I Wewe hanno attraversato la più tumultuosa stagione hardcore e dopo-punk del nord-Italia, avendo partecipato ad esperienze formative all’interno di gruppi quali Fluxus – epigoni di un certo suono Touch & Go - ed Ifix Tcen Tcen – la leggendaria formazione h/c che ha licenziato lavori per l’altrettanto mitica T.V.O.R. "Wolf In The Piano" è così un esordio che ha remote tracce in un passato fatto di suoni ruvidi, funzionali comunque a preparare una nuova piattaforma artistica. Già disponibile in digitale sul finire dello scorso anno, il debutto dei Wewe vede ora propriamente la luce nella sua versione fisica. Un lavoro che ci stordisce nel suo desolato romanticismo, proiettando la memoria su qualche sperduta highway, rivisitando il roots americano attraverso i toni solenni del post-punk, introducendo peraltro ricercati fraseggi strumentali in odor di sperimentalismo jazz-rock. Il background dei cinque Wewe è tale da preparare il terreno ad escursioni inedite, condite da un lirismo superbo e da reali appunti di viaggio. Non mancano certo i riferimenti letterari, come nel brano "Bring me up the one who sings" gentilmente concesso da Alberto Papuzzi e liberamente ispirato al suo libro "Portami su quello che canta. Processo a uno psichiatra". Tra murder ballads ed una versione rivista e corretta dell’americana, elettrificata al punto giusto, i Wewe battono sentieri selvaggi coscienti però delle potenzialità di un suono che ha i numeri per competere con i più affermati cantori ‘maledetti’ contemporanei.
12/05/11
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