Robert Scott Weinrich, meglio noto come Wino, non è certo il tipo che necessita roboanti introduzioni. E’ passato e presente di tutto un modo di intendere la musica heavy in America, un’istituzione vivente, una sorta di monito per le generazioni a venire. Le sue fondamenta si possono ritrovare nella Washington DC di fine 70, quando era un giovane rocker ed abbracciava fedelmente il credo di un tetro hard-blues. Amico intimo di Ian McKaye sin dalla notte dei tempi, Wino fondò gli Obsessed negli eighties, praticamente una delle prime formazioni statunitensi devote al verbo doom. Poi il passaggio agli altrettanto leggendari Saint Vitus, fiore all’occhiello di un’eclettica SST. Una cosa è certa, negli ultimi 30 anni il nostro ha prodotto musica senza soluzione di continuità, capeggiando Spirit Caravan, The Hidden Hand ed il supergruppo Shrinebuilder (con membri di Neurosis, Om e Melvins). Ritrovarlo distante dal clima delle sue sortite stoner/doom è quindi motivo di grande curiosità. Perché il Wino di "Adrift" non è altro che il lato più spettrale ed intimo del suo ego. Un progetto che si avvicina alle linee di demarcazione del folk più oscuro, arrivando a suggerire paralleli con grandi autori del calibro di Johnny Cash, John Sebastian (Lovin’ Spoonful), Woodie Guthrie e Bob Dylan. Le sue canzoni seguono infatti l’appassionato filone Americana, mantenendo comunque un’intensità sconosciuta a qualsiasi formazione indie di ultima generazione. Le sue abilità di songwriter e chitarrista trovano ulteriore conferma in una dimensione più raccolta, scrivendo ancora una volta la storia di un reietto che si è riscattato. Non a caso la riproposizione in chiave acustica di "Born To Lose" dei Motorhead può essere più di un esplicito avviso.
28/09/10
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento