‘Warm Blanket’ è il terzo album dell’originale autore del Mississippi Dent
May, polistrumentista e produttore che grazie ad un’immagine old-fashioned e ad
uno stile pop tra i più estroversi in circolazione, ha presto conquistato tutta
la stampa di settore. Registrato in piena solitudine in una casa vittoriana
infestata dai fantasmi – almeno così si mormora – nella baia di St. Augustine,
Florida, il disco arriva dopo appena un
anno dalla pubblicazione di ‘Do Things’, lavoro che segnò una sorprendente
svolta elettronica.
Oggi, siamo di fronte al suo lavoro più ambizioso, ogni singolo traccia in
scaletta assume le sembianze di un piccolo bignami musicale. La forma canzone è
così corredata da un’infinità di dettagli che altro non fa se ribadire
l’enciclopedico sapere dell’artista. L’ambizione del resto è una spezia
essenziale, un approccio necessario
qualora si volesse navigare a vista nel mare magnum del pop contemporaneo. L’eclettismo
appare però bilanciato, siamo di fronte ad una fusione stilistica rispettosa
dei modelli principe, in cui le sovrapposizioni non sono mai forzate. Non una
stonatura, ecco, il quadro di ‘Warm Blanket’ è tra i più confortanti, una
lezione dai toni gentili ma concreti, in cui Dent May cavalca l’onda del
sixties pop, della lounge music e della wave più aristocratica. Come un Brian
Wilson invaghitosi degli Scritti Politti o degli Aztec Camera persi tra folktronica
e tropicalia.
Ha fatto davvero tutto da sè, suonando quasi tutti gli strumenti e
sfruttando anche un maestoso gran piano presente nella dimora’ abbandonata’. Si
è guardato poi intorno reclutando alcuni giovani musicisti locali per i fiati,
gli archi e quella pedal steel che disegna scenari tanto ‘americana’. Il sogno
si rinnova dunque: tra pop esistenzialista e
country soul (vi rimandiamo alle ottime raccolte di Light In The Attic e
Soul Jazz per approfondite l’argomento) va in scena un classico moderno. Dent
rimane anche sull’attualità per quello che riguarda i testi, interrogandosi non
solo sulla sua giovinezza, ma parlando sovente di alienazione ed irrequietezza,
due dei mali più radicati nel sociale, senza perdere in questo un filo di ironia.
Bellissime intelaiature acustiche, sprazzi di sintetizzatori analogici, melodie
vocali inventive ed una sincerità di fondo che conquista immediatamente. La
famosa prova del nove, superata in scioltezza.