22/04/10

Land Of Kush's Egyptian Light Orchestra - Monogamy

Spesso all'interno di una comunità deliberatamente off si insinuano personaggi illuminati, straordinariamente dotati. Il punto è rendere plausibile e testimoniare al grande pubblico un dono così eccezionale. Spesso occorrono dei lustri, ma ancor più spesso le aspettative vengono disattese. Sam Shalabi che delle sue numerose partnership musicali ha fatto una ragione di vita, ha impiegato quasi un'intera carriera a metter fuori il naso dalla natia scena di Montreal.
I Land Of Kush sono ad oggi il suo progetto di maggior successo, a dirla tutta anche quello più ambizioso. Dopo aver esordito per Constellation con Against The Day, il gruppo lancia un ulteriore acuto con Monogamy, successore non meno articolato e sfavillante. Portando in dote le sue innumerevoli esperienze nei circoli più sperimentali del rock indipendente canadese, Sam Shalabi ha allestito quella che a ragione possiamo definire una big band. Tanto che oltre 21 musicisti si alternano tra le fila del nuovo disco, dispensando contribuiti vibranti, essenziali a costituire l'intelaiatura di un disco non meno sfaccettato. Ricordando per certi versi il viaggio - con relativo show - in Egitto dell'Arkestra di Sun Ra, i Land Of Kush incamerano nel loro suono non solo scale arabiche ma anche visioni di un Cairo futuribile, all'ombra di piramidi extraterrestri. Un'apoteosi per chi ha sempre sostenuto l'idea di una psichedelia a briglie sciolte, capace da un parte di inseguire la tensione del più visionario rock e dall'altra di intercedere con i piani alti dell'avanguardia occidentale.
Monogmay è così l'inaspettato disco di world music, il ragionevole guanto di sfida di un musicista che piuttosto che guardarsi alle spalle ha deciso di spostare la sua visione su inediti piani sequenziali. I Land Of Kush sono così un collettivo al di fuori dei più severi steccati, un'entità padrona del suo destino, sospesa in un limbo temporale che varrebbe la pena definire futurismo antico. Ancient to the future era d'altronde uno dei motti dell'Art Ensemble Of Chicago, una delle formazioni che più ha rinnovato l'enciclopedia afro-americana.

The Egyptian Light Orchestra è l'indicativa sigla che accompagna il monicker dei Land Of Kush, in sè un'ammissione. La scrittura del gruppo sa essere distintamente avvolgente nei lunghi ed armoniosi passaggi cameristici, libera da ogni sorta di compromesso nelle riottose devianze free, ammaliante nelle sue salite psichedeliche. Un disco che chiaramente va gustato nel suo insieme, una filosofia di vita quella dei Land Of Kush che implica lo scambio culturale, come ragion d'essere. E nei groove ipnotici di Monogamy c'è tutto il sapere di una formazione ardita, multiforme e distante dalle convenzioni. Uno dei dischi di maggior spessore di questo 2010, aldilà di quello che comunemente intendiamo come indie rock o pura avanguardia.


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