Jagjaguwar pubblicherà il secondo
album da studio degli inglesi Wolf People, ‘Fain’, questo 30 Aprile. Registrato
in una meravigliosa ed isolate casa nello Yorkshire Dales, ‘Fain’ è il suono di
una band all’apice della sua potenza creativa. E’ un lavoro per cui termini come
onestà e naturalezza calzano a pennello, non fosse altro per le storie
raccontate, le melodie, i temi e le strutture ad ampio respiro. L’ album stavolta
attinge alle più tradizionali melodie inglesi e scozzesi, mettendo il revival
folk in discreta evidenza, attraverso un’opera certosina di recupero. Ciò non
allontanerà il gruppo dai suoi comuni usi, tanto che il ricorrere a chitarre
fuzz appare una logica conseguenza.
Mai come in quest’occasione le
influenze del gruppo appaiono così vaste, guardando con decisione a quei gruppi
britannici che avevano flirtato a più riprese con il blues: Groundhogs, Dark,
Mighty Baby ed ovviamente i Fleetwood Mac di Peter Green. Ma ‘Fain’ ha anche
un’anima più acustica, la stessa che si addentra nelle memorie più bucoliche
dell’Inghilterra di fine 60/inizio 70. Anche qui i numi tutelari sono
importanti: Fairport Convention, Nic Jones ed i Trees. C’è poi una vaga
assonanza con i mistici eroi della psichedelica scandinava come Mecki Mark Men,
Mikael Ramel od i più contemporanei Dungen. E paradossalmente anche qualche
rimando alla loro passione adolescenziale per l’hip-hop, traslata nei break di
batteria di ‘Thief’ ed ‘Athol’.
Ha piovuto costantemente durante il processo di registrazione e la casa era talmente gonfia di strumenti ed equipaggiamenti che il gruppo si è visto costretto a dormire in tende e furgoni parcheggiati all’esterno della struttura. Non c’è prezzo però per il paesaggio che si è paventato di fronte a loro, pur mantenendo una temperatura costante nella casa grazie al fuoco del camino. Una serenità che informa ogni singola traccia del disco. Gli ultimi ritocchi sono stati apportati nell’altrettanto piovosa Londra, con comparsate eccezionali per Olivia Chaney al piano e ai cori, oltre a quelle di Nic Kearey e Rachel Davies degli Stick in the Wheel e Various (XL). Jace Lasek (The Besnard Lakes) ha registrato la sua voce in maniera del tutto ‘remota’ nella sua Vancouver, per il contributo apparso in ‘All Returns’.
Ha piovuto costantemente durante il processo di registrazione e la casa era talmente gonfia di strumenti ed equipaggiamenti che il gruppo si è visto costretto a dormire in tende e furgoni parcheggiati all’esterno della struttura. Non c’è prezzo però per il paesaggio che si è paventato di fronte a loro, pur mantenendo una temperatura costante nella casa grazie al fuoco del camino. Una serenità che informa ogni singola traccia del disco. Gli ultimi ritocchi sono stati apportati nell’altrettanto piovosa Londra, con comparsate eccezionali per Olivia Chaney al piano e ai cori, oltre a quelle di Nic Kearey e Rachel Davies degli Stick in the Wheel e Various (XL). Jace Lasek (The Besnard Lakes) ha registrato la sua voce in maniera del tutto ‘remota’ nella sua Vancouver, per il contributo apparso in ‘All Returns’.
Come evidenziato da questo brano
– che è anche il primo singolo estratto – la messa a fuoco dell’album è
impressionante rispetto al suo predecessore. Quello che è accaduto a Jack Sharp
(voce/chitarra), Joe Hollick (chitarra), Dan Davies (basso, voce) e Tom Watt (batteria)
è qualcosa che va ben oltre al miracolo virtuale. E’ un riappropriarsi delle radici
attraverso la cognizione del presente. Riscrivere dunque la storia spostando la
dinamica spazio-tempo un pizzico ancora più avanti.
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