Se
– come ha scritto Mojo magazine nella sua eccellente recensione del 2012 – ‘We Becone Ourselves’ di Rebecca Karijord
era un album capace di costruire un proprio universo, la nuova collezione di
brani della musicista di Stoccolma ci introduce – paradossalmente – ai mondi
creati da terze persone. Titolato in maniera molto prammatica “Music For Film And
Theatre”, il nuovo disco dell’artista si distingue per uno svolgimento in 15
tappe, in cui i brani strumentali la fanno da padrone. Si tratta di
composizioni concepite dalla stessa Karijord nell’ultimo lustro e
destinate ad un uso specifico: cinema, teatro e danza. Un’operazione ed uno
studio complementare alla sua carriera solista. Un processo di ricerca
costituito dalla ricerca di fonti naturali, nell’ottica di una sperimentazione
che guarda oltre i confini della forma canzone.
Originaria
di Sandnessjøen, poco più al sud del circolo artico nella Norvegia
settentrionale, Rebecca si è trasferita in Svezia una decade or sono, dove ha
composto musiche per oltre 30 pellicole, spettacoli di danza moderna e piece
teatrali. E’ stata peraltro protagonista sul grande schermo ed in teatro con
piccole parti dalla tenera età di 12 anni. La performance itinerante del Cirkus
Cirkör a nome Wear It Like A Crown, è incentrata sul brano omonimo della
Karijord, che ha curato tutte le musiche per lo spettacolo internazionale, che
ha già completato il giro del mondo negli ultimi 4 anni, in 400 esibizioni che
hanno totalizzato la bellezza di 200,000 partecipanti.
Da
molto tempo l’idea di rendere ‘pubbliche’ queste sue composizioni balenava
nella mente della compositrice. I tour e le recenti attività promozionali sino
ad ora non le avevano consentito di scandagliare tra i suoi ricchi archivi, un
momento strategico di pausa ha consentito così di allestire una collezione
soddisfacente e capace di presentare i molteplici aspetti della sua arte. Chi
ha saputo apprezzare Rebecca per la sua sofisticata attitudine pop, dovrà fare
i conti con le sue enormi capacità di arrangiatrice e compositrice. Dalle aree
classico-contemporanee al tocco quasi ambient di brani quali ‘Madrigal’,
‘Salhus’, ‘Migratory Birds’ e ‘Morula’, una qualità che può rifarsi all’arte
del ‘discreto’ Brian Eno. Così come i cori angelici (la voce è davvero
utilizzata come strumento) lasciano pensare ad alcune delle sacre intuizioni di
Arvo Pärt. Il talento della Karijord è straordinario ed anche in questa
occasione ne abbiamo riprova, con un antologico che si affaccia su orizzonti infiniti.
Nessun commento:
Posta un commento