A partire da ‘King Felix’ del
2010 e passando attraverso le tessiture di ‘Hour Logic’ dello scorso anno, Laurel
Halo ha sviluppato un’idea estremamente personale di musica elettronica,
rendendo ancor più labile il confine tra ambient, pop, psichedelia sintetica,
dub e finanche techno. Cresciuta nel Midwest la nostra ha sempre avuto un
approccio estremamente trasversale alla composizione, intendendo le sue
performance e le sue creazioni come luogo di transito per il corpo e la mente,
nella ricerca di un’ esperienza extrasensoriale multipla.
‘Quarantine’, il suo disco di
debutto per Hyperdub, è il suo lavoro più focalizzato. Potendo contare su una
sintesi tra beat elettronici e pop astratto, andando proprio a rivedere le
coordinate di quella corrente un tempo nota come intelligent dance music. Ma ogni
etichetta sembra andare stretta alla musicista, che attraverso un autentico
flusso di coscienza sembra quasi rievocare la complessa poesia di una Laurie
Anderson o gli eterni patimenti di un Arthur Russell. Pietre di paragone
importanti per un lavoro che non riesce certo ad essere catalogato sommariamente.
In parole povere è il disco più sperimentale mai concepito al quartier generale
della label inglese.
‘Quarantine’ grazie a melodie
epidermiche si insinua sottopelle, rifocillando ricordi ancestrali e memorie
futuribili, come in un Blade Runner della generazione down beat. 12 canzoni,
che – per quanto imprendibili – rispettano comunque il credo di un senso
armonico. La sua espressività vocale le consente certo di fuggire i luoghi
comuni della melodia occidentale, puntando ad un’ebbrezza lisergica a dir poco contagiosa.
Una musica che pur partendo da elementi noti, strappa con decisione il lasciapassare per l’originalità. Una delle
sicure protagoniste di questo 2012.
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