29/01/10

Lou Bond - S/T (Light In The Attic)

Pur avendo lavorato al fianco di grossi calibri all’interno del music business, Lou Bond non ha mai ricevuto i necessari riconoscimenti per la sua opera, un tentativo ineffabile di far confluire la cultura folk e cantautoriale americana nell’universo black. Già agli albori dei ‘60 con il materiale pubblicato da Chess le cose erano sufficientemente chiare. L’omonimo album del 1974 – inciso per l’etichetta gemella di Stax, We Produce – è rimasto a poltrire per anni nella sezione special price/cut out dei d’oltreoceano, senza mai suscitare il debito interesse. Eppure questo malinconico cantore nero non aveva nulla da invidiare al primo Terry Callier od anche a crooner come Syl Johnson o Lightning Rod.
Light In The Attic ci ha abituati ad operazioni simili, dopo i due ripescaggi di Sixto Rodriguez un altro personaggio marginale dell’industria discografica si rifà sotto. Per entrare nel mood sono sufficienti gli oltre 10 minuti di To The Establishment, un rare groove che stende letteralmente al tappeto, un brano campionato da personaggi come Outkast - in Wailin - Brother Ali - Picket Fence e Prodigy dei MobB Deep in Trials of Love. Come dire, il gotha dell ‘hip-hop e dell’r’b’ contemporaneo.

Il soul orchestrale di Memphis e la canzone di protesta dei vari Dylan e Richie Havens si fondono in un intenso abbraccio in un disco che a diritto è un capolavoro restaurato. Nel lussuoso libricino di 32 pagine ci sono oltre alle foto inedite di rigore anche interviste ad alcuni musicisti di area Stax che ebbero modo di collaborare con lo stesso Lou. Il cd si presenta in formato digipack, mentre il vinile pesante è al solito motivo di soddisfazione per tutti gli audiofili che si rispettino. Master originale completamente ripulito e riadattato. Perderlo nuovamente sarebbe un colpevole atto di negligenza.

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