Circondata da un
sensazionale hype Camella Lobo è il volto nuovo della più gotica elettronica
californiana. L’artista ha messo a punto il suo debutto sulla lunga distanza in
quel di Los Angeles con la complicità di un nome storico della musica techno,
il produttore Karl O'Connor (altrimenti noto come Regis) che ha apportato i
ritocchi definitivi al disco nelle doppia sede di New York e Londra. E’ nello
specifico il ritorno di Camella alla Blackest Ever Black, giusto a due anni di
distanza dall’Ep ‘The Sorrow Of Two
Blooms’, terzo disco nel catalogo della label britannica e ad oggi uno
dei suoi più ricercati. I temi trattati
all’interno del lavoro sono inequivocabili, si parla di romanticismo,
devozione, dolore ed arrendevolezza.
Sentimenti che
vengono trasferiti con la giusta dose di alchimia all’interno di un contesto
musicale singolare, spingendo su atmosfere certamente languide, ma senz’altro
più stravaganti rispetto a quanto le uscite di Tropic Of Cancer ci avevano
abituati nel recente passato. Parliamo a tutti gli effetti di un progetto
solista per la Lobo, che debuttava nel 2009 con 'The Dull Age/Victims' – un
dieci pollici licenziato da Downwards – e prima in una serie di collaborazioni
con Juan Mendez (Silent Servant), che sarebbe andata a formare un’essenziale
trilogia. 'Be Brave' – ancora su Downward – poteva contare su un remix
esclusivo della leggenda Richard H. Kirk, che coi suoi Cabaret Voltaire e nella
lunga attività in solo avrebbe rinnovato la scena elettronica tutta. A seguire
poi le pubblicazioni per Mannequin, Sleeperhold Publications e Ghostly
International (uno split con gli altrettanto chiacchierati HTRK) e la raccolta ‘The End Of All Things’. ‘Restless
Idylls’, il primo vero e proprio album della nostra, si muove tra
intense figure synth-wave, aprendo anche a sostanziosi scenari cinematografici.
C’è tutta un’aurea lynchiana, che sottintende il lavoro della Lobo, come quella
Hollywood inversa portata in scena nel capolavoro ‘Mulholland Drive’.
Su scheletrici beat
si insinua la voce della nostra, metà sirena e metà musa stregata, una figura
sinuosa che ondeggia tra twang chitarristici e ariose movenze sintetiche.
Esoterismi industriali e pop da oltretomba, in un disco che appare come un
piccolo trattato di psicanalisi. Un album che vi stupirà e renderà ancor più
magnetico l’avvento della stagione autunnale.
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