Ken Stringfellow è una delle figure più rispettate di
tutto il circuito indie americano, autentica personalità di spicco dell’area Northwest,
dove ha messo le fondamenta per una delle più importanti realtà contemporanee:
i Posies. Musicista, autore, produttore ed arrangiatore, Ken è passato
ripetutamente dal banco di regia ai palchi di mezzo mondo. Al culmine
dell’esplosione del cosiddetto Seattle sound, i Posies licenziano il loro album
più famoso, quel "Frosting on the Beater" che nel 1993 sarà un vero e
proprio caso discografico. Il gruppo è ancora in attività, avendo pubblicato il
suo settimo disco da studio - "Blood/Candy" – nel 2010.
Ken ha recitato anche un ruolo di primo piano all’interno
dei ricostituiti Big Star, tra il 1993 ed il
2010, fino alla prematura scomparsa di Alex Chilton. Oltre a suonare il
basso, cantava; ebbe un ruolo non indifferente nella creazione del disco del
2005 "In Space", ritorno ufficiale dopo il leggendario
"Third/Sister Lovers" del 1978. Di rilievo anche il suo coinvolgimento
con i R.E.M., 10 anni tra studio ("Reveal" del 2001 e "Around
the Sun" del 2004) e live.
Certo non si arrestano qui le sue collaborazioni, tanto
che Ken se l’è spassata con la punk band Lagwagon per un breve periodo di tempo, ha prodotto
l’ottimo cantautore Damien Jurado ed ha fatto il turnista con Snow Patrol (suona
le tastiere nel seminale "Eyes Open"), Neil Young, Patti Smith,
Mudhoney e Death Cab For Cutie. Non proprio una persona cui piace sedersi e
godere del proprio tempo libero… Ken licenzia il suo quarto album solista –
l’ironico "Danzig in the Moonlight" – in ottobre per Lojinx. Il disco
è stato registrato presso il leggendario ICP Studios di Brussels e mixato dall’emergente
team di produttori TheLAB a Los Angeles.
Ken per l’occasione si è avvalso anche di contributi a distanza da parte di
musicisti con base in Mumbai, Italia e Seattle. Charity Rose Thielen dei The Head & The Heart lo
raggiunge in "Doesn't It Remind You of Something", che suona come un
duetto d’antan tra Lee Hazlewood e Nancy Sinatra.
L’album è un deliberato assaggio della statura del
nostro, folgorante power pop incrociato a numeri elettro-wave, un po’ di quella
sporcizia sixties garage e qualche ballata che lascia un segno indelebile nella
memoria. Disco completissimo a riprova di un artista capace di sublimare
l’immaginario rock degli ultimi 30 anni.
"An artist worthy of respect and a listen from
any true fan of classic pop... uniformly flawless" (Pitchfork)
"Stringfellow is one of the most underrated songwriters of our generation" (Billboard)
"Stringfellow's clear, composed croon forgives all sins" (Rolling Stone)
"Lush pop perfection"(Mojo)
"Stringfellow is one of the most underrated songwriters of our generation" (Billboard)
"Stringfellow's clear, composed croon forgives all sins" (Rolling Stone)
"Lush pop perfection"(Mojo)
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