Quando gli
Esmerine sono ritornati in superficie con ‘La Lechuza’ nel 2011, l’album ha
evidenziato immediatamente nuovi tratti salienti: aldilà del ritorno in scena
dopo sei anni di assenza, c’è stato l’adeguamento ad una formazione più ampia
con un ciclo di canzoni direttamente ispirato dalla scomparsa di un musicista
ed amico comune. La cosa che forse non è apparsa immediatamente chiara è stato
l’inizio di un nuovo ciclo per la band, attraverso meccaniche e stilemi
compositivi più avventurosi.
‘Dalmak’ è in questo senso una conferma, gli orizzonti si sono allargati e le traiettorie della band appaiono ora più nitide, puntando in alto, verso composizioni dal più ampio respiro, imparentate con la musica classica quanto con la world ed il pur sereno praticantato post-rock cui furono associati all’esordio. Bruce Cawdron (marimba) si ritira ufficialmente dal ruolo di batterista coi Godspeed You! Black Emperor nel 2012, concentrandosi unicamente sulle ‘forme’ concepite assieme alla co-fondatrice Rebecca Foon (Silver Mt. Zion, Set Fire To Flames). Alla collaudata coppia si uniscono il percussionista Jamie Thompson (Unicorns, Islands) ed il polistrumentista Brian Sanderson in veste di membri ufficiali, per saldare la nuova unione e lavorare di concetto al nuovo materiale da studio.
‘Dalmak’ è in questo senso una conferma, gli orizzonti si sono allargati e le traiettorie della band appaiono ora più nitide, puntando in alto, verso composizioni dal più ampio respiro, imparentate con la musica classica quanto con la world ed il pur sereno praticantato post-rock cui furono associati all’esordio. Bruce Cawdron (marimba) si ritira ufficialmente dal ruolo di batterista coi Godspeed You! Black Emperor nel 2012, concentrandosi unicamente sulle ‘forme’ concepite assieme alla co-fondatrice Rebecca Foon (Silver Mt. Zion, Set Fire To Flames). Alla collaudata coppia si uniscono il percussionista Jamie Thompson (Unicorns, Islands) ed il polistrumentista Brian Sanderson in veste di membri ufficiali, per saldare la nuova unione e lavorare di concetto al nuovo materiale da studio.
Il tour europeo
consumato a cavallo tra il 2011 ed il 2012 ha portato il gruppo ad esibirsi in
un’ ancora pacificata Istanbul, dove l’accoglienza entusiastica ha portato la
band ad ottenere un residenza artistica nella città. ‘Dalmak’ è così il frutto di quella
visita: la maggior parte del materiale è stato proprio registrato in Turchia,
dove i quattro canadesi sono stati raggiunti da un cospicua rappresentanza di
musicisti locali come: Hakan Vreskala, Baran Aşık, Ali Kazim Akdağ, James
Hakan Dedeoğlu, impegnati in strumenti a corda e percussioni.
Dalmak è un verbo turco dai molteplici connotati: il contemplare, l’essere assorbiti, l’immergersi, il correre verso, etc. Letteralmente parlando il nuovo album degli Esmerine denuncia la totale immersione dei nordamericani nella cultura e nella musica locale. Il risultato è sensazionale. Un suono dai toni ancestrali, in cui culture millenarie rivivono nel solco di un ritmo urbano, meditazione e dettagli ritmici in un corpo unico e solenne. Scelte che potrebbero anche rimandare ai viaggi di Don Cherry nell’ex-impero ottomano, ma anche degli incontri tra Philip Glass e Ravi Shankar, perché no?
Dalmak è un verbo turco dai molteplici connotati: il contemplare, l’essere assorbiti, l’immergersi, il correre verso, etc. Letteralmente parlando il nuovo album degli Esmerine denuncia la totale immersione dei nordamericani nella cultura e nella musica locale. Il risultato è sensazionale. Un suono dai toni ancestrali, in cui culture millenarie rivivono nel solco di un ritmo urbano, meditazione e dettagli ritmici in un corpo unico e solenne. Scelte che potrebbero anche rimandare ai viaggi di Don Cherry nell’ex-impero ottomano, ma anche degli incontri tra Philip Glass e Ravi Shankar, perché no?
Le registrazioni
sono state inaugurate da Barkin Engin e Metin Bozkurt in quel di Istanbul, gli Esmerine
hanno qui inciso le tracce basse atte a fornire il cuore ritmico del disco: ‘Lost
River Blues’, ‘Barn Board Fire’ e ‘Translator's Clos’. Marimba, violoncello, batteria,
banjo tenore, basso e tromba sono
aumentati dall’utilizzo di strumenti etnici come bendir, darbuka, erbane, meh,
barama, saz e dalla chitarra elettrica di alcuni piccoli eroi locali, quasi
sulla scia dell’Hendrix del Bosforo: Erkin Koray. Le registrazioni sono poi
proseguite in quel di Montréal presso il Breakglass Studio con l’ingegnere del
suono Jace Lasek (Wolf Parade, The Besnard Lakes, Suuns), dove Cawdron e Foon hanno
arrangiato i pezzi più compositi: ‘Learning To Crawl’ e ‘White Pine’. E’
proprio qui che si è completato questo piccolo grande capolavoro, l’ennesimo
punto esclamativo in una carriera tutta in discesa.
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