19/02/08

Dalle viscere della terra


Gli Earth cominciano questa sera un tour in tre date in Italia, poche settimane dopo l'uscita del loro nuovo album. Suoneranno stasera, martedì 19, al Magnolia a Milano, mentre giovedì 21 e venerdì 22 saranno a Roma al Circolo degli Artisti e a Ravenna al Bronson.

E’ questo l’album della definitiva consacrazione per la band guidata dall’imperturbabile e mastodontico Dylan Carlson, un uomo che può a diritto fregiarsi del titolo di creatore di un nuovo – autentico – genere all’interno dell’asfittico mondo dell’heavy rock. Non bisogna andar lontano per rintracciare le origini degli Earth, il cui nome è un tributo all’omonima formazione pre-Black Sabbath. Progressivamente scrollatisi di dosso le malevole influenze di un doom rock senza respiro – come testimoniato dagli ormai ‘classici’ dischi per Sub Pop - gli Earth hanno intrapreso una lunga marcia di avvicinamento verso i confini del classico songbook americano. Di cui “The Bees Made Honey In The Lion’s Skull” ne risulta come ideale compendio.

Altro indizio che costituisce prova – stavolta indelebile – è la presenza del chitarrista extraordinaire Bill Frisell, musicista trasversale ed interprete inappellabile della nuova tradizione a stelle e strisce (con i suoi espressivi lavori per etichette quali Nonesuch/Elektra ed ECM). Qui Bill si ricorda della sua anima più rockish (quella messa in mostra nella memorabile avventura Naked City tanto per intenderci), presenziando in due brani dell’album e fornendo un ulteriore aurea mistica al progetto. Che – intendiamoci – è il migliore realizzato dalla band di Seattle, quello che permetterà loro di mettere un piede nella hall of fame del rock. Senza esagerazione questo è un disco realmente completo, capace di sostenere atmosfere ed intricate trame strumentali con una leggerezza unica. La formazione – oltre all’ospite di turno – si è stabilizzata attorno alle figure di Carlson, della batterista Adrienne Davies, del bassista Don McGreevy e del pianista/organista Steve Moore. La varietà di colori è forse la novità assoluta nel sound degli Earth, storicamente plumbeo e votato ad una perdizione di fondo. Le gentili atmosfere psichedeliche, l’uso quasi jazzy dell’organo Hammond, i mai troppo velati riferimenti al Neil Young di “Dead Man” fanno di questo album un classico del tempo a venire: una scrittura che si abbevera alla fonte dei padri per lanciarsi – vigorosamente – verso l’infinito.

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