L’autunno del 2007 ha rappresentato un’autentica svolta per gli americani Apse, non solo dal punto di vista artistico, ma anche da quello personale, con il trasferimento sulla quieta costa di Cape Cod, nel Massachusetts. Un cambiamento radicale per un gruppo che affondava le sue radici in una città urbana come Newtown, CT. Bobby e Michael, i membri fondatori sopravvissuti al cambio logistico, assoldano il poli-strumentista Jed Armour ed è poi lui ad introdurre il batterista Brandon Collins. Partecipano all’ormai mitologica rassegna ATP Vs. Pitchfork, con la stessa etichetta inglese siglano poi un importante contratto. Il primo frutto è la ripubblicazione del disco del 2006 "Spirit", meravigliosa occasione per scaldare gli animi, in attesa di un vero e proprio nuovo album, cui il gruppo ha dedicato una discreta fetta del 2008 oltre alla primissima parte del 2009. "Climb Up" è il risultato di una rigorosa applicazione, ed è ovviamente il disco più intenso e completo messo in circolo dal quartetto, ormai capace di liberare un magnetico indie-pop dalle innumerevoli sfaccettature, fossero romantiche o progressive poco importa, sono le canzoni a brillare di luce propria stavolta. "Climb Up" è stato registrato seguendo una metodologia casalinga, nessuna infiltrazione esterna, il gruppo ha investito sui moderni ritrovati tecnologici per realizzare un disco in piena intimità. Album che sembra abbracciare appieno la più sofisticata scuola wave britannica, tra soluzioni eteree ed imporvvisi passaggi in realtà profondamente oscuri. Non ci sono etichette che possano reggere il confronto, tecnicamente il gruppo vuole sfuggire i luoghi comuni dell’emisfero indie, per dedicarsi ad un suono dai tratti sì intimisti, ma anche profondamente groovy. Gli Apse vi chiedono in maniera molto gentile di abbandonarvi, di vivere il loro suono attraverso un’esperienza sensoriale, senza alcuna fretta. Sembrano con i loro brani congelare il momento, offrire una rivisitazione di quegli oscuri e trasognati luoghi rock battuti da eminenze grigie quali Mogwai, Sigur Ros o Godspeed You Black Emperor. Che i paragoni non diventino ingombranti però, la statura del gruppo è stata provata nel corso degli anni, dalla perfezione formale dei dischi alle sempre colorate apparizioni live. Esplorazione e coraggio caratterizzano il loro standard operativo, la dimensione del sogno rimane comunque la loro aspirazione più grande, nella subdola creazione di melodie fantasma.
26/08/09
Nuovo disco per gli Apse
L’autunno del 2007 ha rappresentato un’autentica svolta per gli americani Apse, non solo dal punto di vista artistico, ma anche da quello personale, con il trasferimento sulla quieta costa di Cape Cod, nel Massachusetts. Un cambiamento radicale per un gruppo che affondava le sue radici in una città urbana come Newtown, CT. Bobby e Michael, i membri fondatori sopravvissuti al cambio logistico, assoldano il poli-strumentista Jed Armour ed è poi lui ad introdurre il batterista Brandon Collins. Partecipano all’ormai mitologica rassegna ATP Vs. Pitchfork, con la stessa etichetta inglese siglano poi un importante contratto. Il primo frutto è la ripubblicazione del disco del 2006 "Spirit", meravigliosa occasione per scaldare gli animi, in attesa di un vero e proprio nuovo album, cui il gruppo ha dedicato una discreta fetta del 2008 oltre alla primissima parte del 2009. "Climb Up" è il risultato di una rigorosa applicazione, ed è ovviamente il disco più intenso e completo messo in circolo dal quartetto, ormai capace di liberare un magnetico indie-pop dalle innumerevoli sfaccettature, fossero romantiche o progressive poco importa, sono le canzoni a brillare di luce propria stavolta. "Climb Up" è stato registrato seguendo una metodologia casalinga, nessuna infiltrazione esterna, il gruppo ha investito sui moderni ritrovati tecnologici per realizzare un disco in piena intimità. Album che sembra abbracciare appieno la più sofisticata scuola wave britannica, tra soluzioni eteree ed imporvvisi passaggi in realtà profondamente oscuri. Non ci sono etichette che possano reggere il confronto, tecnicamente il gruppo vuole sfuggire i luoghi comuni dell’emisfero indie, per dedicarsi ad un suono dai tratti sì intimisti, ma anche profondamente groovy. Gli Apse vi chiedono in maniera molto gentile di abbandonarvi, di vivere il loro suono attraverso un’esperienza sensoriale, senza alcuna fretta. Sembrano con i loro brani congelare il momento, offrire una rivisitazione di quegli oscuri e trasognati luoghi rock battuti da eminenze grigie quali Mogwai, Sigur Ros o Godspeed You Black Emperor. Che i paragoni non diventino ingombranti però, la statura del gruppo è stata provata nel corso degli anni, dalla perfezione formale dei dischi alle sempre colorate apparizioni live. Esplorazione e coraggio caratterizzano il loro standard operativo, la dimensione del sogno rimane comunque la loro aspirazione più grande, nella subdola creazione di melodie fantasma.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento