27/06/13

Talkin' 'bout the revolution with Julian Cope




Benvenuti nel 2013, il primo anno dell’era post-thatcheriana. Così come si affretta a definirlo il druido Julian Cope, che pur immerso nella sua contemplazione primitivista mai si è ritratto di fronte alle analisi di puro stampo socio-politico. Per lungo tempo rinviato, il nuovo disco del vate neo-psichedelico si materializza in un doppio cd, che porta l’amletico titolo di ‘Revolutionary Suicide’, guarda caso uno dei testi più celebrati dell’intellettuale di colore Huey P. Newton, una delle voci più attendibili della controcultura americana. Gli undici brani del disco sono vivaci ed orchestrali, accompagnati da un impianto testuale vigoroso. L’attivismo e la protesta mai come in questi giorni sembrano echeggiare nel turbolento occidente, ma anche ai confini più orientali, un moto che Cope ha colto ed ha voluto trasporre in temi musicali, ricchi anche dal punto di vista storico.
Potrete ascoltare forse una delle più fantasiose ed epiche composizione dell’arcidruido in questa doppia fatica: ‘The Armenian Genocide’, una denuncia già nell’esplicito titolo. Ci sono poi gli aspetti bucolici e le liriche devote di ‘Hymn to the Odin’ ed il soul della Motorcity Detroit con tutta la sua urgenza politica nella traccia che da il titolo al disco. Nuovi poemi? Eccoli! Nuovi concetti? Non dovete chiedere altro! Nonostante quanto predetto dai Maya siamo ancora qui, come se quanto detto in passato fosse una preparazione a nuovi anni esplosivi. Cope ha ancora colto il senso delle profezie, anticipando una nuova era barbarica fatta di cambiamenti. Ancora una visone ancestrale che trova appigli nel futuro remoto, il nostro vate non finisce mai di smentirsi.




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