18/01/12

Un Beirut in libera uscita


Kelly Pratt è Bright Moments, ma non pensate all’estensione di un cantore intimista , i suoi trascorsi in alcune delle formazioni più esclusive della Big Apple – e non solo – gli ha consentito di guadagnarsi un seguito rispettabilissimo, nonchè la presenza di altrettanti musicisti locali in studio. Registrate le prime tracce con cura maniacale nel proprio appartamento newyorkese, Kelly ha poi provveduto ad un editing deciso, potendo contare su amici vicini e lontani.

Natives (che esce per la Luaka Bop di David Byrne) può essere l’introduzione ufficiale alla musica di Bright Moments, ma per chi ha frequentato assiduamente l’universo indie degli ultimi 10 anni, potrà notare la presenza del polistrumentista in alcuni degli album decisivi degli ultimi due lustri. Avrete udito la sua tromba all’interno di numerosi brani dei Beirut, che unitamente alle sue armonizzazioni vocali sono punti fermi nelle esibizioni dal vivo. E’ stato poi responsabile di alcuni dei più brillanti arrangiamenti fiatistici per Neon Bible degli Arcade Fire, suonando un po’ tutti gli strumenti della famiglia, dal filicorno al flauto. Come se non bastasse, è stato anche parte della sezione fiati nelle prime uscite di LCD Soundsystem.

La sezione ritmica dei Beirut (Nick Petree e Paul Collins) ed il fisarmonicista Perrin Cloutier, unitamente al batterista dello strepitoso gruppo afro-beat Akoya, sono alcune delle presenze ricorrenti in Natives. In alcuni dei brani Pratt utilizza la sua tromba come uno strumento percussivo, altrove come accessorio per campionare inusuali beat di stampo world music. I testi sono altrettanto eclettici, alcuni di loro ispirati da un vecchio libro di poesie scandinave, scoperto casualmente in tour.

Forse non è la cosa più semplice scoprire il battito d’ali campionato di un pipistrello in ‘Milwaukee’ o l’acqua nella vasca da bagno che in ‘Traveling Light’ assume un sinistro tono percussivo. Sono questi dettagli – udibili e non udibili – che consentono a Natives di distinguersi, rivedendo i contorni stessi dell’indie-rock. E’ un disco pop allestito da un musicista abile nello svincolarsi dai luoghi comuni. Pratt ha messo in piedi questa piramide trascorrendo un anno nel suo studio casalingo - da lui simpaticamente definito tomba strumentale – muovendo tra una dozzina di strumenti a fiato, sintetizzatori e chitarre. Gigabytes di field recordings e suoni ‘trovati’ hanno poi permesso la costruzione di basi davvero intriganti. Grazie anche al lavoro in post-produzione di Jim Eno degli Spoon, il disco ha un corpo unico e sembra tradurre i concetti di una mente superiore, almeno nell’ambito dell’alternative pop. Tra inni tzigani, bande rumorose ed un’idea di orchestra-rock fuori dal comune, Pratt ci dice la sua sul giro del mondo in 80 giorni.

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