Facendo
seguito all’album di debutto omonimo del 2011 per Mexican Summer, i Quilt ritornano
con l’attesa seconda prova sulla lunga distanza a titolo 'Held In Splendor'. Offrendo
una discreta continuità con l’esordio il gruppo si spinge oltre i meandri di
una contemporanea pop-psichedelia, abbracciando un linguaggio rock astrale e
pieno di riferimenti ancestrali ed etnici. Audace appare il termine più
calzante, con il gruppo capace di imporsi a livello di tessiture, utilizzando
ritmi incalzanti e chitarre sempre aggrovigliate, senza mai perdere un briciolo
di profondità e viaggiando su picchi invero splendenti.
Si
ha l’impressione di essere trasportati in un altro tempo ed universo, in
particolare con ‘Mary Mountain’ che sembra quasi un brano manifesto dalla Summer
of Love, con appunti di viaggio che riportano alla stessa letteratura on the
road. Fedeli ad un gusto vintage i Quilt decidono che anche il groove è dalla
loro parte, infilando una ‘Tired & Buttered’ che avrebbe affatto sfigurato
in una session per la Stax di Booker T, soul garage per definizione, con un
piglio radiofonico affatto trascurabile. E che dire poi del metafisico
seventies rock di ‘The Hollow’ che suggerisce addirittura paragoni coi Fleetwood
Mac di ‘Rumors’ ed in seconda battuta con el più leggiadre evoluzioni dei Galaxie 500? E sapete chi suona la pedal
steel in questo brano? Un certo Daniel Bachman, uno dei migliori chitarristi
americani attualmente in circolazione, cresciuto come roadie all’ombra del
compianto Jack Rose ed ora tenutario di un paio di bellissime pubblicazioni per
Tompkins Square.
Un
album estremamente personale, foraggiato da una poetica interiore, ma soggetto
anche ad interrogatori di carattere pubblico, confessioni ed aspirazioni.
Tredici brani che lasciano inalterato il senso di meraviglia del debutto,
aprendo a scenari inediti, virtuosi e coloratissimi.
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