25/02/11

Meat Puppets, il nuovo album è "Lollipop"


Se per alcuni il motto Corporate Rock Still Sucks ha ancora un valore mediatico importante. Almeno in casa SST dal tenore delle maglie stampate non devono pensarla diversamente - merito di quell’attitudine barricadera è anche dei fratelli Kirkwood, al secolo Meat Puppets, una delle più incredibili formazioni generate dall’underground americano dei primi anni ’80. Suonavano un hardcore supersonico agli esordi, ma già all’altezza di "Meat Puppets II", dopo aver giocato pericolosamente con l’acido lisergico, sceglievano la strada della jam stranita, a mezza via tra Creedence Clearwater Revival e Grateful Dead. Grosso modo. Sempre inarrivabili negli anni della SST, i nostri inanellarono una serie di dischi capaci di passare con disinvoltura dal country all’hard psichedelia, provando a rendicontare un’attitudine tra le più stravaganti in circolo. Ci sono stati gli anni major, che magari hanno indispettito qualcuno (non certo gli acquirenti con le 500mila copie di "Too High To Die" vendute), ma dopo il tifone grunge la popolarità dell’alternative rock è rientrata nei ranghi ed i benemeriti Kirkwood – superata qualche disavventura personale – hanno ricostituito la band madre. Il 2001 vede una ripartenza in grande sitle, con una label che peraltro ha fatto la storia del rock indipendente americano, quella Megaforce che segui addirittura i primi vagiti dei Metallica. Con a bordo il nuovo batterista Shandon Sahm (figlio dello storico Doug, quindi gioiello di famiglia) e dopo appena un paio d’anni dall’ultima fatica in studio, questi texani doc si riaffaccino sul mercato con "Lollipop". Magistrali musicisti – chi ha assistito ai loro concerti dal vivo sa di cosa parliamo – i benemeriti fratelli non si smentiscono, grazie ad un disco pieno zeppo di riferimenti. Fosse il roots americano, la psichedelia, un rock tinteggiato di aromi orientali o addirittura i ritmi in levare di "Shave It" (sorta di ska virato West Coast). Non c’è nulla che non rappresenti la storia dei Meat Puppets in questi solchi, c’è l’umanità di una grande band, l’estro, la prospettiva di un America fuori dalle rotte comuni, l’idea di una musica dagli orizzonti sconfinati. Tali sono quelli di ‘Lantern’ (con Curt che si lancia in armonie ispaniche degne del miglior Paco De Lucia) e ‘Town’, una ballad sabbiosa, che vale quanto una polaroid dal deserto. Senza troppi giri di parole di "Lollipop" apprezzerete i richiami a dischi leggendari quali Huevos e Mirage, un equilibrio antico tra elettricità e forme acustiche sospese, una musica che è puro compendio della storiologia a stelle e strisce. Monumentali in una sola parola.

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