Dopo aver realizzato nel 2007 un classico underground come "A Love Of Shared Disasters", torna in azione il supergruppo – per quanto stantia possa apparire tale definizione – Crippled Black Phoenix, fiore all’occhiello della più trasversale scena britannica, quella sospesa tra esperienze wave, neo-psichedeliche e addirittura stoner. Non è un caso che il cospiratore numero uno della compagine sia tal Justin Greaves, eminenza grigia del più visionario hard made in UK, già operativo all’interno di gruppi di tutto rispetto quali Electric Wizard, Iron Monkey e Teeth The Lions Rule Devine. Per buona parte della seconda metà del 2008 i Crippled Black Phoenix – con una formazione in parte rinnovata – si chiudono in studio per dare un seguito all’epocale esordio di cui sopra, atterrando in ultima battuta allo State Of Art Studio di Geoff Barrow, uno dei tre Protishead, ma soprattutto deus ex-machina di Invada, l’etichetta che nuovamente lancia le ambizioni dei nostri. Nella nuova line-up spiccano i nomi di Joe Volk (Gonga), Dominic Aitchison (Mogwai), Kostas Panagiotou (Pantheist) e Charlotte Nicholls. Ognuno apporta elementi sostanziali al risultato finale, ribadendo se possibile la forte vena lirica che dagli esordi ha contraddistinto l’idea dietro Crippled Black Phoenix. Episodi sempre tesi al collasso emotivo, in lunghe code strumentali o aperture quasi cameristiche, una miriade di dettagli che lascia pensare al lavoro di chimici ineffabili. Perché è proprio la chimica il segreto, la funzionalità di così disparati elementi costipati all’interno di un unico disco. Psichedelica, dilatazioni dal sapore quasi desertico, sezioni archi avvolgenti, brani che crescono esponenzialmente ad ogni ascolto, suggerendo un’idea di libertà. E l’idea di non essere circoscritti in nessun girone stilistico conforta certamente i Crippled Black Phoenix, in grado di sciorinare il loro credo, attraverso liquide, ancestrali proiezioni. Un ritorno a tinte fosche, un paesaggio autunnale di sconfinata bellezza.
25/02/09
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