16/12/08

Il Ritorno di The Hunches

Qualcuno vuole farvi credere che lo shitgaze sia una delle novità assolute provenienti dall’underground a stelle e strisce,. Vero in parte, nelle province e nei sobborghi delle grandi metropoli americane si è sempre suonato un rock’n’ roll ad alto voltaggio, volutamente sporco, indebitato con la tradizione sì, ma fortemente ammaliato dalle profezie del proto-garage, del punk rock e – perchè no – del rumorismo. Gli Hunches sono forse uno dei più dinamici ed aggressivi gruppi di stanza In The Red. Arrivano dal Northwest e pù precisamente da Portland, Oregon. Il loro garage-trash è uno schiaffo in faccia. Nulla di psicotico, la lora musica è un assalto all’arma bianca, il tutto si basa sul concetto del vivi veloce, muori giovane. Con la debita – e sufficiente – dose di ironia. Chitarre jingle-jangle che vengono esasperate, ondate di rumore bianco in salsa garage, un rincorrersi più che vigoroso, virulento. Riscrivendo le regole di un suono antico, immortale ed ormai immolato al classicismo. Exit Dreams è il loro terzo album , quello che probabilmente ne decanterà l’apice artistico ed il relativo ritiro dalle scene.
Sanguinolento ed amplificato lo-fi, per una barbarie che potrebbe aver luogo in qualsiasi cantina americana. Perché dimenticatevi degli ingegneri del suono, questa musica per poter far male non ha bisogno di alcun tipo di filtro od uomo in regia, l’essenza la si coglie su poche piste , con incisioni pressoché dal vivo.
I Cramps suonati a 45 giri, o gli Stooges di Metallic K.O.? Gli Electric Eels sotto speed od i Wipers ancor più disossati? Non è musica gentile e non pretende di esserla. Questa è pura violenza suburbana, spiattellata di fronte ai vostri occhi atterriti!
Long live the loud!

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