Dopo tanto peregrinare –
artisticamente parlando e non solo – Wooden Wand sembra aver trovato la
lucidità necessaria per completare un disco dai tratti definitivi. Un lavoro
che a distanza di tempo potremmo immortalare in una bacheca o in una preziosa
cornice, quasi a ribadirne l’importanza storica. A far da successore a ‘Briarwood’
– l’album che ha consolidato il suo rapporto con Fire Records – ‘Blood Oaths Of
The New Blues’ è una delle produzioni
più rigogliose scaturite dalla penna del tenutario della sigla, James Jackson
Toth. Il nostro, che sotto diversi nomi ha inciso per Young God, 5 Rue Christine
ed Ecstatic! Peace (giusto per rimanere in superficie), torna a registrare in
Alabama, rispettando in pieno la sua ispirazione rurale. Che a livello lirico
rifugge però la solarità tipica di tante produzioni ascritte al genere’
americana’. C’è una visione sicuramente più funerea del mondo, che in questo
avvicina James Toth all’antica vocazione per l’hardcore più urlato e
politicizzato, il folk apocalittico e certo drone-doom.
Qualche vecchia conoscenza
azzardò l’affondo all’epoca dei Vanishing Voice: questo gruppo potrebbe far
perdere la testa a David Tibet dei Current 93. Ora guarda caso Wooden Wand
inventa un tributo fantastico alla compianta voce dei Coil. Johnn Balance è uno
degli otto brani in scaletta, un atto d’amore, una celebrazione. Molti dei
musicisti che hanno sfilato in ‘Briarwood’ ritornano, dando una continuità
inaspettata al progetto. Registrato presso l’ Ol Elegante di Homewood, AL – come
il suo predecessore – il disco mette in fila collaboratori ormai navigati come David
Hickox, Janet Elizabeth Simpson, Jody Nelson, Brad Davis ed il produttore Les
Nuby III.
I cugini spirituali di questo
disco possono essere rintracciati in capolavori come ‘Desertshore’ di Nico, ‘A Black Box’ di Peter Hammill o nel debutto omonimo di
Dino Valente. Gli arrangiamenti sono curatissimi, potendo contare su dettagli
sonici per nulla secondari. L’uso dell’organo, dell’harmonium e della pedal steel creano un tappeto unico su
cui la voce di Toth si adagia, regalando narrazioni a volte meste, ma pur
sempre credibili. In ‘Dungeon Of Irons’ si ricorda la giustizia sommaria del
vecchio e selvaggio West, quando donne ed uomini venivano sacrificati sulla
pubblica piazza, mentre il clima viene stemperato in ‘No Debts’, forse l’unico
episodio che si possa ascrivere alla categoria ‘canzone d’ amore’. Uno dei
lavori più compiuti di questo camaleontico artista, che pochi ricorderanno
essere nipote eletto di un’icona del più selvaggio ed ombroso rock newyorkese:
Pete Steele, leader dei discussi Carnivore e Type O’ Negative.
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