La semplicità è spesso una dote, soprattutto quando l’arte del distinguersi è nelle mani di autori ambiziosi senza un centro di gravità od un appiglio al mondo reale. La musica pop ha bisogno di nuove energie, nella sua decennale battaglia contro l’omologazione. Tutto il corpo dell’indie americano è così soggetto a letterali scosse sismiche, di stagione in stagione, pur di re-inventarsi e risorgere. I Phantom Buffalo, che hanno i loro natali a Portland, nel Maine, sembrano mandare a memoria questa regola non scritta. In circolazione già da metà anni ’90, i nostri pubblicano il debutto "Shishimumu" per l’etichetta culto americana Time-Lag (in catalogo gente come Six Organs Of Admittance, Charalambides, Matt Valentine), lavoro che verrà licenziato da Rough Trade per il mercato europeo. Da qui si susseguono le buone notizie.:Mojo indica il disco come uno dei migliori lavori del 2005, instradando la band verso posizioni di culto assoluto. Il successo commerciale non è però cosa di tutti i giorni, nonostante canzoni ed arrangiamenti sulla carta imbattibili i Phantom Buffalo non riescono a compiere il grande salto. Tornano nel 2008 con l’altrettanto fantasioso "Take To Trees", ma la mancanza di una distribuzione capillare non rende certo facili i giochi ed il supporto incondizionato di Mojo non può certo sortire un exploit di carattere commerciale. Abituati a sorreggersi ed autofinanziarsi, per Microculture danno alle stampe il loro terzo disco lungo. E’ un album di indie-rock adulto, un surrogato di quanto di meglio l’alternative–pop americano abbia messo in campo negli ultimi 30 anni. Sono canzoni agrodolci dagli arrangiamenti particolareggiati. E da qui torniamo alla semplicità di cui sopra, nulla pare lasciato al caso eppure la naturalezza con cui si svolgono questi 10 episodi, parlano di esperienza e tecnica magistrale. Cantautori moderni. E non è cosa da tutti i giorni, perché chiunque può impugnare quell’ipotetica penna, ma nessuno può avere la bella calligrafia di questo "Cement Postcard With Owl Colours".
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