Badlands è l’album di debutto di Dirty Beaches, in verità una one-man band con ultimo domicilio noto a Montreal, pur se con dna genetico che parla di Hawaii, China, Taiwan e chissà quale altra località esotica. Figlio della rinnovata cultura per le musicassette – unitamente a quella del file sharing aggiungiamo – passionale emulo di Elvis Presley ed Alan Vega, il nostro sta facendo per il rockabilly quanto Ariel Pink ha fatto per il rock più radiofonico. E questo Badlands sin dai colori grigio seppia della copertina parla di un uomo misterioso, posseduto dall’ideologia ‘on the road’. Alex Zhang Hungtai è stato da sempre affascinato dalle storie di fantasmi. Per lui il diavolo può materializzarsi in diverse forme, giusto per spaventarti a morte. Fatalista, non c’è che dire. Dalle murder ballads che in maniera poco fedele abitano la seconda parte del disco, ai più paludosi scenari rock’n’roll della prima facciata, è tutto un rifarsi ad un immaginario d’epoca. Pellicole di serie b, thriller in slo-motion, sicari spiritati e canzoni d’amore sussurrate al chiaro di luna.
Anche Badlands è frutto di un recupero retro-maniacale. In cui scenari passatisti vengono rivisti con l’ottica imperturbabile di questo inizio decennio. Una decadenza che appare come qualcosa di esoterico, in queste combinazioni impreziosite da magici giochi di specchi.
E non c’è forse musica dal piglio più cinematico in circolazione, tanto che da David Lynch a Jim Jarmusch, passando per Quentin Tarantino e Wong Kar Wai, sono diversi i cineasti che hanno definito lo schema mentale di Alex, di per sè personaggio dall’immagine pazzesca e magnetica.
Sono i fifties della generazione internet e se in sottofondo vi pare di scorgere un riff dei Cramps od una battuta marziale dei Suicide, sappiate pur sempre che questo è il 2011, e lo sconvolgimento telematico può aver davvero alterato il corso della storia.
Anche Badlands è frutto di un recupero retro-maniacale. In cui scenari passatisti vengono rivisti con l’ottica imperturbabile di questo inizio decennio. Una decadenza che appare come qualcosa di esoterico, in queste combinazioni impreziosite da magici giochi di specchi.
E non c’è forse musica dal piglio più cinematico in circolazione, tanto che da David Lynch a Jim Jarmusch, passando per Quentin Tarantino e Wong Kar Wai, sono diversi i cineasti che hanno definito lo schema mentale di Alex, di per sè personaggio dall’immagine pazzesca e magnetica.
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Non perdetevelo nelle prossime date italiane:
17/10/2011 - Milano - Rocket
18/10/2011 - Torino - El Barrio
19/10/2011 - Roma - Animal Social Club
20/10/2011 - Ravenna - Bronson
21/10/2011 - Cavriago (Re) - Calamita
18/10/2011 - Torino - El Barrio
19/10/2011 - Roma - Animal Social Club
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