Pubblicato originariamente nel 1989, The Burning World rappresentò una sorta di spartiacque nella carriera del gruppo newyorkese. Dopo aver destabilizzato la cultura underground americana, con un approccio da molti sommariamente definito come ‘industrial-rock’, la band di Michael Gira vira verso un approccio più mediato, ridefinendo un’inedita forma canzone, compresa sicuramente di scrosci goth. Questo è stato il loro debutto per una major, il primo ed ultimo disco ad essere licenziato ad una multinazionale, circostanza anomala per un uomo che ha sempre preferito gestire autonomamente i propri affari.
La
ristampa curata da Water – per un disco fuori commercio da tempo immemore –
rende giustizia ad uno dei lavori a torto meno considerati della band. Prodotto
da un’altra figura imponente della scena di New York – quel Bill Laswell che
con i suoi Material e Massacre avrebbe cambiato radicalmente molte delle
connessioni, tra dance, rock e avanguardia - il disco presentava degli sviluppi inediti
nella storia degli Swans. Disco crepuscolare, lirico, in cui i membri stabili
della formazione – la vocalist Jarboe e il chitarrista Norman Westberg – sono
affiancati da uno stuolo di musicisti imponente. Non mancano fraseggi
etno-world e suggestioni decisamente terzomondiste in The Burning World, merito
anche degli interventi di Nicky Skopelitis (baglama, bazouki), Shankar (doppio
violino), Fred Frith (violino), Aiyb Dieng (percussioni) e Trilok Gurtu
(tablas). Sorprendente poi l’oscura rivisitazione di ‘Can’t Find My Way Home’,
brano a firma Steve Winwood e originariamente apparso nell’omonimo dei Blind
Faith. Disco da recuperare assolutamente, un capitolo solo apparentemente inedito
nella storia comunque epica degli Swans.
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