 e 2004 - "The Low Frequency In Stereo" e "Travelling Ants Who Got Eaten By Moskus" – i nostri ricevono addirittura una nomination ai Grammy nazionali con "The Last Temptation Of..." del 2006. Questo è in pratica il viatico alla crezione di "Futuro", che oltre alla lunga gestazione ha portato anche ad un rimpasto di formazione, con i nuovi elementi Clementsen e Frøkedal. Con "Futuro" il gruppo decolla letteralmente, suggerendo proprio una passione per quelle musiche retro-futuriste che negli ultimi 15 anni hanno fatto la fortuna di gruppi quali Stereolab, Pram o Laika. C’è ovviamente dell’altro, tanto che negli scenari del nuovo disco si insinuano le influenze più disparate: dai sempreverdi Can a Terry Riley, dal più sommerso electro-pop alla vocalità angelica dei B 52’s, senza in questo trascurare il rumore bianco dei My Bloody Valentine o certi immaginari spaghetti-western. Per loro Pitchfork ha coniato la definizione di Psych-Garage Dronemeisters, ma oggi lo spettro dei Low Frequency In Stereo si sposta molto più in là, alla ricerca di nuovi mondi e modi di intedere la musica contemporanea. Non c’è da stupirsi dunque della presenza di Nils Økland e Kjetil Møster (Ultralyd) compagni di scuderia che accendono le velleità avant del disco, registrato tra l’altro dal re mida Jørgen Træen (Jaga Jazzist, Kaizers Orchestra, The National Bank, Sondre Lerche). Ci sono tutti gli elementi in campo per un percorso finissimo. Buon viaggio.
Nessun commento:
Posta un commento