I Bundamove prendono vita nel dicembre 2009, con la finalità di rivedere i tratti salienti della musica nera attraverso un deciso battito funk ed una serie di groove decisi che riportano alle sonorità ed all’estetica dei tardi sessanta/primi settanta. Un sestetto che può contare sui singoli talenti di
Emanuele "Manufunk" Pagliara (chitarra), Marco "donSkal" Calabrese (tastiere), Michele “Mike”
Minerva (basso) , Antonio "Dema" De Marianis (battteria), Alessandro Nocco (sax) e Gabriele Blandini
(tromba), i cui trascorsi musicali parlano chiaro: dalle fila degli Aretuska - capitananti da Roy Paci - al fenomenale combo reggae-dub Boom Da Bash, fino all’esperienze con Anansi e Steela (dentro il vortice dubstep).
Il fine è nello sconvolgere le regole, rivedendo in chiave adrenalinica classici della musica popolare, sia essa di declinazione crossover, reggae o storicamente rock. Grazie ad un’esplosiva vena funk, il gruppo si assesta nel solco proprio di quei rare grooves, che immancabilmente hanno arricchito le valigie dei dj di mezzo mondo. Una musica dalle spiccate prospettive danzerecce, una miscela dirompente che attraverso speziati arrangiamenti consente di liberare un energia vitale.
Dopo aver battuto in lungo e in largo la penisola i sei salentini pubblicano l’album di debutto “Da Funk Machine” – distribuito in esclusiva da Goodfellas - uno squarcio solare nell’imminente stagione invernale. Dalla rilettura in salsa acid-jazz del classico dei Doors Roadhouse Blues – loro primo singolo, qui prontamente ribattezzato Roadhouse Funk – all’essenziale groove di basso di Money dei Pink Floyd, qui rinvigorita dal lavoro di cesello dei fiati. Il beat in levare di Bob Marley I Shot The Sheriff fa da contraltare alle ficcanti rivisitazioni di Bulls On Parade e Killing In The Name dei californiani Rage Against The Machine. L’altro pezzo forte – corredato da clip video – è Smooth Criminal di Michael Jackson, il cui ritmo ossessivo è già uno dei punti di forza del disco. Detto di una puntuale With My Own Two Hands di Ben Harper il disco si chiude con l’unica traccia cantata – da Marta De Giuseppe – una Whole Lotta Love dei Led Zeppelin che sembra davvero un ordigno ad orologeria, con quelle sue figure ritmiche e quei break mozzafiato. Da Funk Machine è esattamente quello che il titolo promette, un campionario di moderna musica da ballo.
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1 commento:
Vi amo Bundamoveeee!!!!!
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