26/08/09

Shrinebuilder


Quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare… Quale migliore e tendenzioso biglietto da visita per un gruppo che ha in realtà tutte le caratteristiche della formazione stellare, nata certo con spirito cameratista ma capace di rappresentare una vera e propria summa dell’heavy music degli ultimi venti anni. E certamente non rischiamo di esagerare perché a guardarli in faccia i quattro mettono davvero paura, fotografati – quasi come condannati in attesa di giudizio – spalle al muro. In realtà siamo noi ad essere schienati, da una quasi mossa felina. Mai associata del resto tanta agilità e prontezza di riflessi ai canoni della musica estrema. Non una rivisitazione dell’hard dei seventies, nemmeno un metal dagli accenti proto-industriali e per dirla tutta non proprio un elogio della lentezza. La storia viene riscritta, ora. Si chiamano Shrinebuilder e Neurot è la loro casa. Andiamo con ordine e tracciamo l’identikit di questa lega di campioni: Al Cisneros - basso e voce - ha fatto la spola dagli Sleep agli Om, Wino – chitarra/voce - è un istituzione di quello che comodamente possiamo definire doom, avendo letto le potenzialità di questa musica attraverso le esperienze fondanti di Obsessed e Saint Vitus. Scott Kelly - chitarra/voce - è uno dei principali songwriter dei Neurosis mentre Dale Crover – batteria - è storicamente il motore dei Melvins. La somma delle parti è un ritratto di sconvolgente bellezza, nella misura in cui lo scibile della musica più pesante e psicotica si incrocia su di un’autostrada deserta. Accade di tutto in questi tumultuosi assaggi di apocalisse terreno, con Cisneros, Scott ‘Wino’ Weinrich e Kelly a scambiarsi ripetutamente il ruolo di cantante, rilasciando musiche sì lugubri ma dal profilo fondamentalmente progressivo. Sono cinque tracce dagli sviluppi imprevedibili a comporre il mosaico di questo omonimo album di debutto. Un disco realizzato nella più totale visione creativa, una jam tra uomini che hanno sempre reciprocamente apprezzato la propria opera. Una riunione di quelle memorabili, un convivio di stelle che plasma il rumore in un illusione quasi pittorica. Il respiro e l’eternità della musica heavy, quella senza etichette.

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