Veterani, senza possibilità di equivoci, i californiani Warlocks sono un’istituzione al pari dei Brian Jonestown Massacre. In pratica l’archetipo della neo-psichedelia a stelle e strisce, prima che Black Rebel Motorcycle Club o Black Angels guadagnassero gli onori della cronaca. Si tratta di un ritorno deciso ad una filosofia di vita distante dalle tentazioni della società telematica. Con ‘Skull Worship’ – in uscita a novembre per Zap Banana - l’immaginario del gruppo capitanato da Bobby Hecksher non sembra soggetto a terremoti strutturali. Semmai una conferma, della bontà di queste psicotiche e voluttuose composizioni, arriva dagli otto brani in scaletta. Primo album in studio da cinque anni a questa parte, con il proprio marchio in bella evidenza, tanto per ribadire lo status di indipendenti. Si tratta dell’ottavo disco per il gruppo di Los Angeles, che in passato aveva associato il suo nome a quello di Mute e Tee Pee, prima di trovare un pieno appagamento artistico con l’etichetta personale Zap Banana.
Suoni densi ed una elaborata ragnatela strumentale sostengono le virtù del disco, vero sunto dell’attitudine contagiosa dei Warlocks, ipnotici maestri del tribalismo metropolitano. Per molti versi un ritorno alle origini, con i richiami sottintesi a chi per sempre ha alterato le coordinate del rock anni ’70. La drone machine di Earl V. Miller assieme ai synth suonati dallo stesso Hecksher, rimandano alle imprese di pionieri quali Silver Apples e Red Crayola, utilizzando così le macchine in una maniera quasi cannibale. Con ‘Silver & Plastic’ la band si affaccia in territori più acustici, simulando addirittura le movenze dei primissimi Tyrannosaurus Rex. Brani come ‘Endless Drops’ foraggiano le visioni spaziali di Hawkwind e Neu! prestando così il fianco a fascinose mutazioni. Una musica per indurre in tentazione ed un album che – ci auguriamo – possa definitivamente rivelare al mondo la statura dei Warlocks. 29/10/13
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento