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La via minimalista al rock’n’roll di questa formazione nord europea ha del fenomenale. Lo schema impone la ripetizione, ma dimenticate pure tutte le facezie del nuovo shoegaze, perché i ragazzi hanno un piglio davvero nervoso e non sono necessariamente in vena di convenevoli. In poche parole, i fiori del vostro piccolo orto sono seriamente a rischio. Essendo il loro approccio musicale molto prossimo ad una vera e propria filosofia di vita, il consiglio unanime è quello di fruire integralmente della loro opera. Questi islandesi non prendono prigionieri e la loro matrice sonica tradisce influenze importanti. Dai Grateful Dead ai Black Sabbath, passando magari per certe inquietanti formazioni proto-punk australiane o per le più oscure bande della wave newyorkese.
Non c’è nulla di accomodante nel loro sound, tanto che questo Dead Magick pare un commento a latere sulla fine dei nostri tempi. Una danza propiziatoria sulle macerie della cultura occidentale, con il rock’n’roll che diviene intrattenimento macabro, incorreggibile.
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