17/05/12

La voce dei Black Crowes in salsa roots-psych





Nel 2011, dopo oltre 20 anni di intensa attività sia live che in studio, Chris Robinson, leader carismatico e voce dei Black Crowes, decide di dare una sterzata alla sua carriera artistica. Con il gruppo madre in pausa indeterminata, il nostro sembra liberarsi di qualsiasi assillo discografico, tornando ad approcciare la musica come una vera e propria arte in divenire. Confrontandoci con il suo debutto solista Big Moon Ritual – cui seguirà un album fratello in settembre a titolo The Magic Door – abbiamo la sensazione che la libertà è salita in cattedra. Come del resto già provato dal fratello minore Rich, il southern sound dei Black Crowes è parzialmente accantonato in favore di una vena più originale e sentita. Che l’universo sterminato del rock acido americano sia oggi ad un passo è un dato di fatto. Sin dalla bellissima copertina siamo proiettati su un qualche parallelo pianeta psichedelico.

C’è poi quell’amore mai nascosto per la musica soul che unitamente a certi ricami boogie offre un quadro ancor più affascinante della situazione. La nuova ragione sociale – legandosi fortemente al concetto di spiritualità – è proprio Chris Robinson Brotherhood, come a sottolineare l’operatività di un collettivo. Quello che era partito come un esperimento senza aspettative, presto si è rivelato un oliato meccanismo live, con ben 118 date nelle maggiori città statunitensi. Ad accompagnare Robinson troviamo musicisti non meno stagionati.

Neal Casal alla chitarra è forse l’elemento di maggior spicco, potendo contare su una lunga carriera solista oltre che sulla militanza nei Cardinals, formazione che accompagnava Ryan Adams. Adam MacDougall – anche lui dalla navicella madre Black Crowes - alle tastiere si ricava un ruolo sorprendente, tanto che i suoi ispirati giochi elettrici aprono qualche malcelata porta della percezione. George Sluppick (batteria) e Mark Dutton (basso, ex-Burning Tree) aggiungono una grande dose di esperienza ancorando definitivamente il suono della band. Un disco che si perde nei panorami sterminati che furono della Big Brother & the Holding Company o dei Grateful Dead, rilanciando un grandissimo autore. Provare per credere.

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