Difficile resistere all’ipotesi
di un blind test o di un jukebox invisibile. L’opportunità ci è fornita da
Michael Gerner, voce e chitarra – nonchè forza motrice – dei VietNam. Il suo
timbro beffardo in più di un’occasione tira in ballo quello di uno dei più
grandi performer americani degli ultimi 30 anni: Gibby Haynes dei Butthole
Surfers. La somiglianza è alle volte imbarazzante, ma questo non deve alterare
il corso degli eventi e soprattutto l’introduzione a quell ‘A.merican D.ream’,
destinato a materializzarsi sul finire di febbraio nei migliori negozi di
dischi specializzati,. Mexican Summer si prende la briga di licenziare il
lavoro, dopo che il gruppo era rimasto in animazione sospesa per un periodo di
tempo indeterminato.
Nessuna paura i VietNam – che
esordirono nel 2004 per Vice, bissando poi nel 2007 per Kemado - sono
invecchiati benissimo e non c’è traccia di nostalgia nella loro musica, quasi
un nevrotico stralcio dalle migliori pagine dei poeti beat, con quel background
bluesy che rende ancor più credibile lo scorrere della narrazione. Poesia da
strada, potete ben dirlo, che non rinuncia al lascito dei grandi poeti e
cantori che hanno reso meno amara la storia del disperato occidente. Da
Ginsberg a Kerouac, passando per Fugs e Pearls Before Swine, canzoni di protesta
e seduzione, amore libero e rivoluzione lisergica. Un sogno americano,
riscritto all’occorrenza.
In questo periodo di inattività
Gerner non si è mai perso d’animo, anzi, sfuggendo alla logica di una vera e
propria band si è dedicato ad alcuni progetti minori con l’alter ego di D.A.,
sonorizzando alcune pellicole di qualche cineasta indipendente. Se in queste
piccole sortite ha spesso utilizzato dei sintetizzatori analogici per meglio
esplorare l’idea di un suono ambient, facendo ritorno nella Big Apple torna
alla sua vecchia passione per il rock’n’roll.
Filtrata attraverso bizzarre contaminazioni
psichedeliche e latin-rock, in un gioco di società in cui certo non mancano le
percussioni e le chitarre wah-wah; la sfrenata giostra dei VietNam è incentrata
su di uno svolgimento camaleontico. La forma canzone si scioglie, come un figurina
di acido, rivelando aspetti inconsueti. Gli stessi spettri visionati da Flaming
Lips e Mercury Rev ad inizio carriera. Non cadere in tentazione sarebbe davvero
un grande peccato.
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