Il decimo album da studio dei Neurosis coincide anche con un momento cruciale con le sorti della musica pesante in genere. Che il metal e l’hardcore nelle loro forme più progressive e distintamente avant fossero terreno fertile di scambio era cosa nota, ma forse a qualcuno sfuggiva l’impatto ‘definitivo’ di certe musiche sugli scenari rock estremi e più in generale sulla cultura underground contemporanea. Questo per ribadire come il gruppo originario di Oakland, California, abbia recitato da sempre un ruolo di primissimo piano e rappresentato con la sua quasi enciclopedica discografia un esempio a tutto tondo.
Se di contaminazione è lecito
parlare, i Neurosis ne sono forse gli alfieri, coscienziosamente trasportati da
un rispettoso credo do it yourself. Non a caso è la stessa Neurot a patrocinare
nuovamente il loro ambizioso progetto, consentendo al gruppo di superare
indenne oltre un quarto di secolo artisticamente ispirato. Chiamato nuovamente
dietro al banco di regia, Steve Albini ha provveduto a plasmare le tracce di Honor Found In Decay con la solita
perizia tecnica, firmando la quinta
collaborazione ufficiale con il gruppo. Il loro suono monolitico è stato
catturato presso i famigerati Electrical Audio studios di Chicago, le sette
tracce sono state in seguito masterizzate da John Golden presso i Golden
Mastering di Ventura, California.
Un’ora di musica che coincide con
una delle pubblicazioni più attese di questo di 2012, non fosse altro per il
lunghissimo lustro che ci separa dalla ultima fatica ‘Given To The Rising’. E’
un disco che cattura la band di Steve Von Till e Scott Kelly al suo apice
emozionale. Non a caso i membri del gruppo si relazionano al disco come al loro
più alto picco artistico. La forma estetica non è stata mai secondaria allo sviluppo
del loro concept, tanto che la video arte di Josh Graham continua ad essere un
riferimento essenziale.
Aspettatevi un disco davvero
denso di idee, in cui tutte le possibili sensazioni suscitate in passato dalla
band riemergono nelle forme più insolite. Fatti salvi i classici attacchi
proto-industriali e la solita ascendenza folk apocalittica, il gruppo sa come
elaborare sfuriate metalliche e contemplare la profondità di soluzioni
acustiche. Del resto già esplorate in chiave solista da Von Till e Kelly in
tempi non sospetti. Un album concettuale a tutto tondo, che il gruppo farà rivivere
nell’imminente ATP (dal 30 di novembre al 2 di dicembre presso Camber Sands,
Inghilterra) organizzato dal sodale Steve Albini e dai suoi Shellac. L’ennesima esperienza catartica.
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