Sembra instancabile
Stephen McBean, che aldilà degli imponenti Black Mountain e dei più docili Pink
Mountaintops, non conosce soste. Non da
meno Imaad Wasif che ha prestato servizio nel gruppo culto Lowercase (due album
memorabili su Amphetamine Reptile, tra psichedelia e rumorismo), passando
rapidamente dai Folk Implosion e spalleggiando la starlette Karen O in congedo
solista. Accanto ai due songwriter la sezione ritmica composta da Rob Barbato e
Dan Allaire, parte integrante del gruppo drone di Los Angeles Darker My Love.
‘Anarchic Breezes’ è molto più della
somma esatta delle sue parti, è un lavoro che trascende i confine della
neo-psichedelia e dell’alternative-country, riservando anche notevoli sorprese
in staffilate hard per nulla casuali. Il tappeto genetico dei due protagonisti
concede passi di questo genere, tirando dentro le migliori filosofie del rock
alternativo degli ultimo 20 anni. C’è ardore e pacatezza, idee eccelse e
sintetiche, come jam distillate che sottintendono un rapporto esclusivo con la
musica dei padri, soprattutto quelli dei ’70. Una musica che sconfina spesso
tra la polvere del deserto, celebrando il sempre ansiogeno mito della periferia
americana. Prodotto dallo stesso McBean con
la complicità di Rob Campanella dei Quarter After e mixato da Mark Nevers a
Nashville (un luogo che fornisce ulteriori sospetti) il disco non rinuncia mai ad
una implicita spazialità. Che fa poi rima con solennità, tale è l’aplomb epico
di buona parte delle composizioni. McBean e Wasif intrecciano il loro canto, un
lento ed inesorabile vociare che rivede le consuetudini ed i rituali dei nativi
americani.
Disco dalle
atmosfere ovattate, ricco comunque di episodi magniloquenti, in cui le chitarre
sfrecciano e simulano i migliori simulacri dell’acid rock.
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