Dopo la benedetta ristampa del capolavoro lounge concepito a quattro mani col discusso compagno Serge Gainsbourg, Jane Birkin torna a deliziarci con il suo vellutato timbro grazie al recupero filologico dell’album Di Doo Dah.
Presentato con tutta la dovizia di particolari in una versione prontamente revisionata – comprendente il singolo La Decadanse/Les Langues De Chat uscito nel 1971 – da Light In The Attic, il disco aumenta i languori della chanteuse inglese naturalizzata francese. Pubblicato da Fontana nel 1973 Di Doo Dah è lavoro sottilmente peccaminoso, in cui le architetture pop si sposano ai giochi orchestrali del direttore supremo Jean Claude Vannier (lo stesso uomo che seppe valorizzare la vocalità e la coralità di Gainsbourg).
Un album che a tutti gli effetti va considerato come il debutto in solo della nostra, impegnata anche sul grande schermo nel medesimo anno. Ironia della sorte interpretava il ruolo di amante di Brigitte Bardot (che da poco era uscita da un relazione tempestosa con Gainsbourg) nel film Don Juan (Or If Don Juan Were a Woman).
La Birkin non mostra alcun timore reverenziale, in ambo i casi. Forte degli arrangiamenti di Vannier, che addirittura riportano in auge le acide chitarre blues di Duane Allman e di Zoot Horn Rollo (sodale di Captain Beefheart all’epoca di Lick My Decals Off, Baby), il disco è un sofisticato corollario di canzoni dall’aria solo apparentemente svagata. Con un libretto che assume i connotati di un prontuario biografico e la puntuale traduzione dei testi in lingua inglese, la ristampa di Light In The Attic si pone ancora una volta nello scaffale degli irrinunciabili.
Presentato con tutta la dovizia di particolari in una versione prontamente revisionata – comprendente il singolo La Decadanse/Les Langues De Chat uscito nel 1971 – da Light In The Attic, il disco aumenta i languori della chanteuse inglese naturalizzata francese. Pubblicato da Fontana nel 1973 Di Doo Dah è lavoro sottilmente peccaminoso, in cui le architetture pop si sposano ai giochi orchestrali del direttore supremo Jean Claude Vannier (lo stesso uomo che seppe valorizzare la vocalità e la coralità di Gainsbourg).
Un album che a tutti gli effetti va considerato come il debutto in solo della nostra, impegnata anche sul grande schermo nel medesimo anno. Ironia della sorte interpretava il ruolo di amante di Brigitte Bardot (che da poco era uscita da un relazione tempestosa con Gainsbourg) nel film Don Juan (Or If Don Juan Were a Woman).
La Birkin non mostra alcun timore reverenziale, in ambo i casi. Forte degli arrangiamenti di Vannier, che addirittura riportano in auge le acide chitarre blues di Duane Allman e di Zoot Horn Rollo (sodale di Captain Beefheart all’epoca di Lick My Decals Off, Baby), il disco è un sofisticato corollario di canzoni dall’aria solo apparentemente svagata. Con un libretto che assume i connotati di un prontuario biografico e la puntuale traduzione dei testi in lingua inglese, la ristampa di Light In The Attic si pone ancora una volta nello scaffale degli irrinunciabili.
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