21/01/13

Acid-rock fa stranamente rima con VietNam





Difficile resistere all’ipotesi di un blind test o di un jukebox invisibile. L’opportunità ci è fornita da Michael Gerner, voce e chitarra – nonchè forza motrice – dei VietNam. Il suo timbro beffardo in più di un’occasione tira in ballo quello di uno dei più grandi performer americani degli ultimi 30 anni: Gibby Haynes dei Butthole Surfers. La somiglianza è alle volte imbarazzante, ma questo non deve alterare il corso degli eventi e soprattutto l’introduzione a quell ‘A.merican D.ream’, destinato a materializzarsi sul finire di febbraio nei migliori negozi di dischi specializzati,. Mexican Summer si prende la briga di licenziare il lavoro, dopo che il gruppo era rimasto in animazione sospesa per un periodo di tempo indeterminato.

Nessuna paura i VietNam – che esordirono nel 2004 per Vice, bissando poi nel 2007 per Kemado - sono invecchiati benissimo e non c’è traccia di nostalgia nella loro musica, quasi un nevrotico stralcio dalle migliori pagine dei poeti beat, con quel background bluesy che rende ancor più credibile lo scorrere della narrazione. Poesia da strada, potete ben dirlo, che non rinuncia al lascito dei grandi poeti e cantori che hanno reso meno amara la storia del disperato occidente. Da Ginsberg a Kerouac, passando per Fugs e Pearls Before Swine, canzoni di protesta e seduzione, amore libero e rivoluzione lisergica. Un sogno americano, riscritto all’occorrenza.
In questo periodo di inattività Gerner non si è mai perso d’animo, anzi, sfuggendo alla logica di una vera e propria band si è dedicato ad alcuni progetti minori con l’alter ego di D.A., sonorizzando alcune pellicole di qualche cineasta indipendente. Se in queste piccole sortite ha spesso utilizzato dei sintetizzatori analogici per meglio esplorare l’idea di un suono ambient, facendo ritorno nella Big Apple torna alla sua vecchia passione per il rock’n’roll.

Filtrata attraverso bizzarre contaminazioni psichedeliche e latin-rock, in un gioco di società in cui certo non mancano le percussioni e le chitarre wah-wah; la sfrenata giostra dei VietNam è incentrata su di uno svolgimento camaleontico. La forma canzone si scioglie, come un figurina di acido, rivelando aspetti inconsueti. Gli stessi spettri visionati da Flaming Lips e Mercury Rev ad inizio carriera. Non cadere in tentazione sarebbe davvero un grande peccato.   



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