Evangelista è il nome della nuova band di Carla Bozulich ed Hello, Voyager ne segna il debutto ufficiale. Una ‘trasmigrazione’ logica se pensiamo che proprio l’esordio per Constellation del 2006 portava il titolo di Evangelista. Accompagnata dai fidi Tara Barnes e Shahzad Ismaily, la vocalist d’adozione californiana torna sul luogo del delitto. L’Hotel2Tango di Montreal dove Efrim Menuck e soci hanno tagliato fantastiche musiche con A Silver Mt. Zion ed artisti di fama internazionale quali Patti Smith e Vic Chesnutt. La partnership si rinnova dunque, con diversi elementi degli Zion a dar manforte da studio, cesellando anche con sapienti arrangiamenti orchestrali (l’ormai caratteristico suono degli archi) lo stesso album. L’ispirazione della Bozulich tocca forse i suoi picchi più alti dai tempi dei Geraldine Fibbers, la band alternative-country con la quale riuscì a scalare i vertici di un multinazionale.
E’ un blues viscerale, un lamento lirico quello che emerge dai solchi di Hello, Voyager. C’è il romanticismo selvaggio di ballate che si risolvono in ammalianti torch songs, assalti all’arma bianca saturi di elettricità come negli sfoghi della poetessa Patti Smith e del suo ‘specchio’ no-wave Lydia Lunch, c’è una camera apposita per l’improvvisazione, per la ricerca ritmica. Il profilo è alto, l’eclettismo di Hello, Voyager odora di letteratura urbana, una realtà che ti investe, che ti toglie il respiro.
Il secondo album per Constellation di Carla Bozulich è così un disco che osa, nella sua completezza, nella fattiva ricerca di un’integrità stilistica che si risolve in una invidiabile ricchezza di fondo. Uno degli apici della carriera della Bozulich, attiva da qualcosa come 25 anni nel music-biz, con la forza delle sue parole e della sua voce, che ne ha fatto una delle interpreti più originali del nostro tempo.
L’etica – sempre fortissima – della casa madre Constellation vede il materiale pubblicato utilizzando carta riciclata al 100% (per gli appassionati del vinile, questo sarà doppio e pesante, ben 180 grammi), nel classico packaging che a livello ‘estetico’ ha imposto la label tra le indipendenti guida di inizio millennio.
E’ un blues viscerale, un lamento lirico quello che emerge dai solchi di Hello, Voyager. C’è il romanticismo selvaggio di ballate che si risolvono in ammalianti torch songs, assalti all’arma bianca saturi di elettricità come negli sfoghi della poetessa Patti Smith e del suo ‘specchio’ no-wave Lydia Lunch, c’è una camera apposita per l’improvvisazione, per la ricerca ritmica. Il profilo è alto, l’eclettismo di Hello, Voyager odora di letteratura urbana, una realtà che ti investe, che ti toglie il respiro.
Il secondo album per Constellation di Carla Bozulich è così un disco che osa, nella sua completezza, nella fattiva ricerca di un’integrità stilistica che si risolve in una invidiabile ricchezza di fondo. Uno degli apici della carriera della Bozulich, attiva da qualcosa come 25 anni nel music-biz, con la forza delle sue parole e della sua voce, che ne ha fatto una delle interpreti più originali del nostro tempo.
L’etica – sempre fortissima – della casa madre Constellation vede il materiale pubblicato utilizzando carta riciclata al 100% (per gli appassionati del vinile, questo sarà doppio e pesante, ben 180 grammi), nel classico packaging che a livello ‘estetico’ ha imposto la label tra le indipendenti guida di inizio millennio.
il disco esce in Italia il 10 Marzo
http://www.myspace.com/evangelistasounds
http://www.carlabozulich.com/
http://www.cstrecords.com/cst050.html
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