'E’
stato un periodo di grande instabilità. ‘Mercury’ ne è il barometro. Una
rassegna di brani che parlano di innocenza ed esperienza, morte e rinascita. La
materia grigia nel mezzo, il Natale, la
nostalgia, le macchine del tempo, le stimmate'.L’album di debutto dei Miracle esce per l’inglese Planet Mu ed è una
collaborazione tra due artisti con una ricca storia musicale, un background
stilistico che non assocereste immediatamente al risultato finale scaturito:
Mercury. Daniel O'Sullivan ha suonato e cantato in bands come Ulver, Mothlite,
Grumblin’ Fur e Guapo, mentre Steve Moore ha registrato con gli Zombi – pesantemente
influenzati dall’immaginario delle colonne sonore italiane horror e dintorni -
ed in altre vesti per la label techno di Colonia Kompakt e con lo pseudonimo
L.I.E.S.
il primo incontro risale al tour Guapo/Zombi consumatosi nel 2006. Concretamente i due inizieranno a lavorare al primo album solo nel 2010, rispettando l’idea comune di un progetto strumentale dai chiari rimandi dance. Il concept iniziale subisce però un’accelerazione quando Daniel inizia ad aggiungere delle parti vocali, veicolando dunque i Miracle in altra direzione, all’inseguimento di una forma canzone spaziale e soavemente pop.
il primo incontro risale al tour Guapo/Zombi consumatosi nel 2006. Concretamente i due inizieranno a lavorare al primo album solo nel 2010, rispettando l’idea comune di un progetto strumentale dai chiari rimandi dance. Il concept iniziale subisce però un’accelerazione quando Daniel inizia ad aggiungere delle parti vocali, veicolando dunque i Miracle in altra direzione, all’inseguimento di una forma canzone spaziale e soavemente pop.
Ci
sono sicuramente dei tratti cosmici in questa impresa, ma l’influenza forse più
subliminale è quella del classico film di Joel Schumacher del 1987 'The Lost
Boys'. Ci sono power ballads di grande respiro che potrebbero addirittura far
pensare alla musica FM americana (non scherziamo citando gente come Survivor,
Toto o Styx) unitamente a vere e proprie cavalcate synth che raccontano tutto
l’amore di Steve Moore non solo per I Goblin e Fabio Frizzi, ma anche per la
primissima italo disco e le propaggini più elettroniche del cosiddetto kraut
rock. E poi quei, testi, malinconici ed occulti allo stesso tempo, un tributo esistenziale.
Un
disco dalla lunga gestazione, quasi diviso in paragrafi dal mood unico. Il
collage inizia con i toni devozionali di 'Good Love', un cantico attraverso il vetro. Il
primo picco arriva con 'Automatic And Visible' davvero un’essenziale vision
synth funk, mentre 'Falling Into The Night' è un singolo di energico pop anni
’80 con un riff di tastiere scippato direttamente all’estetica MTV. Paradossalmente
il primo singolo estratto è la title-track 'Mercury', con i suoi accordi
meravigliosi ed una serie di immagini fluorescenti che arrivano direttamente
dalla voce di Daniel. Le radici – solide -
del gruppo sono poi evidenti nella lunga distesa quasi strumentale di
‘Organon’ un vero e proprio marchingegno kosmische, che dice di come l’assetto
dei due rimanga piuttosto cervellotico. Una delle sorprese di questo autunno.
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