Non serve molto in quella vecchia mansione in una provincia americana abbandonata da Dio. Li chiamano moderni primitivi, in realtà è gente che ha raggiunto la pace dei sensi. Loro sono dei veterani di quello che banalmente viene identificato come free-folk. In realtà sono i figli lunatici di Neil Young, i nipoti confusi di John Fahey, i parenti più consapevoli di Jerry Garcia. Matt “MV” Valentine ed Erika “EE” Elder danno un seguito al disco del 2008 "Drone Trailer", tornando alla Ecstatic Peace del santone Thurston Moore, con un album meravigliosamente sospeso tra lisergica elettricità e soave irriverenza acustica. Si chiama "Bar Nova" ed è forse la loro più lucida avventura nel reame della psichedelica asciutta. Sembra quell’American Beauty di matrice californiana o pure quel west coast sound inevitabilmente contaminato dalle scorie del progresso (in)civile. Un’idea di bellezza assalita dai mostri urbani, ma che rimane ancora autentica, innovativa nel suo scivolare nella memoria più antica. Questo è forse il loro disco più compiuto, che tra l’altro potrebbe assomigliare ad una più consistente versione dei tardi Royal Trux, in un malaticcio gioco di schermaglie pop. Il duo è raggiunto per "Bar Nova" da Doc Dunn e Mike Smith (rispettivamente Rickenbacker 4001 e voce), da Jeremy Earl dei favolosi Woods (voce e batteria) e dal grande vecchio J Mascis (batteria, chitarra), che spesso si è anche unito dal vivo a MV & EE. Un disco senza tempo e proprio per questa ragione da iscriversi nella lista dei classici istantanei della stagione. Non una dichiarazione d’indipendenza, nemmeno la pretesa di rinnovare le viziose abitudini di ciò che un tempo si intendeva come rock, solo un onesto e bellamente visionario percorso a ritroso, un chiudere gli occhi per un’ennesima esperienza sensitiva. Bello sciogliersi nell’acido della più rurale pop music.
01/12/09
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