16/02/12

Un punk di Washington Dc alle prese con house ed italo disco


Guadagnatasi un ruolo di tutto rispetto nelle gerarchie dell’emisfero elettronico, Planet Mu stabilisce che anche il 2012 sarà un anno improntato al lancio di nuovi talenti, in linea con gli exploit dei passati 12 mesi. Discorso articolato quello che riguarda Daniel Martin-McCormick, da Washington DC con furore. Poco più che debuttante con la sigla Ital, il nostro vanta lusinghieri trascorsi nella locale scena post-punk. Il primo nome che salta alla mente è ovviamente quello della Dischord di Ian McKaye…

Non a caso – giovanissimo - McCormick urlava dietro al microfono con i Black Eyes, formazione che realizzò due album da antologia a mezza via tra post-hardcore e ricercatezze no wave, proprio per la label dei Fugazi. Venne poi il tempo dei Mi Ami, che grazie anche agli sforzi di un altro colosso indipendente come la Thrill Jockey di Chicago, si ricavarono un ruolo per nulla marginale nell’evoluzione del suono post-punk più incline alla dance.

Il ritmo è da sempre un tarlo per McCormick che prima come Sex Worker – per il tanto chiacchierato marchio losangeleno Not Not Fun – e poi come Ital decide di abbracciare in maniera del tutto trasversale i dettami della house music e della italo disco. Al debutto sulla lunga distanza proprio per Planet Mu i suoi temi si fanno più virtuosi, merito di una visione d’insieme che certo non prescinde dai toni esplorativi del suo dna.

Ecco allora sovvertite le aspettative, grazie a subdoli inserimenti industrial-dub e a code strumentali che si affacciano sulle zone periferiche della techno minimale.

C’è un qualcosa di scultoreo in ‘Hive Mind’, un suono dagli aspetti quasi tridimensionali, dove le melodie ed i bridge sono sottoposti ad un sistematico lavoro di editing. E’ come se un tono fantasmatico avvolgesse tutto il disco, provocando insolite vibrazioni che ben si adattano alla personalità mutevole del protagonista. Se l’apertura con 'Doesn't Matter (If You Love Him)' rimanda a certi esperimenti dei Tackhead magari in salsa house, 'Floridian Void' si pone su territori più ambientali ed acquatici. C’è poi la disco straniante di 'Privacy Settings' ed ancora i toni dub di 'Israel' , per poi chiudere con 'Final Wave' , una strizzata a quel grande producer che è Moodymann. In buona sostanza un fiero mercato del battito dance, per chi è ancora ammaliato dalle arti del corpo.

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