27/02/12

Il primo album di Michael Chapman!


Dopo aver riportato in vita un masterpiece del rock inglese come ‘Fully Qualified Survivor’, Light In The Attic fa giusto un passo indietro, andando a disseppellire il debutto di Michael Chapman, pubblicato originariamente il primo gennaio del 1969. Data affatto casuale col senno del poi, se solo pensiamo ai cataclismi culturali e politici che segneranno interamente quella stagione. Non che la musica del cantante/chitarrista fosse avulsa alla rivoluzione umanistica del tempo, certamente la dimensione più intimista del suo debutto – Rainmaker – lo collocherà di diritto in una sfera logicamente più introspettiva.

Pubblicato da Harvest, divisione ‘progressiva’ del piccolo colosso EMI, il disco brilla per le sue deliziose armonie elettro-acustiche, in cui chitarre acide si stagliano su minuziosi passaggi folk. In apertura uno dei suoi brani più celebri “It Didn’t Work Out”, un singolo con tutti i crismi, che contava sul fior fiore dei musicisti inglesi d’epoca. Qualche nome? Il chitarrista “Clem” Clempson della prog-band Bakerloo (dopo questa sua apparizione si unì ai fenomenali jazz-rockers Colosseum per poi trasmigrare negli Humble Pie), il batterista Ansley Dunbar (mostro sacro che può vantare collaborazioni con John Mayall, Eric Burdon, David Bowie, Frank Zappa e Lou Reed), il bassista Alex Dmochowski (affiliato allo stesso Dunbar) ed il tastierista Norman Haines (degli oscuri ma non meno influenti prog-rockers Locomotive).

Accostato stilisticamente ad altri autori-modello come John Martyn e Bert Jansch, Chapman non ha mai smesso di stupire, trovando negli ultimi anni anche la via della sperimentazione, foraggiato da personaggi in vista dell’underground newyorkese come Thurston Moore e No Neck Blues Band. Proprio Moore per la sua Ecstatic Peace ha rilasciato ‘Resurrection And Revenge Of Clayton Peacock’, disco osannato da The Wire nel 2011 per la sua tendenza impro.

Ma torniamo al suo esordio, una delle pubblicazioni più sintomatiche di un effervescente scena inglese in bilico tra avanguardia ed immersione nelle proprie radici. Gli altri protagonisti del disco sono musicisti come Danny Thompson (basso per Pentangle, John Martyn, Nick Drake) e Rick Kemp (basso elettrico e futuro Steeleye Span). Per non parlare poi del produttore Gus Dudgeon, l’uomo che fornirà l’impalcatura ‘astrale’ al singolo di Bowie “Space Oddity” e ad alle prime pubblicazioni del futuro baronetto Elton John.

Lo sforzo di Light In The Attic è stato ancora sensibile, con un cd contenente ben sei rarità estrapolate dalle omonime session, tre delle quali completamente inedite! Come se ciò non fosse abbastanza il giornalista Byron Coley – forse una delle penne più influenti dell’emisfero musicale dopo il compianto Lester Bangs – ha dato vita ad un essai che accompagna puntigliosamente la ristampa in questione, sin d’ora una delle più importanti di questo 2012.

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